di Pierluigi Montalbano
(dalla mia tesi di laurea)
È ragionevole ritenere che anche nelle isole si sia verificato un profondo rivolgimento economico con un radicale cambiamento degli equilibri consolidati che ha ovunque segnato il passaggio dall'età della Pietra a quella del Rame. La diffusione del metallo causa una diminuzione di interesse nei confronti dello sfruttamento e della circolazione dell’ossidiana e accelera il processo di decadenza economica e la partecipazione ai fenomeni più generalmente diffusi in Italia peninsulare ed insulare, dando luogo alla formazione delle culture eneolitiche di Abealzu e Filigosa che ereditano da quella di Ozieri varie forme ceramiche.
Successivamente si arriva alla cultura di Monte Claro che si articola in facies locali: meridionale, oristanese, nuorese e settentrionale. Il patrimonio culturale è ricco ed elaborato: annovera numerosi insediamenti in grotta e all'aperto; deposizioni in tombe a fossa, tombe a forno, domus de janas, tombe a cista, tombe megalitiche con rito esclusivamente inumatorio. Lo strumentario di selce e di ossidiana è scarso e, come abbiamo visto, alla cultura di Monte Claro risale il primo caso conosciuto nell'isola di riparazione antica di un vaso con grappe di piombo.
L’eccezionale fioritura di Monte Claro è forse spiegabile con un’economia agricola in ripresa, con un incremento delle attività pastorali e con l’avvio allo sfruttamento delle risorse minerarie dell'isola che inseriscono a pieno titolo la Sardegna nelle rotte di prospezione mediterranea, innescando un processo economico ed evolutivo di vasta portata. Nei pugnali raffigurati nelle statue-menhirs di Laconi e Nurallao si attestano due tipi di arma segnalando il momento del trapasso di uso dall'una, forse ormai solo cerimoniale, all'altra, certamente ancora rara e preziosa.
L'area di rinvenimento delle statue-menhirs dista meno di 8 km in linea d'aria dai giacimenti di calcopirite, galena e blenda di Funtana Raminosa, nei monti del Sarcidano, lungo il versante occidentale digradante del massiccio delle Barbagie di Belvì e Seulo. La prima età del Bronzo è segnata dalla cultura di Bonnannaro. Lo strato intatto sigilla le domus de janas, pochi oggetti d'ornamento, pochissime armi e scompare totalmente lo strumentario litico. Si potrebbe pensare al passaggio di piccoli gruppi che passando dalla Corsica sono portatori al nord degli elementi più antichi della facies A. Questo non esclude che vi siano stati anche influssi esterni che agirono insieme su di un contesto indigeno.
Giova un confronto con la Sicilia dove all'inizio del Bronzo tutta l'isola e le Eolie vengono investite da stimoli che sfociano nelle due culture di Capo Graziano e Castelluccio, marinara l’una, agricolo-pastorale l'altra, entrambe fortemente intrise di caratteri allogeni che fanno pensare a immigrazioni. Queste due culture costituiscono una netta cesura con il passato e sovvertono completamente i valori culturali esistenti. Nella media età del Bronzo il collegamento fra la nascente civiltà micenea ed il Mediterraneo occidentale pone basi stabili e si intesse una rete di rapporti organizzati che ripercorrono in parte tracciati precedenti. Un ruolo fondamentale in queste vicende è certamente svolto dalla necessità di approvvigionamento di materie prime e soprattutto di metalli.
Le analisi di archeometallurgia spiegheranno se i lingotti “ox-hide” siano stati prodotti da minerali sardi o se provengono dall’Egeo o da Cipro. Non vi è ragione plausibile per supporre che il movimento che parte dall'Egeo, diretto all'acquisizione dei metalli, escluda le zone minerarie della Sardegna. Per lo stesso motivo si ritiene che la rotta dei metalli dovesse raggiungere anche le zone minerarie della penisola iberica.
Nascono alcuni quesiti: è ancora valida, e fino a che periodo, la limitazione della navigazione da costa a costa? In caso affermativo, perché questa limitazione non si dovrebbe applicare anche ai micenei che attraversavano il Tirreno per la rotta più lunga, stabilendo una base ad una delle estremità del Golfo di Cagliari? Nell'economia dell'approvvigionamento di metalli avrebbe consentito un accesso strategico alle miniere del Sulcis.
È ipotizzabile che i traffici si svolgessero unicamente fra i micenei e le popolazioni nuragiche?
