Magazine Cultura

Archeologia. I Popoli del mare

Creato il 07 marzo 2016 da Pierluigimontalbano
Archeologia. I Popoli del maredi Francesco de MagistrisArcheologia. I Popoli del mareNel corso di pochi anni, nella prima metà del XII secolo a.C., cade una coltre di nebbia che rende difficile ai nostri occhi sapere qualcosa sulla Grecia, l’Anatolia e l’intero Levante. Di quel mondo illuminato alla nostra comprensione dai documenti di Ugarit, Hattusha e Akhenaten, non vediamo più niente. Nello stesso arco di tempo, mentre l’impero Hittita abbandona la sua capitale indifendibile e L’Egitto si chiude in sé stesso, preda di una nuova, profondissima, crisi interna, tutte le floride città del levante semplicemente smettono di esistere, abbattute dall’invasione di un “nemico” esterno: i “popoli del mare”, una “coalizione” di popolazioni dedite al saccheggio. Non in uno stato solo ma in gran parte del mondo civilizzato la storia pare interrompersi, e tutto questo grosso modo allo stesso momento in un’area abbastanza grande, probabilmente a seguito di un attacco esterno. In ambiente accademico si è spesso discusso sulla possibilità che un’invasione, per quanto disastrosa, abbia potuto causare il totale annichilimento del mondo civilizzato. Pochi, infatti, sembrano tenere in considerazione come i fattori “interni” ed “esterni” del disastro del XII secolo a.C. siano profondamente interconnessi: “Invaders were more likely to succeed when their target was already economically and politically/militarily weakened by its own and regional or system wide crisis”. Ma a prescindere dal fatto che questi “Popoli del Mare” abbiano avuto un ruolo più o meno determinante nello sviluppo della crisi, c’è da dire che nessuna di questi popolazioni, nel 1200 a.C., era una novità per il mondo levantino. Se si accetta poi l’identificazione universalmente condivisa fragli Ekwesh delle fonti egiziane e gli Ahhiyawa di quelle hittite, la menzione più antica di un movimento invasore o comunque portato a razzie, da parte di uno dei “Popoli del mare” sarebbe l’hittita “editto di Madduwattas”, databile circa al 1440 a.C., documento in cui il re hittita lamenta il saccheggio e il rapimento di donne di Cipro da parte degli Ahhiyawa. Già negli annali di Tudhaliya I/II infatti, il primo termine della lista è “[ ]ugga”. Se la prima lettera fosse da intendere come una L, allora avremmo una probabile prima citazione dei Lukka già duecento anni prima della catastrofe. Anche in epoca amarniana, troviamo non pochi accenni ad alcune di queste popolazioni: il faraone Akhenaten si era lamentato col re di Alaysha dei raid compiuti dai pirati Lukka sulle sue coste, arrivando ad accusare i ciprioti di proteggerli, e il re di Cipro gli aveva risposto dicendo di essere di essere stato colpito lui stesso dagli stessi attacchi. Sappiamo però che, in realtà, gli attacchi di pirati Lukka sulle coste di Cipro erano una costante. In altre lettere, poi, il re di Biblo Rib-Addi raccontava di come un mercenario Shardana al suo servizio avesse cercato di ucciderlo, e di come uno dei suoi sia stato ucciso. E su alcune tavolette trovate ad Ugarit si riporta una lettera indirizzata da un innominato re hittita ad Ammurapi nella quale si parla di un riscatto che Ugarit avrebbe pagato per la liberazione di un certo Lunandusu, preso prigioniero dai “Sikala che vivono nelle navi”. E non è sorprendente che i documenti hittiti presentino spesso i pirati Lukka, dato che le fonti egiziane li indicano come alleati agli hittiti durante la battaglia di Qadesh, assieme ai Teresh e gli Ekwesh. Sappiamo poi di raid compiuti da pirati Shardana