Come si fa uno scavo archeologico
Durante la vacanza a Orvieto, i miei genitori e io, abbiamo visitato la Necropoli del Crocifisso del Tufo.
Lì abbiamo osservato molte tombe etrusche, ognuna con la sua entrata e una scritta che significa: “Io (sono) la tomba di …”.
Appena entrati, ci siamo accorti che c’erano degli scavi archeologici in corso e alcuni archeologi ci hanno portato all’interno spiegandoci il loro lavoro, le loro scoperte e dandoci molte informazioni interessanti.
Subito ci hanno portati ad una tomba dove in mezza giornata avevano scavato 40-50 cm e ci hanno fatto vedere e toccare quello che avevano trovato finora: alcuni pezzi di bucchero, ceramica dal tipico colore nero usata dagli Etruschi, dei cocci in terracotta e alcuni pezzi di ossa.
Ci hanno mostrato poi un pezzo di vetro informandoci che tra quello e il bucchero c’erano millecinquecento anni di differenza e hanno fatto una battuta dicendo che visto che il mio papà era muranese poteva dare la datazione del vetro.
In quel momento uno di loro stava usando un pennellino particolare adatto agli scavi e ci hanno detto che un archeologo non lo usa spesso perché viene usato solo nell’ultima parte dello scavo. Dopo ci hanno guidati ad un’altra tomba dove hanno acceso la luce per noi con un generatore di corrente e ci hanno spiegato che le tombe sarebbero illuminate come in un museo, ma il sistema di illuminazione non funziona.
Ci hanno fatto notare che gli ingressi delle tombe sono molto bassi, questo perché adesso il livello del terreno è molto più alto.
Ci hanno detto che la manutenzione è molto precaria a causa dei pochi soldi, infatti se fossimo venuti a maggio, avremmo trovato l’erba talmente alta, da superare gli ingressi dei sepolcri. Ci chiedevamo perché erano rimasti ancora reperti anche se erano già stati fatti degli scavi precedentemente e allora gli archeologi ci hanno risposto dicendo che negli ultimi trent’anni del 1800 si era andati in cerca dei pezzi grossi e più belli e quelli che non avevano grande valore venivano usati come riempimento; nel 1987 si cercavano reperti come adesso, quindi anche di poco valore, ma gli scavi erano stati fatti secondo il piano teorico cioè come se fossero in piano e col fatto che le tombe erano, e lo sono ancora, un po’ inclinate, i reperti erano scivolati per gran parte da un lato e perciò molti reperti erano rimasti là.
Proprio mentre eravamo ad ascoltare, gli archeologi, scavando, hanno trovato dei manici e la base di un kantharos, un tipo di vaso, che hanno messo assieme ai cocci trovati prima.
Hanno trovato poi due pezzi di ossa di tipi diversi di cui ci hanno illustrato la differenza, uno era cremato, l’altro era inumato cioè sepolto con la carne, i vestiti e magari degli unguenti speciali, ma senza essere bruciato. Poi hanno trovato un pezzo di ferro che sembrava il manico di un coltello e allora gli archeologi ci hanno raccontato che precedentemente avevano trovato un set di bellezza di metallo, sebbene antico, in un tomba.
Tornando fuori dagli scavi ci hanno fermati un attimo per mostrarci una tomba rotonda di una donna a cui gli altri sepolcri stavano attorno che era diversa rispetto alle altre che erano a forma di dado, e loro ci hanno illustrato le loro ipotesi: la prima che fosse solo un modo per i familiari di starle accanto, la seconda che fosse una donna di alto rango e che gli Etruschi avessero voluto starle vicino per la sua importanza. Hanno aggiunto che c’era la stessa situazione un po’ più in fondo di quell’area di scavo e che devono cercare di capire bene il significato.
Quando siamo usciti dagli scavi, siamo andati a vedere la ricostruzione dei reperti. C’erano delle persone che lavavano i reperti e li facevano asciugare, altre che li classificavano, altre che li suddividevano, altre ancora che li attaccavano coi riempitivi e altre ancora che li numeravano.
Ricapitoliamo ora le fasi del lavoro che abbiamo osservato:
1 l’archeologo scava e trova il reperto.
2 l’archeologo fotografa e misura il reperto e lo numera senza spostarlo dal luogo in cui lo ha trovato.
3 l’archeologo raccoglie il reperto, lo ripulisce un pochino, lo esamina e fa delle ipotesi se non sa che cos’è.
4 l’archeologo porta il reperto a farlo lavare.
5 il reperto viene lavato e fatto asciugare.
6 il reperto viene classificato e suddiviso per tipo e inserito nel database del computer.
7 se è da attaccare ad un altro pezzo, il reperto viene incollato con eventuali riempitivi.
È stata un’esperienza bella ed emozionante difficilmente ripetibile, mi è piaciuto molto osservare dal vivo il lavoro dell’archeologo e inoltre è stato molto istruttivo.
Camilla (10 anni)
P.S. si ringrazia l'equipe archeologica che sta effettuando lo scavo presso la Necropoli del Crocefisso del Tufo di Orvieto e tutto il gruppo SOSTRATOS