Per capirlo, nulla di meglio che ascoltare. Sono tanti gli spunti che desideriamo condividere, arrivati dalla presentazione del candidato dell'establishment Fir alla presidenza federale per il prossimo quadriennio. Si tratta come noto del bresciano Gavazzi Alfredo, fondatore del Calvisano Rugby, quattro mandati da consigliere federale: quanti Dondi da presidente ma non sempre a lui "allineato" come l'altro veterano, il toscano Saccà, anche lui presente a portare almeno formalmente il suo sostegno. Certo che questo "compattamento" di tutte le anime Fir dà il senso di quanto seria sia stata valutata la minaccia Benetton.
La gente si valuta a partire dalle piccole cose: importante elemento di valutazione dell'uomo per il ruolo che ambisce a ricoprire è la lingua inglese, requisito fondamentale per uno che dovrà parlare sovente con i membri non solo della Irb e coi finanziatori primari Rbs e Erc, ma anche con il board celtico. Abbiamo l'apparenza del classico "autodidatta di provincia": nella intervista qui riportata lo si sente pronunciare un significativo e tristemente comune kno-aut (voleva dire non knock out ma know how).
- Intanto è significativo il luogo prescelto: Moletolo frazione di Parma, un luogo che significa continuità con la gestione precedente ma che ha un contraltare: lega il nuovo candidato al più che probabile ultimo grande insuccesso della gestione Federale precedente, la Nuova Franchigia Celtica. Insuccesso almeno per via dei piedi pestati per crearla - sono tanti e non solo a Viadana; non vorremmo gufare ma data l'ottica hard discount usata per allestirla anche sul piano del roster, si profilano mesi se non anni di acuta sofferenza per un pubblico che come lo stadio non c'è (ma che "faranno innamorare", parole del nuovo ds Manghi: auguri).
- L'altro elemento di continuità è la "mano sulla spalla" a Gavazzi del presidente uscente Dondi nella presentazione. Noi non vediamo nulla di eticamente scorretto nell'endorsement dondiano: è il candidato ufficiale della casa e a noi piacciono le cose chiare, alla luce del sole. Siamo felici che in epoca di coming out conclamati e reclamati, almeno ci siano state risparmiate le ipocrisie "corrette" a sollievo di qualche anima più bella della nostra.
Infastidisce la tronfia arroganza di uno stizzito Dondi che chiama a raccolta i clientes affermando: "Gavazzi non ha fatto i conti ma io si e so che vincerà"? Beh, dopo 16 anni di Bulgaria troviamo sia il minimo. Purtroppo è tanto arrogante quanto probabilmente vero: se coloro che auspicano il cambiamento si aspettavano strade in discesa, forse non avevano afferrato bene la situazione.
- In termini di "programma" - meglio sarebbe dire, intenzioni di massima - il segno com'è logico è quello della continuità ("lo chiedono i nostri partner internazionali", minaccia Dondi manco fosse Monti), ma il Gavazzi coerente col suo passato di notorio carattere tosto (è continuità anche questa), già inizia a smarcarsi leggermente: nel suo italiano-padano dice "no a scombussolamenti", ma anche si a «elementi di rinnovamento, perché i tempi si evolvono e bisogna sempre adattarsi alle novità». Una minimale apertura alle istanze sintetizzate nel comunicato della Benetton e dettagliate con dovizia di particolari nei "Tinelli" di Vittorio Munari? Vedremo.
In particolare Gavazzi afferma di volersi interessare al disastro del settore giovanile: interesse che ben depone - ma dipende come. Fa cenno all'intenzione di costruire qualcosa per le "leve" del '97, '98 destinate ai Mondiali in Giappone del 2019 (per quelli del 2015 di Londra, purtroppo chi ha dato ha dato). Pone anche, nell'intervista video sopra allegata, un corretto accenno alla priorità di formare i tecnici - e gli arbitri.
- Il "punto forte" della candidatura Gavazzi è sostanzialmente un non si cambia la squadra che vince. Sempre dall'intervista sopra detta: "Nel 1995 ero tesoriere e la Fir aveva un bilancio di 8 miliardi" dichiara,"oggi siamo tra i 37 e i 38 milioni di euro", svelando uno dei segreti dondiani gelosamente conservati, pur senza entrare nei dettagli. L'altro aspetto sarebbe l'espansione: i sold out della Nazionale a San Siro e all'Olimpico, i "novantamila iscritti contro i 26.000 del '96, alcuni scritti in matita".
Il senso del primo punto è, vedete quanto ripaga investire la gran parte del budget federale sulla Nazionale, l'alfa e l'omega del rugby in Italia? L'obiezione è facile: tanto per cominciare, produrre soldi è bene, ma una parola su come ben investirli per un futuro migliore, no-o? Tornando poi al nicht fur uns alles fur Azzurri federale, se tanto mi dà tanto quanto si potrebbe aver di più se si fosse capaci di vincere un po' più spesso? Per vincere di più servono giocatori forti, per averli servono club forti, è questo il senso della sfiducia a una gestione federale che dopo sedici anni sta soffocando i club nel territorio e puntando alla quasi autosufficienza del circuito nazionale-franchigia federale-accademia, con tanto di usucapione dei cartellini dei ragazzi .
Anche il secondo "punto forte" sfiora l'autogol: circa un terzo dei tesserati sono senior, tolti questi siamo a una crescita del 130% circa in sedici anni, veramente poco anche se fossero euro, dato anche il livello bassissimo di partenza. Evitiamo pure il confronto del numero assoluto con gli oltre 300.000 iscritti nel 2011 al basket o al volley: lo smacco è che in Italia ci sono 113.000 iscritti alla federazione badminton ... La Fir vanta il secondo budget tra le federazioni del Coni dopo il calcio, ma non compare tra le prime dieci per numero di tesserati. Ovunque nel mondo questo fatto costituirebbe una aggravante nel giudizio sulla dirigenza: non sanno ben spendere (come l'Italia che non ridusse il deficit negli anni di vacche grasse).
