Appunti sparsi dopo la visione notturna del film di Ingmar Bergman: Una vampata d'amore, 1953.

Creato il 03 luglio 2012 da Salvatore Ruggiero @sally57
Appunti sparsi dopo la visione del film di Ingmar Bergman:
Una vampata d'amore (Gycklarnas afton, 1953).

“Su Una vampata d'amore non c'è molto da dire. Si può apprezzare che il film è un tumulto, ma un tumulto ben organizzato”
(Ingmar Bergman, dal libro-diario Immagini)
Sinossi:
Il film è la storia di Albert Johansson, direttore di un circo scalcagnato in profonda crisi di spettatori e d'incassi.
Albert ha una relazione con una giovane e bella donna, Anna, chiamata enfaticamente la cavallerizza spagnola.
Per lei ha abbandonato, qualche anno prima, la moglie, la casa e i tre i figli.
Durante una visita a teatro, dove Albert si reca per chiedere in prestito dei costumi di scena al direttore Sjuberg, Anna che lo ha accompagnato, conosce l'attore Frans, un fascinoso e intraprendente dongiovanni.
Da lui si fa irretire e sedurre.
Quando Albert decide di recarsi in visita alla moglie, Anna approfittando della sua assenza e irritata dalla decisione del compagno, torna a teatro, dove lo tradisce con l'attore, attirata dallo scintillio di un gioiello che Frans le dondola sotto il naso, ma che si rivelerà falso e senza valore.
Anche Albert viene sedotto, non dalla moglie, ma dalla sua vita tranquilla di agiata commerciante.
Le chiede, addirittura, se può tornare da lei, stanco e deluso dalla vita raminga del circense.
In cambio le offre il suo aiuto come commesso nei suoi negozi.
Ma la moglie rifiuta, avendo individuato proprio nell'ex marito la fonte di tutti i suoi precedenti guai e preoccupazioni.
Durante il primo spettacolo serale, Anna viene offesa da Frans che rivela a tutti la loro relazione.
Poi Frans, sempre più volgarmente offende, umilia e malmena Albert, che volendo vendicare la scappatella della sua compagna lo sfida a battersi con lui al centro della platea.
Albert, distrutto moralmente e fisicamente, e ormai senza prospettive, prima annuncia il suicidio, poi minaccia una strage, infine ci ripensa e ammazza solo l'orso di Alma.
Alla fine tutto tornerà al suo posto.
Il circo riparte per il suo tour.
Albert e Anna tornano insieme. Si danno un'altra possibilità.
Recensione:
Il film si basa essenzialmente su un episodio autobiografico.
Bergman che costringe una sua amante a raccontargli le sue passate esperienze erotiche.
Da qui la logorante esperienza della gelosia che lui ricorda condensandola nel drammatico prologo, che fa raccontare ad Albert e allo spettatore dal cocchiere.
Alma, la domatrice di orsi, fa il bagno nuda davanti agli sguardi divertiti e eccitati di un reggimento di soldati che si sta esercitando in un poligono di tiro.
Il marito Frost, avvertito da un inserviente di quango sta succedendo alle sue spalle, accecato dalla gelosia, va a recuperla tra gli sberleffi della truppa, e prendendola di peso tenta di riportarla sotto il tendone del circo.
Ha un malore fisico, dovuto allo sforzo immane e viene aiutato dai suoi colleghi circensi, strettisi intorno a lui.
Un film triste, duro, violento.
Dalla critica francese dell'epoca fu definito il più nero dei film di Bergman.
Vi si condensano alcuni temi cari a Bergman, presi da film precedenti e che poi verranno ripresi nei film successivi.
Il rapporto tra le varie forme d'arte: il teatro arte nobile, opposto specularmente al circo, visto come una specie d'arte simile ma di rango inferiore.
L'altalena tra realtà e fantasia; realtà e finzione; realtà e recitazione, che spesso si confondono e si compenetrano nella vita di tutti i giorni.
L'inattendibilità dell'arte, che trova la sua icona nell'attore vizioso e falso e fedifrago, Frans.
E nelle parole offensive che il direttore Sjoberg (autobiografia?) rivolge a Albert, confessando alla fine di ritenersi uguale a lui.
I rapporti problematici di incomunicabilità tra le persone.
I rapporti (autobiografici anch'essi) di difficile gestione interpersonale del matrimonio, dell'amore, del sesso e della gelosia.
Il problema della infelicità e della insoddisfazione come condizione umana irreversibile.
L'amore fra le persone e la famiglia come unica soluzione al problema della (in)felicità, della solitudine e dell'indigenza.
Harriet Andersson protagonista assoluta, nel ruolo di Anna, tiene il centro della scena con la sua bellezza proporompente e la sua spontaneità, si conferma grande dopo Sommaren med Monika e prima di Come in uno specchio, gioca a (ri)fare Monika, come nel film precedente.
Le similitudini tra i due personaggi sono impressionanti.
La sensualità, la carnalità, la immaturità, la capacità seduttiva, la vulnerabilità, l'ambizione, la volubilità, la doppiezza, la amoralità, la voglia e la determinazione di mutare le proprie condizioni sociali ed economiche con ogni mezzo e ad ogni costo, sono le stesse dell'altro personaggio.
Accompagante qui ad una altrettanto alta tendenza a delinquere e al tradimento, sempre indirizzate alla ricerca di una vita migliore.
Anche in questo film il disegno quasi criminale di una vita migliore fa arrivare Anna (come Monika nel precedente) alle estreme conseguenze: quando praticamente senza remore di carattere morale, offre una prestazione sessuale all'attore Frans, in cambio di una promessa di assoluta discrezione e alla offerta di un gioiello che le promette un anno di sopravvivenza e di affrancamento dalla fame e dagli stenti del circo.
Un vero e proprio atto di prostituzione.
Bergman ricorda, come pure in Monica e il desiderio come siano sostanzialmente due i modi in cui nella Svezia degli anni '50 la donna poteva “liberarsi” dai bisogni e/o emanciparsi: la dura fatica o la ...”bella vita”.
Da ricordare nel ruolo del direttore del teatro Sjuberg un giovane Gunnar Bjornstrand, elegante, altezzoso ed irridente, ma tutto sommato disponibile e comprensivo coi colleghi poveri del circo.


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