durante il regno di Ramses II, e il fatto che nella stele di Tanis di loro si dica che “nessuno aveva saputo combattere fin da sempre” rafforza l’idea che fossero conosciuti come pirati. Sotto Merneptah il Delta egiziano fu fatto oggetto di altri attacchi: “Il misero capo libico Meryw, figlio di Ded, è sceso nel paese di Tehenw con i battaglioni di Shardana, Shekelesh, Ekwesh, Lukka, Teresh, i migliori di ogni guerriero e di ogni corridore nel suo paese”. Va rilevato che, mentre al tempo di Akhenaten venivano nominati solamente i Lukka, e al tempo di Ramses II solamente gli Shardana, all’epoca di Merneptah questo testo menziona per la prima ed ultima volta una vera e propria unione di popoli, e ciò avviene poco prima del “disastro” del XII secolo a.C. Ad Ugarit, all’interno di un forno per tavolette, sono state trovate delle lettere indirizzate all’ultimo re della città, Hammurabi. Non si tratta di originali, ma di traduzioni operate dalla cancelleria regale e cotte al forno. In un primo momento si è pensato –sarebbe stato indubbiamente un dettaglio affascinante- che fossero state lasciate a cuocere, nella convinzione di estrarle a cottura terminata, nello stesso forno in cui furono trovate tremila anni dopo, perché nessuno era mai andato ad estrarle. Il fatto che numerosi documenti fossero però spezzati, e i cocci sparsi anche a diversi metri di distanza dal forno, fa oggi pensare che le tavolette siano cadute da un piano superiore in cui erano state conservate. Una di queste, traduzione in ugaritico di una lettera diplomatica, comincia conˁm špškll midm šlm”: “con Il Sole, tutto va bene”. “Il Sole” è il re Hittita, siamo quindi di fronte ad una lettera mandata da un “Grande Re” al suo vassallo. La situazione è quella di una guerra, ed il re Hittita comanda al suo vassallo di inviargli ogni uomo possibile. Evidentemente Hammurabi deve aver obbedito, perché in una lettera al re di Cipro scrive:
"behold, the enemy's ships came (here); my cities (?) were burned, and they did evil things in my country. Does not my father know that all my troops and chariots (?) are in the Hittite country, and all my ships are in the land of Lycia?... Thus, the country is abandoned to itself. May my father know it: the seven ships of the enemy that came here inflicted much damage upon us."Da altre lettere, si deduce che la flotta, inviata ad ovest a chiudere il passaggio dall’Egeo al Mediterraneo, sia stata quantomeno aggirata, e che l’esercito unito di Ugarit e Hatti sia stato sconfitto. Di sicuro, si è ritirato, lasciando che il nemico prendesse prima Lawasanda in Cilicia e poi che distruggesse tutto quello che stava dietro ai monti Amanos. Ewir-Sharruma, era re di Mukish, una città appena a nord di Ugarit, inviò infatti una lettera ad una “Signora” (adty), forse la regina madre di Ugarit, scrivendo :(27) w. hn. ibm. šsq ly and, behold, the enemies oppress me,(28) p. l. ašt. Attybut I shall not leave my wife (and) (29) nˁry. th. I pn. ib my children.. before the enemyI nemici erano ormai alle porte di Ugarit. Non sappiamo se gli abitanti siano stati uccisi o se siano scappati, ma, di sicuro, la città fu presa, i palazzi più importanti dati alle fiamme e gli altri abbandonati al proprio destino. Al contrario di altre città, che furono ri-popolate dagli invasori, Ugarit cadde in rovina. Nello stesso periodo, la città di Hattusa veniva abbandonata dalla popolazione e dalla corte, lasciando in città solo una guarnigione a vigilare su quella che era stata la capitale dell’impero. Più o meno in contemporanea l’insediamento di Mileto in Caria è incendiato, in Cilicia cadono