- Il punto di forza del candidato di tutto l'establishment non sta quindi certo nel programma. Ciò con buona pace di Dondi che afferma: «Il programma federale c’è, è molto chiaro, ambizioso ed è noto a tutti. Mi fa strano che chi dice di essere al vertice del rugby italiano faccia finta di non conoscerlo.». Forse confonde programma con obiettivo: quell'antico, sbugiardato sogno rilanciato ancora una volta di "raggiungere i primi otto posti nel ranking entro due anni". Evidentemente il presidente uscente non sa cosa sia e come si faccia un Business Plan - non parliamo poi di Balanced Scorecard per misurarne i progressi. Nessuno dei suoi scalzacani gli ha mai stampato (e tradotto) documenti di quel genere dai siti della Irfu, Sru o Rfu. Da ignorante (nel senso che ignora), fa emergere il suo lato sanguigno, di irritabile anziano immaturo e provinciale, che senta lesa la propria maestà da giovinastri irriconoscenti: «Mi sarei aspettato lealtà e confronto». Il solo discutere i risultati della sua gestione significa essere sleali. C'era piaciuto di più a caldo, quando disse: "Forse non sono più adatto a questi tempi". Vorrebbe invece fare il pungente: «Io non mi sono mai candidato contro qualcuno». Tant'è.
- Vien proprio da pensare che il punto debole di Gavazzi si chiami Dondi. Lo è sicuramente per la stragrande maggioranza degli appassionati, a leggere forum e blog in questi giorni, altro che a Treviso. Le sparate da Gran Califfo offeso accompagnate dalla assenza di trasparenza, sul bilancio ad esempio: un autogol che dà automatico àdito al sospetto anche nei confronti della più adamantina delle amministrazioni. L'endorsement del presidente uscente è contemporaneamente però il punto di forza del Gavazzi, se riuscirà il trasferimento della sua base elettoral-clientelare.
- Molto dipende dall'altro fronte: non tanto Amore, candidato da sé e per sé, quanto da chi sarà il "champion" designato del fronte Benetton, dalla capacità di aggregare gli scontenti - tutto il Veneto e Viadana, tanto per cominciare. Sarà scontro a base di palloni, magliette e promesse in giro per le Società, come nelle ultime tornate? Se la Toscana appare in mano a Saccà, già Rovigo ad esempio ha messo in chiaro che non ha un consigliere in Fir da decenni; perdonateci la sintesi, ma è come dire che in Polesine "ricevono amici". Anche tutto il Sud si aspetta qualcosa, a partire dal Lazio lasciato a secco di Celtic - un cavallo di battaglia di Gavazzi da molti anni, già col Calvisano rev.1.0 che per quel motivo usciva con la Benetton dalla Lire, la Lega dei club Pro italiani, decretandone la fine.
Il rischio insomma è, come spesso accade, che la battaglia sui massimi principi si trasformi in un do ut des di basso livello; che il referendum sui risultati della gestione Dondi, meno trionfali di quanto gli piaccia, inizi e soldi (mal usati) a parte, trasmuti in una reverse auction. D'altronde, uno disse che la politica è sangue e merda.
- In tale prospettiva, qui lo diciamo e qui lo neghiamo, non ci stupiremmo che l'eterna anima negoziale veneta - genti coi cromosomi di chi commerciava col Turco mentre poco distante s'impalavano a vicenda - trovasse un qualche tradeoff con l'esponente lombardo. Andare ai materassi non conviene ai trevigiani ma sarebbe anche nell'interesse del Gavazzi finirla con le stucchevoli contrapposizioni dondiane contro quelli che "dicono di essere al vertice del rugby italiano". Il bresciano pare uno tosto scarpe grosse come il parmense, ma forse privo di "sindrome da Maria Luigia" (tradotto: io so' io e voi ....).
Del resto il Calvisano rev.1.0 di Gavazzi, pur lottando ogni stagione con Treviso, con essa convergeva nello sparare sulla Lire. La possibilità di un abboccamento tra le parti spiegherebbe in parte il ritardo nel presentare un candidato del fronte della sfiducia a Dondi. Una trattativa che, portata in porto, sarebbe il vero modo per Gavazzi Alfredo di smarcarsi dalla tutela del mai troppo amato attuale padrino suo, svincolandosi da una immagine di as-soldato - private- che poco si aggrada alla sua controversa storia personale.
Andasse così, la speranza è che non si trattasse di compromesso al ribasso: niente palloni, no a un paio di equiparabili. Un posto di vicepresidenza a Zatta o chi per lui a fianco di quello certamente garantito a Saccà, azzardiamo? Speriamo in qualcosa di più concreto, il tempo darà le risposte.
- Non dovrebbe mancar poi molto: il Coni fa pressione perché la Fir sistemi al più presto le pendenze formali (Nuovo Statuto, nuove modalità elettorali, nuovo consiglio) e anche a Gavazzi potrebbe convenire una elezione a settembre, prima che i probabili schizzi di fango sollevato dagli zoccoli delle Zebre si facciano troppo alti. In alternativa il suo fronte potrebbe decidere di puntar tutto su Brunel e un Sei Nazioni 2013 di successo, fissando le elezioni a marzo. Segnalerebbe la difficoltà a raggiungere il famoso compromesso, ma anche un certo nervosismo su quello "spezzeremo le reni a Treviso" calato con tracotanza dal Dondi.