Arbitri arbitri

Creato il 04 maggio 2011 da Rightrugby


Brown Ribbon era il nastrino di una vecchia campagna contro l'ipocrisia "Politically Correct"; ora è il titolo della rubrica di RightRugby per le polemiche controcorrente. Una rubrica che non ha paura di rischiare tackle un po' alti o prese di posizione apparentemente imbarazzanti, come quella di Bakkies Botha su Jimmy Cowan nel logo. Del resto: "If you can't take a punch, you should play table tennis".
Certi post ce li dobbiamo auto-ghettizzare per forza: l'ambiente si va "radicalizzando" e diventa sempre più serioso anche se non serio. Non siamo ancora ai livelli di permalosità del calcio, dove nessun addetto ai lavori si permette as-so-lu-ta-men-te di scherzare su argomenti "sensibili" se non in maniera ostentatamente pagliaccesca - i buffoni fan ridere il re mentre illudono le masse che qualcuno possa "cantargliele" - ma poco di manca.
Il delicatissimo tema "chi-tocca-muore" del post è arbitri arbitri
La vulgata dei Grilli Parlanti recita che in questo sport di arbitri non si deve mai nemmen discutere. Vorrebbero distinguersi dal chiacchiericcio che circonda il calcio, intento senz'altro meritorio, ma senza rendersene conto commettono un Errore Blu.
Nel rugby infatti s'è sempre parlato di arbitri: valutare apertamente la qualità delle decisioni arbitrali non equivale a denegarne la legittimità, la buona fede dell'autore o giustificare le (per fortuna isolate) teste calde che arrivano all'insulto. Casomai il contrario, reprimere le critiche costruttive e le valutazioni delle prestazioni, nel calcio funziona esattamente da amplificatore delle polemiche. Gli unici cui denegare le possiblità di discussione sono ovviamente i tesserati nei club, giocatori tecnici e dirigenti, parte in "conflitto di interessi"; per tutti gli altri, l'unico prerequisito non è la competenza stellare (come la nostra ehmm ehmm...) ma l'accettazione a-priori del risultato del campo qualunque esso sia e comunque venga determinato.
Dirò di più: il nostro sport si distingue tra quelli di squadra, in particolare da tutti gli altri sport con la palla ovale, per essere referee prone, totalmente pilotato e dipendente dall'arbitro. Nel rugby versione Union il giudice non è solo "terzo" con l'ultima parola ma fa anche parte integrante del gioco (come in certe Repubbliche Italiane insomma ...): comanda gli atleti ("release!", "go back!") e il gioco ("it's a maul!", "advantage over", "free ball!"), può anche permettersi di respingere richieste di spiegazioni provenienti dagli unici in campo autorizzati a interpellarlo, i capitani, o definire apertamente silly (sciocco) o chiacchierone un comportamento o un giocatore, microfonato e amplificato davanti a ottantamila spettatori più quelli in tv.
Da tutto ciò deriva giocoforza la necessità quasi terapeutica di una corretta e costante valutazione PUBBLICA dell'operato arbitrale, nei limiti sopraddetti (il risultato del campo non si discute mai). Discussioni che han contribuito ad esempio alla feconda stagione delle ELV o alla pressione per una costante evoluzione delle interpretazioni arbitrali, alla ricerca di maggior spettacolo, chiarezza e minor pericolosità.
A dirla tutta, qualche germoglio di idee critiche più "distruttive" nei riguardi di arbitraggi sorse nel tempo, ma non tanto tra spiriti latini portati alla protesta e spesso sospettosi del complotto, bensì nella più compassata e sportiva delle Colonies, la New Zealand: dopo il famoso arbitraggio dell'allora giovane promessa Wayne Barnes che portò all'estromissione degli All Blacks dai mondiali di Francia. Anche Graham Henry si lamentò pubblicamente nel 2009 di come si fischia in mischia ordinata dopo aver rischiato la figuraccia a San Siro.
S'è fatto qualche cenno agli arbitraggi da queste parti, relativamente alle semifinali delle Coppe Europee e ancora prima, nel Sei Nazioni. La sensazione è che le nuove interpretazioni abbiano decentemente sistemato l'area precedentemente del tutto grigia del breakdown (dove in precedenza sguazzava nel grigio il grandissimo Richie McCaw & difesa All Blacks tutta, come l'Irlanda marcata Munster: da qualche tempo non posson più gioccare borderline tale fase come facevano regolarmente un tempo),  ma che rimangano precise aree di incertezza.
Ad esempio in mischia ordinata, fase che tanto angustiò coach Henry a San Siro: sulla scorta delle sue richieste di adeguamento del metro arbitrale, a molti sembra che le cose si siano non risolte ma addirittura complicate, abbiamo recentemente scritto un post al riguardo. Ad esempio, l'arbitraggio di Clancy delle mischie in Inghilterra-Francia al Sei Nazioni, rimarrà nella memoria di chi ama questo sport, categorizzato "come influenzare negativamente la sfida cruciale di un torneo".
