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Appunti per una storia di guerra / Gipi. Milano: Rizzoli, 2006.
Avevo già letto diverse cose di Gipi ed ero rimasta colpita dal modo in cui i suoi racconti spogli e senza infiocchetta menti sanno arrivare dritti al cuore.
E dunque posso immaginare che anche la giuria del Festival internazionale del fumetto di Angoulême sia stata conquistata da quell’originale mix di durezza e tenerezza che il fumettista pisano infonde nelle sue storie.
Gipi è un autore spigoloso, innanzitutto nel tratto grafico che – anche quando utilizza la tecnica dell’acquerello – non nasconde i tratti duri dei paesaggi e dei personaggi; in secondo luogo nelle storie che racconta.
Il fatto è che c’è sempre qualcosa di autobiografico in quello di cui Gipi disegna e così in Appunti per una storia di guerra - prima ancora che venga esplicitato alla fine dell’albo – sappiamo che Giuliano è lui stesso, il diverso, quello che viene da una famiglia ricca, quello che ha le mani sottili e che non potrà mai essere veramente un duro.
Questo albo, che è il primo graphic novel dell’autore e quello con cui nel 2006 ha vinto – come ricordavo – ad Angoulême, è la storia di tre adolescenti, Stefano, detto il killerino, Christian l’ingenuo e appunto Giuliano, e di una guerra senza nome di cui si riconosce la presenza senza che mai la si possa vedere.
È la storia di quanto forte da ragazzi sia il bisogno di essere accettati, la necessità di somigliare ai più forti, la possibilità di dimostrare di non avere paura di niente.
È la storia di come su questo terreno il mondo degli adulti può agire a proprio uso e consumo per instillare un sentimento di odio vero verso il mondo, di cameratismo e di attrazione verso la guerra reale.
Quella dei tre ragazzi è infatti prima una guerra personale per la sopravvivenza, poi diventa una scelta di vita per bisogno individuale o fedeltà all’amicizia. E così la guerra personale e quella che si svolge sullo sfondo - e che fino a un momento prima non gli apparteneva - diventano un tutt’uno, si fondono in un insieme inestricabile che solo Giuliano riesce a sfuggire, senza del resto essere davvero in grado di superare la vergogna e il senso di colpa per averlo fatto.
Gipi non ricama sui personaggi, né sulle storie; non fa l’intellettuale ad ogni costo. Anzi piuttosto è un uomo di pancia, con la semplicità e la ruvidezza di un approccio originariamente “popolare”. Sarebbe dunque fargli un torto tentare di analizzare questo graphic novel al di là dei confini che l’autore stesso traccia.
È certo però che Gipi ci mostra i contorni di un possibile e terribile mondo futuro (e forse in parte già presente) in cui la debolezza della struttura sociale, le crescenti disparità, i miti del consumismo finiscano per creare un vuoto difficilmente colmabile e possano confluire nella sinistra attrazione per la guerra.
Gipi sembra volerci ricordare che qualunque guerra ci appartiene perché la guerra è prima di tutto dentro di noi.
Voto: 3,5/5
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