Mersin e Tarso. Le città della zona interna della Siria furono anch’esse danneggiate: risalendo il corso dell’Oronte nel 1200 si sarebbero trovate Alalakh, Hamath, Qatna e Qadesh, Tutte e quattro furono saccheggiate e date alle fiamme. Anche Sidone fu distrutta, mentre i suoi abitanti fuggivano a Tiro. Tell-abu-hawwa, un vasto sito nella costa palestinese, pure, ed in questo caso è possibile attribuire una presenza certa di greci in questi luoghi –gli Ekwesh di Merneptah- dato che sono stati trovati vasi del tardo elladico C. L’identità di questi “nemici”, appare ormai chiaro, è quella degli stessi “Popoli del Mare” che attaccarono successivamente anche l’Egitto. Infatti secondo il racconto di Ramses III questi popoli avrebbero provato ad invadere anche l’Egitto, che si sarebbe però salvato in battaglia. Dal controllo incrociato delle fonti egiziane (le iscrizioni di Medinet Habu e il papiro Harris) si possono rilevare i nomi di 9 popoli: Lukka, Denyen, Shardana, Peleset, Tursha, Shekelesh, Meshwesh, Tjeker Weshesh. La loro provenienza è quantomeno controversa: i due testi di Ramses III parlano di una vittoria del faraone in difesa del paese contro popolazioni che avevano cospirato “nelle loro isole”. Per molto tempo si è quindi cercato di identificare questi popoli con gli abitanti di qualche isola, individuandole solitamente fra quelle nel mar Egeo. Ma il testo egiziano non dice “isole” (e secondo alcuni egittologi l’egiziano non aveva nemmeno la parola, o il concetto, di “isola”) ma userebbe quindi il termine “rww”, solitamente tradotto con “isole”, ma che, essendo spesso usata per indicare la costa continentale, dovrebbe indicare invece la vicinanza al mare. Sulla base di questa nuova lettura alcune teorie li indicano ora come barbari invasori provenienti da qualche luogo a nord o a sud dell’Anatolia, altre – la maggior parte- puntavano il dito sull’area egea. Per questo motivo cercare la provenienza dell’insieme dei popoli può rivelarsi più complicato che non cercare la provenienza dei popoli uno per uno. I Lukka sono molto comunemente identificati coi Lici, anche se non sono poche le discussioni accademiche sul dove collocarli con precisione. Alcuni studiosi sono arrivati a sostenere che vi fosse una originaria “patria dei Lukka” nella zona centro-meridionale dell’Anatolia, dalla quale si sarebbero mossi verso stati con una vera organizzazione politica, più a sud e più ad ovest, fino a stabilirsi in quella che, in epoca classica, sarebbe stata definita “Licia”. Forse per questo motivo, Omero nomina due Licia: una a nord-est della Troade, ed una più lontana, probabilmente in Caria. Data la frequenza dei loro attacchi verso Alaysha, e data la loro presenza a Qadesh al fianco di Muwatalli. Si dovesse sceglierne una sola, la seconda opzione sarebbe assai più probabile che non la prima. I Meshwesh, secondo professor Wainwright, sarebbero in realtà il nuovo nome con cui venivano individuati i Tehenu –una popolazione con cui gli egiziani si erano scontrati fin dall’antico regno- nel periodo Ramesside, mentre altri studiosi, come ad esempio Drews, li hanno identificati come gli abitanti dell’area di Tunisi, dove in epoca storica Erodoto locava una popolazione berbera chiamandola Maxyes. Gli Ekwesh compaiono per la prima volta al fianco dei libici, presso i quali formano il contingente maggiore. Sono solitamente identificati con gli Ahhiyawa/Achei, e quindi provenienti da Millawanda/Mileto, una colonia achea delle fonti Hittite. Suggestivo, da questo punto di vista, il fatto che nell’Odissea (XIV, 246) Ulisse dica che gli achei avevano fatto una spedizione