I consumatori non vogliono quella verde e i produttori la trattano
Dal mese di ottobre fino a giugno, le arance che troviamo in vendita sono di produzione italiana, anche se possono arrivare da Spagna e Grecia, mentre negli altri mesi dell’anno arrivano dal Sud del mondo. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare molte arance non sono di colore arancio. A causa delle condizioni climatiche nel paese di produzioni possono infatti avere tonalità dal giallo al verde. Ma visto che il consumatore desidera un ben determinato colore i frutti vengono trattati chimicamente. In questo caso la maturazione della frutta viene artificialmente accelerata con l’utilizzo di alcune sostanze chimiche. Uno degli acceleranti di maturazione più diffuso è l’etilene, un gas che si diffonde nei tessuti dei frutti e che può risultare più efficace delle auxine, giberelline e acido abscissico. Per ottenere la maturazione accelerata la frutta viene conservata in camere ad elevata presenza di etilene che ne causa un aumento della respirazione e l’idrolisi della cellulosa. Questo processo è necessario solo per i frutti climaterici.
L’UE prescrive addirittura che un frutto troppo verde non possa essere venduto. La maggior parte delle arance di importazione, infatti, vengono raccolte ancora acerbe, poste in refrigeratori e trattate con etilene per farle maturare e colorare. La buccia viene trattata con cera naturale o paraffina per aumentare la brillantezza e proteggerle. La maggior parte dei frutti appena raccolti è trattata con antifungini per prevenire il formarsi della muffa. Nei supermercati però si trovano solo arance rosse. Ciò è dovuto alle aspettative dei consumatori che hanno indotto i produttori a creare agrumi facili da sbucciare, privi di semi e con precise caratteristiche che ne attestino le virtù salutari. In particolare l’attenzione salutista ha rispolverato l’ interesse per le arance rosse, cadute in disgrazia una ventina d’ anni fa in favore delle bionde. Il verde, in Italia, è considerato il segnale di un frutto non maturo. Per questo le arance verdi non si vendono, sebbene non via sia alcun nesso fra il grado di maturazione e la tonalità della loro buccia. Questo tipo di agrume assume la sua colorazione considerata tipica soprattutto quando viene coltivato in regioni con clima temperato come Italia. Ma persino nel nostro paese il colore non è garantito, visto che le temperature possono scendere non a sufficienza, specialmente per quanto riguarda i raccolti precoci. Per questa ragione i frutti vengono trattati con etilene: il processo, che permette di “togliere il verde”, viene applicato nell’Europa meridionale e quindi in Italia soprattutto all’inizio della stagione delle arance, vale a dire in autunno. In quel periodo le notti sono ancora troppo calde e le bucce non si colorano completamente. Appena le ore notturne si fanno più fredde non è più necessario intervenire. Per il chimico alimentare tedesco Udo Pollmer il trattamento incide inoltre negativamente sulla qualità in quanto i frutti sono più insipidi e marciscono più rapidamente. Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, sarebbe meglio informare i consumatori. Quando in Europa arrivano le banane dal sud America o dall’Africa, sono completamente verdi. Un poco di etilene soffiato nei locali di stoccaggio e diventano giallo brillante, tutte contemporaneamente, pronte per essere vendute. Analogamente i pomodori: da verdi a rossi in pochissimo tempo e tutti contemporaneamente. Magie dell’etilene. Un bel vantaggio per il venditore. Certo, con questo processo accelerato a comando, non potranno essere così ricchi di zucchero e aromi come quelli colti dalla pianta a maturazione completa. Mentre scientificamente non è dimostrato quali effetti a lungo termine ha l’etilene chimico sulla salute e sull’ambiente. Se potete, acquistate frutta di stagione raccolta non troppo lontano da voi: è probabile che sia rimasta sulla pianta più a lungo, visto che non ha dovuto sopportare lunghi tragitti per arrivare al consumatore. Questo è uno dei casi in cui acquistare a “Km 0” ha senso.
Lecce, 16 maggio 2014
Giovanni D’AGATA