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Archeologia in Sardegna. Monte Sirai, storia di un sito di 3000 anni fa
Creato il 22 febbraio 2015 da Pierluigimontalbanodi Piero Bartoloni
La città di Monte Sirai si pone come strumento fondamentale ai fini di una maggiore conoscenza della civiltà fenicia e punica poiché il centro abitato, completo in ogni sua fondamentale componente, è privo di sovrapposizioni più tarde. Dopo il suo abbandono, avvenuto per motivi
non facilmente spiegabili attorno al 100 a.C., nulla è venuto a sconvolgere o a mutare in modo sia pure minimo la struttura del luogo.
L'insediamento di Monte Sirai è composto di tre grandi settori, che sono i fulcri scientifici e turistici dell'antico centro. Il principale è costituito dall'abitato, che occupa la parte meridionale della collina. Nella collina settentrionale è invece situato il tofet: è questo il luogo sacro nel quale erano sepolti con particolari riti i corpi bruciati dei bambini nati morti o defunti in tenera età. L'ultimo settore è costituito dalle due necropoli, collocate nella valle che separa l'abitato dal tofet. Si tratta di una necropoli fenicia a incinerazione, della quale ormai sono visibili unicamente delle fossette scavate nel piano di tufo, e una necropoli punica a inumazione, formate da tombe sotterranee, tutte visitabili.
Il centro di Monte Sirai nasce come abitato civile attorno al 740 a.C. e risulta particolarmente importante perché è situato lungo la via costiera, alla confluenza con la valle del Cixerri che conduce al Campidano. La sua fondazione come città si deve probabilmente ai Fenici di Sulcis o forse a quelli di un insediamento anonimo presso l'attuale Portoscuso. In ogni caso, da ciò scaturisce più che evidente la necessità, e anzi l'obbligo, di un'analisi globale del territorio che tenga conto di tutte le componenti storiche che parteciparono alla nascita, alla crescita e alle vicende della civiltà nella regione sulcitana. Pertanto, questa deve essere sempre considerata
nella sua interezza, da Chia a Monte Sirai, da Sant'Antioco a San Pantaleo. Quindi, non è né possibile né corretto lo studio di un solo insediamento che non tenga in debito conto anche la storia e la vita di quelli più o meno vicini, poiché sia la storia che la vita li accomunarono e li accomunano. L'altura di Monte Sirai trae la sua origine da vasti movimenti tettonici che hanno suddiviso la regione del Sulcis in alcune ampie zolle. Alcune di queste sono rimaste in rilievo e tra di loro vi è per l'appunto la collina di Monte Sirai, accanto ai monti Essu, Narcao e Sinni.
L'area di Monte Sirai in particolare è costituita da arenarie e conglomerati appartenenti alla cosiddetta "Formazione del Cixerri" (Eocene-Oligocene medio) e in un secondo momento, al termine del Cenozoico (Oligocene-Miocene), venne ricoperta da rocce vulcaniche effusive (Ignimbriti). Non sono noti i centri di emissione di queste vulcaniti, poiché si tratta in prevalenza di prodotti ignimbritici (nubi ardenti), provenienti da diverse direzioni ed emessi da fratture della crosta terreste ormai richiuse da lungo tempo. Attualmente l'attività vulcanica nella zona prosegue in mare in un apparato vulcanico chiamato Quirino, situato 30 chilometri a sud di Capo Sperone, che è la punta meridionale dell'isola di Sant'Antioco. L'altura di Monte Sirai si eleva ad una quota massima di 194 metri sul livello del mare. La parte sommitale del rilievo è costituita da vulcaniti acide appartenenti alla cosiddetta "Serie Ignimbritica Sulcitana". Questa particolare serie è presente sul monte con due ignimbriti compatte, comunemente chiamate trachiti, separate da una piroclastite cineritico-pomicea tenera, comunemente denominata tufo.
Nell'area di Monte Sirai sono presenti anche prodotti vulcanici di natura andesitica, sia in cupole che in facies esplosiva. Il progressivo lento disfacimento delle vulcaniti acide ha dato origine ad un terreno ovviamente acido, le cui proprietà si riverberano anche sui manufatti di terracotta che di norma vengono rinvenuti con le superfici completamente spatinate. La particolare struttura morfologica di Monte Sirai trae origine dalla differente natura e dal diverso grado di erodibilità delle rocce presenti. A questa situazione morfologica ha concorso anche l'assetto determinato dalle forze tettoniche che hanno sollevato l'altura provocandone lo sbandamento verso sud-ovest. Il basamento della collina, che è dinatura sedimentaria, ha una forma tronco-conica, mentre gli episodi vulcanici che formano il "cappello" del rilievo e che costituiscono ilpianoro sommitale, caratterizzano il paesaggio con le tipiche rotture del pendio (gradonate). Le necropoli sono state realizzate scavandol'unità piroclastica tenera, cioè il tufo. Quindi, Monte Sirai ha l'aspetto tipico dei pianori ignimbritici della regione Sulcitana e, con la sommità piatta e i fianchi scoscesi, ricorda la giare, i caratteristici tavolati basaltici della Sardegna centrale. Tra le più famose e di maggiore estensione è la giara di Gesturi. Anche Monte Sirai è specificamente noto per la sua posizione particolarmente isolate ed è quindi ben visibile lungo la costa anche da grande distanza. Dell'antico nome dell'abitato di Monte Sirai non è rimasta alcuna traccia nella memoria degli abitanti del circondario, nessuna antica fonte scritta lo ricorda e in definitiva non sappiamo neppure con certezza se il nome attuale abbia un'origine antica. Tuttavia ciò è probabile e quindi in un primo momento si è pensato che tra l'altro il nome di Sirai potesse essere accostato alla radice SR, il cui significato è roccia o scoglio, e che ad esempio compare nel toponimo fenicio che indica la città fenicia di Tiro (S.ur). Inoltre, si è ipotizzato che le due lettere finali di Sirai (-ai) fossero un suffisso di antica origine fenicia che indicava un nome plurale che si fosse conservato fino ai giorni nostri e che quindi, ad esempio, il nome significasse il Monte con due cime o il Doppio monte. Ma, come la precedente, anche quest'ipotesi è stata presto abbandonata in quanto non corretta per quanto riguarda l'aspetto glottologico e per di più linguisticamente insostenibile.