contro l’Egitto ed erano stati sconfitti. Contrasta, con quest’identificazione con gli achei, il fatto che Merneptah, nelle iscrizioni per la vittoria a Karnak e Athribis, dica di aver ucciso numerosi Ekwesh, e di aver tagliato le mani ai cadaveri per poterle contare. Il fatto che solitamente, ai popoli non circoncisi non erano rimossi gli arti superiori, ma i genitali, ci dice con buona probabilità che gli Ekwesh avessero adottato una pratica del tutto estranea al mondo indeuropeo ma comunissima in ambito semitico ed egiziano. I Teresh sono stati avvicinati ai Taruisha delle fonti Hittite, e ai tyrsenoi del mondo greco, dai quali proverrebbero gli Etruschi. Sarebbero, quindi provenienti dalla Lidia, così come gli Shekelesh. Così come gli Shekelesh sono mostrati come barbuti, e fin dai tempi di Champollion sono stati identificati, in coppia, come Etruschi e Sicelioti, anche se prove per un arrivo etrusco in Italia già a quest’epoca non sono mai state prodotte. I Peleset sono unanimemente considerati essere i filistei della bibbia, e che si sarebbero stabiliti in Palestina a seguito della catastrofe del 1200. È interessante notare come, di loro, non si dica mai che siano popoli “del mare”, uno dei motivi che ha fatto sì che li si ritenesse provenienti dalla Cilicia occidentale, dove, con ogni probabilità, erano già stabiliti attorno al 1500 a.C. Di sicuro, comunque, erano indeuropei, e Yassur-Landau, seguendo la definizione già fatta propria da Singer e Niemer, li identifica invece con i Pelasgi dell’Egeo. Dalla Cilicia orientale proverrebbero invece i Tjekker, che sarebbero poi i Teucri delle fonti greche.I Denyen sono solitamente ricollegati ai Danai ma secondo Wainwright sarebbero, anche loro, provenienti dalla Cilicia, e ciò li avvicinerebbe a Teucri e Filistei. Infine, gli Shardana, che come mercenari sono conosciuti fin dai tempi di Amenothep III, all’inizio del periodo Amarniano, hanno un’origine misteriosa. I caratteristici elmi cornuti non sono di ambito egeo, mentre nella tradizione levantina sono conosciutissimi. Nella documentazione Hittita non esistono (e nonostante questo, si è pensato provenissero dalla piana di Sardi, in Asia Minore), e, benché alcune raffigurazioni da Pisaskion e dal vaso dei guerrieri di Micene mostrino dei guerrieri con il loro caratteristico elmo cornuto, e benché fossero circoncisi come i semiti, spesso si è cercato di ricondurli alla civiltà Nuragica e a quella delle Torri della Corsica. Di sicuro la Sardegna era già conosciuta nel Vicino Oriente, non si sa se in maniera diretta o indiretta, come produttrice di rame. Nell’isola sono stati trovati, infatti, numerosi pani di rame e ceramiche micenee tarde, che proverrebbero da Cipro, isola con cui la Sardegna, ancora in tempi storici aveva non poche relazioni. La presenza di una somiglianza fra gli Shardana delle immagini Egiziane e alcuni reperti rinvenuti nelle due isole -le statue bronzee in Sardegna, che però appaiono solo dal IX secolo, e alcuni menhir ritrovati in Corsica - e il fatto che una stele (sempre del IX secolo) ritrovata a Nora, un porto nuragico e fenicio in provincia di Cagliari, chiami l’isola “Be-Shardan” ha senza dubbio rinforzato l’ipotesi di una connessione fra questo popolo e l’isola in mezzo al mediterraneo. Si discute ancora però sul se l’avvento di questa popolazione sia avvenuto prima o dopo il 1200, ovvero se gli Shardana egiziani provenissero dalla Sardegna o se vi siano arrivati in un secondo momento.
Fonte: Il ruolo dei mercenari Shardana nella guerra del Tardo Bronzo, academia.edu

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog