(Lorenzo Cavalli) Il protagonista e narratore di Aprile è il più crudele dei mesi è uno sbirro fuori dai giochi di potere: costantemente alimentato dal senso di colpa per una morte provocata dalla sua ex-moglie folle, auto-esiliato presso la sezione A14, Omicidi Irrisolti, dove si cerca di chiudere il cerchio sulla prematura e violenta dipartita “di quelle vittime che sono state dichiarate in alto loco come trascurabili, prive di interesse per la stampa, senza agganci importanti o collegamenti con la grande criminalità”.
Un lavoro dettato dal suo amore per la giustizia, che pare averlo abbandonato per quanto riguarda le sue vicissitudini personali.
Ma nel corso di un aprile meteorologicamente schizofrenico – a cui ben si addice la citazione di T.S. Eliot del titolo – tutto cambia: il ritrovamento di un cadavere non identificato in un capanno, vittima di una morte atroce, porta lo sbirro a navigare nelle acque profonde della politica internazionale. Ed a venire in stretto contatto con l’incarnazione di tutto ciò che lo ripugna: il violento Billy McGruder, omicida di ghiaccio privo di alcuna morale se non della propria (estremamente perversa ed agli antipodi della morale comune).
Il McGruder di Raymond è per certi versi un Hannibal Lecter ante litteram, uno spietato che si ritrova a collaborare con il potere costituito; ma, contrariamente al personaggio di Harris che conserva un suo fascino perverso, non può produrre alcun tipo di empatia nel lettore.
Aprile è il più crudele dei mesi è un noir claustrofobico e spietato, che vira abilmente dai sobborghi londinesi costellati di pub ai salotti dell’alta politica. I personaggi di Raymond assumono quasi una statura monolitica, in un efficace tentativo di creare un affresco dell’eterna lotta tra il bene e il male.