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Il film costituisce un grande affresco d'epoca. Ritrae in maniera vivida e densa la Londra degli anni '70. E' a tutti gli effetti un film in costume. Nostalgico/romantico. Dettagli, giochi di fuoco e regia calibrata. Gli uffici grigi e fumosi. Ci sono tutti gli ingredienti del nostro immaginario del film di spionaggio: la talpa, il pezzo di legno nei battenti della porta, il capo che chiede all'agente se è stato seguito o la battuta dopo la presunta uccisione di Prideaux “lo volevamo vivo”. Il titolo originale del film deriva da una conta inglese: “tinker, taylor, soldier, sailor, rich man, poor man, beggar man, thief.” Togliendo i petali a una margherita, o quandosi mangiano frutti col nocciolo, le bambine contano i petali/noccioli dicendo queste parole. L'ultimo petalo/nocciolo corrisponde a quello che sposeranno. Il titolo italiano denotativo, riprende il titolo italiano del libro e rimanda a un luogo comune dello spionaggio, quello del traditore, quello che passa sottobanco le informazioni al nemico. Un titolo che intriga comunque. Se il tema fondamentale del film è quello della lealtà, la domanda che sembra porre è: quanto si è disposti a sacrificare per rimanere fedeli al proprio compito e alle persone con le quali si è condiviso? Ovvero, ribaltando la prospettiva, qual è la ragione ultima che determina le scelte di una persona? STILE La pellicola si caratterizza per una rara eleganza formale, una regia pulita e una cura del dettaglio che si nota in ogni aspetto della realizzazione, dalla scenografia ai costumi, alla recitazione. Tutto appare molto freddo. E distaccato. Le azioni spesso non sono mostrate, ma raccontate oppure lo spettatore arriva sulla scena come un detective che arriva quando il misfatto si è già compiuto (come nella scena in cui Ricky Tarr compare sulla scena del regolamento di conti a Istanbul). Le inquadrature sono calibrate, lente, posate, con dolly eleganti e sinuosi. Sottolineano le geometrie degli ambienti e degli oggetti. Le riprese avvengono da lontano, anche se sono spesso molto dettagliate, ma da lontano per dare l'idea che gli attori siano come spiati. In questo senso si possono leggere anche le numerose inquadrature che realizzate filmando attraverso un vetro. La fotografia predilige i toni del beige e del grigio, colori pastello molto tenui e neutri. In più le scene sono spesso dense di fumo, per dare come spessore e materia plastica alle immagini. I set sono stati quasi tutti ricostruiti in un complesso militare a Londra, molto vecchio, e anche questo ha contribuito all'atmosfera del film. Elegante e senza cesura tra un momento storico e l'altro, tra i diversi tempi della narrazione è il montaggio. Il sonoro, molto presente, enfatizza anche i rumori più piccoli, che dovrebbero essere appena percettibili, come il giradischi, il pezzo di materia grigia che cade dal muro, dopo che la ragazza dell'est è stata barbaramente uccisa. Nella colonna sonora si ricorda la canzone della scena finale La mer che credo detenga un record di utilizzi in opere cinematografiche, specialmente nel finale: compresa versione in inglese è stata utilizzata nei seguenti film e in molti altri: Alla ricerca di Nemo, Quei bravi ragazzi, Luna di fiele, Pazzi a Beverly Hills, Black Rain, Il padre della sposa, French Kiss, Apollo 13, Austin Powers, Lo scafandro e la farfalla, Mr Bean's Holiday, L'uomo dell'anno, The Dreamers e La talpa. Qui è cantata da Julio Iglesias. Mentre il resto della colonna sonora, che sottolinea l'indeterminatezza delle situazioni mostrate, è del figlio Alberto Iglesias. Tutta questa cura nelle inquadrature, nello stile recitativo, e in tutti i dettagli, sono stati studiati a tavolino, precedentemente alle riprese. Alfredson dice di essere un regista cui non piace inventare sul set, ma avere tutto ben pianificato. REGISTA E CAST Film centrali del film, oltre a quello della lealtà, sono quelli dell'amore della passione, della solitudine. Il regista afferma di aver voluto fare un tema sulla lealtà e sugli ideali, argomenti che gli sembrano di grande attualità perché sono rari. Il film più famoso da noi è LASCIAMI ENTRARE un horror vampiresco in cui però il genere, come ora, è un alibi per raccontare le pulsioni umane più profonde, le passioni. E anche qui, più che l'intrigo in sé, l'attenzione si sofferma sul rapporto tra i personaggi (vedi la foto che la talpa conserva), le loro ansie e paure e anche i sentimenti (vedi scena aereo, insegnante con il bambino, l'accendino, il tradimento della moglie, il sicario biondo - Ricky Tarr - che si inventa la storia della talpa per salvare la donna di cui si è innamorato). E' proprio il successo di LASCIAMI ENTRARE che ha permesso al regista di poter girare questo primo film internazionale. E lui lo ha scelto tra le molte proposte che gli sono arrivate dopo quel film. E del libro ha preso proprio questa crasi tra la vita interiore che è come soppressa e quella esteriore che si mostra fredda. Superba l'interpretazione di Gary Oldman, scelto dopo sei mesi di ricerche di una persona che trasmettesse freddezza ed eleganza, su suggerimento di uno dei produttori. Oldman si è fatto un po' invecchiare e ha messo su qualche chilo per adattarsi meglio al personaggio del libro. Con uno sguardo, più che con le parole, lui è anche gli altri sono capaci di trasmettere le emozioni che li attraversano. Compito ancora più arduo perché il libro era già stato adattato in una serie TV inglese che aveva riscosso molto successo e avevo fatto prendere si pensava definitivamente i tratti di Alec Guinness al protagonista Smiley. Oldman ha dovuto rivaleggiare a distanza con un mostro sacro del cinema britannico. Lo stesso scrittore è rimasto piacevolmente colpito dalla sapienza del regista di condensare un lungo e complesso romanzo in due ore di pellicola e dall'interpretazione di Oldman che come Guinness fa trasudare la solitudine del personaggio, però in lui – dice sempre Le Carré – c'è anche una tensione, una grande forza che sembra possa esplodere da un momento all'altro. E questo penso si possa dire di tutto lo stile del film. CRITICA Una delle poche critiche ricevute dal film riguarda la sceneggiatura che qualcuno ha trovato poco chiara nel definire eventi e rapporti. Che in sostanza condensa troppe cose in due ore di film. Certo le informazioni che lo spettatore deve digerire sono molte, ma se non fosse stato così, il film sarebbe parso meno realistico e che identificare tutti i dettagli dell'intrigo non sia nemmeno fondamentale. La vicenda nel suo complesso è chiara e non ci sono dubbi sul ruolo dei protagonisti. Resta qualche dubbio sulle motivazioni della talpa, ma non su quelle degli altri personaggi. La scelta di tradire dipende da ragioni estetiche afferma il personaggio di Colin Firth. Si sta parlando di donne, visto che la talpa sembra molto affascinato da questo aspetto? O di uomini? O di che cos'altro? La talpa è uccisa dal suo migliore amico, che – si dice nel film – già fosse a conoscenza del suo tradimento. Vendetta per quello che è stato costretto a sopportare? E rassegnazione storica della talpa, nel riconoscere il diritto dell'amico a questa vendetta? O più probabilmente ha a che fare ancora con il tradimento amoroso. Perché una delle cose che il film suggerisce è l'omosessualità della talpa e l'ambivalenza non solo politica ma anche sessuale del personaggio. Forse la risposta sta in un'altra omissione di sceneggiatura, rilevata da un altro critico: è lo scarso peso dato ai quattro sospetti e il conflitto tra Stalinismo e imperialismo capitalista che confondeva alcuni agenti segreti, che non ravvisavano che ci fosse poi tutta questa differenza. Non sappiamo abbastanza del personaggio per capire davvero cosa voglia dire. Siamo anche noi tenuti distanti dallo stile narrativo del film. Cambio di fuoco nella