Quando si può presumere che questi contatti abbiano avuto inizio?
In Sardegna questo periodo vedrebbe l’edificazione dei nuraghi, le tombe di giganti con stele centinata e le ceramiche a decorazione metopale e a nervature. In quest'epoca si collocano le prime grandi asce a margini rialzati e a profilo ellitico, ed alcune daghe a base semplice, simili alle forme del Bronzo Medio peninsulare nonché la produzione di forme analoghe ai pugnali di tipo Arreton Down di Wessex.
Si possono far risalire a questo periodo anche i primi lingotti che in tutto il bacino del Mediterraneo costituiscono una delle forme più antiche di accumulo di metallo sia ai fini di tesaurizzazione che di scambio. Conseguentemente è legittimo ipotizzare che la struttura economica e sociale delle comunità che eressero i primi nuraghi, per l'evidente ed ingente meccanismo di accantonamento di risorse, di organizzazione operativa e di investimento di forza-lavoro necessario a compiere tali opere, sia stata in grado di intraprendere lo sfruttamento sistematico delle miniere.
La presenza dei marchi in scrittura egea, cretese, micenea e cipro-minoica è un indizio della complessità dei processi di produzione, circolazione e scambio che dovevano essere istituiti fra le popolazioni locali ed i mercanti dei metalli. Lo sviluppo culturale differenziato osservato nel periodo precedente prosegue con l'ampliamento dei villaggi, con l'elaborazione delle tombe di giganti e con la costruzione di tempietti detti “a megaron”.
I fatti più significativi sono l'adozione della strumentazione per la lavorazione del bronzo, l'introduzione di strumenti a doppio tagliente (doppie asce, bipenni, picconi) e il moltiplicarsi delle matrici di fusione, indizio certo di una produzione sistematica ed abbondante. Sicuramente i minerali della Sardegna hanno costituito una attrazione per le popolazioni della Sicilia e delle Eolie, notoriamente prive di tali materie prime, ed è assai plausibile che, sulla scia dei Micenei e dei Ciprioti, siano stati istituiti rapporti regolari.
Fra la fine del Bronzo e l'inizio del Ferro, nella Sardegna nuragica si verifica una rivoluzione che vede l'emergere di una classe, forse aristocratica, con conseguente radicale mutamento delle strutture economiche e sociali, accompagnato da un nuovo sensibile sviluppo nelle condizioni generali di ricchezza. Salvo limitate eccezioni non si costruiscono più nuraghi, taluni vengono ristrutturati ed ampliati, altri subiscono parziali demolizioni e vengono trasformati nell'uso.
Le due espressioni più significative sono la produzione dei bronzetti e quella delle statue di pietra a grandezza naturale, fatti di portata rilevantissima che investono tutta l'isola, legati alla tecnica della cera persa i primi e alla statuaria a tutto tondo più antica del Mediterraneo le seconde. Di certo i mutamenti di forze e di aggregazioni verificatisi nel Mediterraneo in coincidenza con la frequentazione dei commercianti fenici e con la diffusione della metallurgia del ferro non possono essere estranei alle vicende che abbiamo descritto.
Non si può escludere che si siano ripercorse, sotto diverse bandiere, le stesse rotte Tirreniche aperte dalla navigazione per il commercio dell’ossidiana prima, e successivamente Micenea e Cipriota, sempre tenendo presente che come per i Micenei non si intende con il termine Fenici indicare un popolo specifico.
La Sardegna sembra essere il cardine intorno al quale ruota buona parte di traffici del Mediterraneo occidentale. Non è casuale la presenza di bronzetti nel famoso corredo della tomba Cavalupo di Vulci del IX a.C.: essa prova che già in quell'epoca nella quale nulla di simile esisteva in Occidente, questa produzione caratteristica nuragica era matura e fiorente.
In conclusione la Sardegna, per l'eccezionale ricchezza delle sue risorse, fu una delle più significative realtà dell'economia del mondo antico. Inoltre le culture esterne, attratte dalle fonti della materia prima, di epoca in epoca hanno fatto dell'isola un crocevia di tutti i traffici del Mediterraneo occidentale.
Nell'immagine le spade di Sant'Iroxi in rame arsenicato, scavate da Giovanni Ugas a Decimoputzu, databili al 1650 a.C. pubblicate su "L'Alba dei Nuraghi", Ugas, 2008, Fabula