La poesia, come l'arte in genere, dovrebbe aiutare a leggere il nostro presente o, meglio ancora, il futuro. Quindi: leggere un libro di poesia ormai ha un senso solo se riesce a darti un'idea di quello che sta succedendo (o magari sta per succedere). Insomma non il presente (o il futuro) di uno.
Quello che caratterizza molta poesia contemporanea è però uno sguardo concentrato su un altro presente, un eterno presente registrato però attraverso modalità tecnico-stilistiche, retoriche, espressive che contemporaneamente guardano al passato, a una tradizione non rimeditata, non abbastanza edipicamente "uccisa" per potersene poi impossessare. Uno sguardo sostanzialmente all’indietro.
Anche le forme del verbo sono una spia di questo approccio. Il tempo presente, tempo della cristallizazione del momento, è tanto più pesante in quanto fissato nella forma definitiva di un testo e in tal modo consegnato per sempre alla storia, per quanto letteraria, storia minuscola, futile e irrilevante, di uno. Ecco, appunto, un presente storico, come lo si intende comunemente, cioè narrativo o addirittura fiabesco, in senso quasi proppiano.
Oppure, ma solo come variante, un presente fenomenico o epifenomenico, in cui l'osservazione del poeta non si innalza a correlativo oggettivo (che andrebbe già bene), ma si ferma su fatti minimali, che ben che vada avviano una riflessione sulla frammentazione della realtà (spostando quindi l'oggetto di osservazione poetica), ma che hanno spesso un tempo di decadimento velocissimo, funzionando da fugace momento di interesse. Se poi a questa cristallizzazione si associa un io lirico accentuato e centrato, che cioè si pone narrativamente come unico mediatore e protagonista delle esperienze, allora il risultato nella maggior parte dei casi non può che essere deludente, notorio, irrilevante.
In questo contesto diventa irrilevante anche l'eventualità dell'invenzione, della bella immagine, dello scarto poetico. Resta appunto un "evento", una
intrusione in una massa poetica, con lo stesso effetto momentaneo che dicevamo prima. Il corpo testuale, cioè, nel suo complesso non riesce a rendere
un'idea, un disegno concettuale, denunciando il carattere rapsodico e occasionale dell'insieme. Il tempo si ferma, il tempo presente di uno, il poeta a una dimensione. (continua, forse)