stessa inquadratura e riprese attraverso un vetro. Tutto è opaco, per questo, specie nel terzo quarto di film molte riprese avvengono attraverso un vetro, sono filtrate. A simboleggiare forse la giusta distanza che bisogna tenere dalle cose, che vanno rifocalizzate, guardate in modo nuovo e il filtro che sempre c'è quando gli eventi sono raccontati da una persona, che li racconta – a scopo di depistare o meno – secondo un punto di vista falsato, anche semplicemente perché è il suo e anche se in buona fede, non è oggettivo. E lo spettatore al quale non viene detto tutto rimane sempre dietro un vetro, rimane a spiare un po' da lontano. Film nostalgico sia dal punto di vista della messa in scena, sia dal punto di vista del tipo di racconto, e anche dal punto di vista dei sentimenti provati dai protagonisti. E' un film malinconico, se pensate alla flemma di molti dei personaggi, al passo lento del film, agli sguardi dei personaggi e all'atteggiamento di Gary Oldman durante tutta la pellicola. Si pensi anche alla scena in cui Oldman fa visita all'ex collega, anche lei pensionata anzitempo. Quando si parla di film di spionaggio la prima cosa che viene in mente è James Bond. Qui siamo agli antipodi da ogni punto di vista: tecnologia, azione, età e prestanza fisica, ruolo della donna, patina, ritmo, montaggio, fotografia, numero dei personaggi, motivazioni (non avidità, ma estetica). Le scene in auto non sono inseguimenti mozzafiato, ma placide corse tormentate dalle api con lo sfondo che sembra proiettato dietro l'immagine dell'auto. L'azione è quasi totalmente sostituita dalla parola. Il glamour dalla compostezza. La spettacolarità dal realismo. La talpa è quasi un film fuori moda, come fuori moda sono i vestiti di Smiley e la sua montatura vistosa. Dove non ci sono spiegazioni superflue e le informazioni sono tante ma spetta allo spettatore fare lo sforzo di ordinarle, come di capire quando si è svolta la scena che viene mostrata: prima o dopo di quella che nel film viene prima. E' il trionfo della passione sulla politica e la strategia. Il personaggio di Ricky Tarr, come detto che fa partire la miccia per amore di una donna e che rinfaccia a Smiley e gi altri di essere uomini soli. Smiley che riconosce questo fatto: di aver perso una moglie, perdita simboleggiata con la perdita dell'accendino. Questo è il suo punto debole che Karla intende sfruttare, la moglie di Smiley e per questo convince Colin Firth a diventare l'amante della moglie di Smiley. Il personaggio che alla fine si rivela la chiave o una delle chiavi della vicenda non è mai mostrata chiaramente dal film. Come nemmeno Karla, il nemico del Circus, il capo del KGB, l'altro fantasma di Smiley non è mai mostrato chiaramente. La talpa è in questo senso metafora non solo della falla, del punto debole di una intelligence governativa che dovrebbe essere inattaccabile e inaffondabile, ma anche del punto debole che ognuno dei personaggi possiede, che ogni essere umano ha. Gli agenti segreti del film sono malinconici prigionieri delle loro missioni e del loro lavoro, che sono diventati una vita parallela che finisce per soffocare quella interiore. Lo stesso titolo che deriva dalla scena in cui Controllo dà dei nomi in codice ai suoi colleghi fa pensare ai personaggi come alle pedine di un gioco più grande di loro, il gioco sporco della politica. Ad ogni livello del film, dall'interpretazione degli attori, alla regia e alle atmosfere e al passo lento, si avverte una compostezza formale sotto la quale però serpeggia mal celata una tensione, una furia pronta ad esplodere e che però non esplode mai. L'unico scatto di tutto il film, è quando il braccio destro di Smiley prende a pugni Ricky Tarr. Per il resto, anche gli omicidi, avvengono con freddo calcolo che però sottende un nervosismo che è sempre presente, una passionalità che scalpita dietro un recinto molto alto.
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