Nelle semifinali Europee è esploso un ulteriore area problematica, da sempre latente: la velocità del gioco ha di fatto messo in crisi di più di un pezz'e nuanta dell'arbitraggio. Abbiamo visto Clancy - sempre lui - denegare una azione regolarissima e spettacolare al Perpignan fischiando un offside inesistente nel più perfetto stile di certe chiamate di fuorigioco calcistiche "dove credi di andare"; Pearson ha estratto un cartellino probabilmente troppo in fretta, per non parlare di Poite duramente constestato al Thomond Park. Il punto non è l'inadeguatezza dei singoli, ma la possibilità di gestire da soli i ritmi attualmente impressi al gioco da squadre di alto livello, quando sono tutt'e due a farlo.
Rimanendo negli sport "ovali" a caccia di idee e "best practices", nel football americano sono in campo sette arbitri, nell'Ozzy Rule autraliano tre field umpires più quattro boundary e due goal umpires, nel rugby versione League hanno sperimentato il doppio arbitro (uno diventa il principale al cambio del possesso, quasi tipo basket); nel rugby Union invece che si fa? Un'idea potrebbe esser quella di responsabilizzare maggiormente i touch referee (guardalinee), senza dargli il fischietto che rimane solo a uno, tanto son tutti miked. Ah, e in più dar la possibilità all'arbitro di interpellare il Tmo non solo sul meta-non-meta ma anche in altre limitate e ben definite casistiche.
Nel frattempo cade a fagiuolo la notizia: sono stati definiti gli arbitri per la fase a pool dei prossimi mondiali di settembre in Nuova Zelanda.
Il nostro Giulio de Sanctis sarà impegnato nella sua specializzazione internazionale di Tmo nella partita di apertura del torneo Nuova Zelanda - Tonga; è previsto ricoprire il medesimo, delicato ruolo anche in Francia-Giappone, Tonga - Canada, Nuova Zelanda - Giappone, Galles-Samoa, Tonga-Giappone, Irlanda - Russia (del girone dell'Italia), Galles - Namibia, Georgia-Romania e Argentina -Georgia. Carlo Damasco scenderà in campo in qualità di Assistant Referee (touch judge o guardalinee) debuttando con Irlanda - Usa (partita del girone dell'Italia) dell'11 settembre, poi Russia-Usa (nel nostro girone), Nuova Zelanda-Francia, Galles - Namibia (con Damasco Tmo) e Francia -Tonga.
Il resto delle designazioni sono più ombre che luci per l'Italia: da preoccuparsi sul serio.
- Australia - Italia del 11/9 a North Shore, Auckland: arbitro Alain Rolland (Irlanda), assistenti Jonathan Kaplan (South Africa), Chris Pollock (New Zealand);
- Italia - Russia del 20/9 a Nelson: arbitro Wayne Barnes (England), assistenti Steve Walsh (Australia), Chris Pollock (New Zealand);
- Italia - Usa del 27/9 a Nelson: arbitro George Clancy (Ireland), assistenti Wayne Barnes (England), Chris Pollock (New Zealand) ;
-Italia-Irlanda del 2/10 a Dunedin: arbitro John Kaplan (South Africa), assistenti Bryce Lawrence (New Zealand) e Chris Pollock (New Zealand).
Gli arbitri vanno giudicati individualmente e non prenderemmo mai in considerazione il fatto che l'Italia abbia, su quattro partite due arbitri irlandesi designati (l'Irlanda ha come unico realistico anche se flebile avversario al passaggio del turno, proprio l''Italia). Anche 'sto Irb Match selection official Committee che ha fatto le scelte, però: benedett'uomini,  a cosa stavano pensando quando han stilato le designazioni?
Tant'è, parliamo delle caratteristiche dei designati: aldilà della nazionalità, qui si nutre la massima diffidenza possibile per il sopravalutato trombone Rolland, un malato di protagonismo, e per il suo degno erede Clancy, un ondivago, imprevedibile come un cavallo, protagonista di alcune delle gare più controverse del 2011. Quanto a Kaplan, fino a un paio di stagioni fa forse il migliore e il più presente, molto pistino e scrupoloso,  ci pare alla fine del suo ciclo dopo l' infortunio nella partita Galles - Irlanda dell'ultimo Sei Nazioni: la meta concessa ai gallesi su una rimessa laterale non eseguibile velocemente. Barnes invece, un nome una garanzia, proprio con la sua bravura sta mostrando tutte le contraddizioni delle regole in mischia ordinata; vedi Quins-Bath in Premiership, dove rifilò due gialli e meta tecnica durante la stessa interminabile mischia, da lui prolungata per quasi dieci minuti.
Dovevamo pur chiudere con qualche nota si speranza, dopo tutto 'sto dibattito assolutamente incorrect e che arricciare il naso farà, no?


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