Sono le cinque del mattino e fa ancora buio quando il pilota di un piccolo aereo da turismo chiede via libera per l’atterraggio alla torre di controllo dell’aereoporto di Jefferson. Al di sopra dell’aereo da turismo, un grande jet di linea sta girando anche lui da venti minuti nell’inutile attesa di un segnale dalla torre. “Ma non saranno mica tutti morti?” si chiedono per radio i due piloti, guardano l’aereoporto illuminato sotto di loro. Alla fine l’aereo da turismo, a corto di carburante, si decide ad atterrare, mentre il jet ci rinuncia e prosegue per Albany. Ma anche per il jet è ormai troppo tardi: ad Albany arriverà soltanto un carico di morti. Un romanzo sconvolgente anche per i lettori più induriti. Un autentico, indiscutibile capolavoro.
Questa è la sinossi dell’Urania Mondadori numero 938, L’Araldo dello Sterminio, di Michael Shaara, pubblicato nel febbraio del 1983.
Si tratta di un romanzo di fantascienza distopica, molto cupo e pessimista.
Delle misteriose radiazioni, irradiate dalla cittadina universitaria di Jefferson (Georgia), si stanno diffondendo in tutti gli USA. Esse uccidono quasi tutti gli esseri umani con cui vengono a contatto, salvo rare eccezioni (tra cui il protagonista).
Il colonnello Richard Ring e lo scienziato italo-americano Aldo Corelli scopriranno con orrore che la fonte di queste radiazioni è l’ordigno inventato dal premio Nobel A.M. Shepherd.
Questi ha radunato attorno a se altre brillanti menti, unite da un piano folle: fare un “reboot” dell’umanità, eliminando per selezione genetica tutti quegli individui troppo gretti, stupidi e mossi da sentimenti di aggressività e di odio verso il prossimo.
Per quanto il progetto di Shepherd assomigli al più grande genocidio di massa mai contemplato, nella mente del Nobel si tratta di un piano salvifico per depurare il pianeta dai suoi elementi peggiori.
L’Araldo dello Sterminio (The Herald, in inglese) non è forse un romanzo che entrerà nei classici della fantascienza, ma lo ricordo con una certa inquietudine, vuoi per l’idea folle che sta alla base della trama, vuoi per il senso di malinconica disperazione che permea l’intera storia.
Siamo di fronte a un romanzo apocalittico, ma sorretto da un’idea originale rispetto alle consuete. Non ci sono infatti catastrofi naturali (meteoriti, terremoti, tsunami) né pandemie letali.
Qui la fine ha inizio (!) grazie a una perversione estrema del genio scientifico. Il che non corrisponde necessariamente a una demonizzazione della scienza, bensì a un’analisi estrema e provocatoria dei rischi di talune applicazioni della medesima.
Purtroppo il libro di Shaara non è stato più ristampato in italiano, ma lo trovate in formato ebook, in inglese, per poco meno di cinque euro. La copertina Urania, di Karel Thole, è però più bella.
Chiudo l’articolo dicendo che negli ultimi 15-20 anni sono state effettuate diverse ricerche su reali armi a selezione genetica. Fin dai primi anni 2000 si è supposto che le terapie genetiche possano essere anche convertite in strumenti di distruzione di massa. Esempi pratici di tali armi potrebbero essere malattie o agenti chimici in grado, per esempio, di funzionare solo su chi possiede il corredo genetico arabo. Sarebbero senz’altro molto “comode” per eliminare nemici ben identificati, senza toccare strutture o truppe d’occupazione.
Ovviamente la sola idea di tali armi fa inorridire chiunque, eppure è probabile che presto saranno reali.
Qualcosa del genere l’ho ipotizzato nel mio romanzo breve, Jubilaeum Jihad.
Al momento le informazioni sulle armi genetiche sono piuttosto confuse e rare, tant’è che ci vanno a nozze soltanto gli amanti delle teorie della cospirazione.
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