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Come lui stesso ha dichiarato infatti "Arance e Martello" pur essendo un film di finzione - e quindi tecnicamente girato come tale - aspira a mantenere la cifra da reporter che lo contraddistingue, seppur utilizzandola con parsimonia, per non rischiare di infastidire quelle persone che a lungo, con la camera in movimento si trovano spesso a disagio (fisico più che altro). Dettagli tecnici a parte, però, quello che Diego Bianchi realizza per il cinema e definisce come film in costume ambientato a Roma, durante l'estate del 2011, è innanzitutto una commedia intelligente, che sfrutta la politica e il momento storico di tre anni fa per fotografare il paese Italia e coloro che lo abitano.
Prima il mercato di Piazza San Giovanni, poi la sede del Partito Democratico situata nei paraggi.
Due location dove "Arance e Martello" si ferma per oltre tre quarti del suo minutaggio, mettendo di fronte, in lotta, cittadini di sinistra che tentano di mettere in piedi un referendum di firme per far cadere il Governo Berlusconi (fatto vero) e altri di destra, che in un mercato prossimo alla chiusura da parte del sindaco, in un primo momento gli si oppongono, salvo poi chiedere aiuto in un secondo. Dallo scontro tra opposizioni Bianchi (o Zoro, che dir si voglia) riesce dunque ad allestire una disputa che non avvolge solo la nostra politica (quella un po' assente e un po' confusa di oggi), ma insieme ad essa apre anche un discorso legato alla psicologia dei cittadini di una città (che poi alla fine è il paese tutto) - presa qui in un suo microcosmo - che diventano lo specchio dell'instabilità, della rabbia e della malinconia dei giorni che erano e non torneranno. Giovani, genitori, nonni, extracomunitari, fascisti, comunisti, romanisti, laziali. Tutti si scontrano e si mischiano allo stesso modo entrando, uscendo e rientrando nel procedere di una lotta inutile, che non serve a nessuno, dove appena c'è il bisogno o l'interesse di passare da un altro lato, chi occupava uno schieramento è ben disposto a disertarlo e cambiare posto.
Si respira, dunque, l'anima di un paese egoista e diviso, come pure quella di un paese incoerente, ma che magari proprio da questa incoerenza potrebbe trovare il modo per unirsi e combattere ancora per i suoi diritti, quelli di tutti però, non solo del singolo. Come diceva Spike Lee - per cui Bianchi ritaglia più che un omaggio - la soluzione è fare la cosa giusta, ovvero cercare l'armonia adatta per vivere con la comunità, accettando le differenze di opinioni e rispettando il prossimo. In fin dei conti "Arance e Martello" insinua in più di un occasione che la diversità, quella politica di oggi specialmente, lascia il tempo che trova, che spesso è prevalentemente chiacchiera, e che per questo sarebbe meglio rileggerla per poi visitarla in altra forma.
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