Né del resto vi è una giustificazione geografica poiché le due supposte cime, create dalle due successive colate laviche, risultano assai poco eminenti e non sono visibili se non dal versante settentrionale. Anche l'ipotesi che il nome di Monte Sirai avesse comunque un'origine fenicia o punica è stata abbandonata di recente a favore di una sua più probabile provenienza da lingue mediterranee anteriori all'arrivo sulle coste sarde dei popoli provenienti dal Vicino Oriente. In un primo momento infatti è anche stato proposto che il nome Sirai avesse una origine berbera e cioè che il monte fosse stato indicato con questo nome da coloni nord-africani di stirpe indigena, venuti in Sardegna come agricoltori al seguito degli eserciti cartaginesi dopo il 520 a.C. Si è ritenuto inoltre che l'insediamento di Monte Sirai fosse da identificare con l'antica Pupulum. Il nome di questo centro abitato è noto unicamente attraverso la Tabula Peutingeriana, che è una antica carta geografica nella quale è riprodotta la collocazione dei centri romani del mondo conosciuto nel IV sec. d. C. Ma poiché, come si vedrà più sotto, l'insediamento di Monte Sirai è stato abbandonato definitivamente alla fine del II sec. a.C., e la succitata carta geografica riproduce una situazione decisamente più tarda, è poco probabile che l'abitato di Monte Sirai fosse talmente importante da perpetuare il suo ricordo per circa cinquecento anni, tanto cioè da inserirlo nella riproduzione geografica del mondo allora noto. È invece più probabile che il toponimo di Pupulum vada riferito ad uno degli insediamenti romani divenuti particolarmente consistenti in età imperiale, quali ad esempio quelli di Matzacara o Paringianu, collocati lungo la costa antistante le isole di Sant'Antioco e di San Pietro. Attualmente si ritiene più probabile che l'origine del nome, il cui significato è da considerare comunque legato all'aspra natura del luogo e dunque alla roccia, sia sempre da collocare in ambiente nord-africano berbero, ma da porre in epoca neolitica e quindi in un periodo ben precedente all'arrivo di popolazioni orientali in Sardegna. La collina di Monte Sirai ha attratto l'attenzione degli studiosi del territorio fin dai primi decenni del secolo scorso grazie alla sua particolare forma e alla sua posizione emergente sul piano di campagna ed isolata nella piana costiera, che permettono di distinguerla nettamente anche da grande distanza. Il primo studioso che ne descrisse sia pur brevemente e in modo sommario le caratteristiche geologiche fu Alberto Ferrero della Marmora, che per la sua peculiarità morfologica la inserì nel volume Voyage en Sardaigne, pubblicato con una prima edizione nel 1826, e nella sua Carta topografica dell'isola del 1845, la prima ad essere rilevata con moderni sistemi di triangolazione topografica ed eseguita correttamente. Invece, il primo a intuire e a citare la presenza di un antico centro abitato sul monte fu il Canonico Vittorio Angius che curò la parte storica nella monumentale opera sulla Sardegna edita da Goffredo Casalis a Torino tra il 1833 e 1856. Infatti, alla pagina 349 del Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna si può leggere quanto segue: "Sirài ... I molti rottami che trovansi in questo sito fan congetturare molto considerevole l'antico paese di questo nome, che distrussero i barbari ...".
È evidente che l'episodio legato all'aggressione di non meglio precisate popolazioni barbare è del tutto immaginario ed ha un valore puramente leggendario, poiché, come sembra più probabile, l'insediamento di Monte Sirai fu abbandonato più o meno volontariamente dai suoi abitanti. La prima testimonianza scritta su Monte Sirai risale probabilmente al 1323, con la menzione dell'esistenza di un villaggio denominato Siray, mentre dalla seconda metà del XIX secolo la documentazione si concentra prevalentemente sull'interesse suscitato dal sito in relazione alle caratteristiche geologiche del pianoro, sebbene sia ravvisabile una seppur vaga intuizione dell'importanza del luogo, anche dal punto di vista archeologico. Sono note le vicende che portarono alla «riscoperta» dell'insediamento in età moderna. Il primo rinvenimento di stele nel 1892, da parte del parroco di Tratalias Don Vincenzo Atoni, attirò l'attenzione dell'allora Direttore del Museo di Antichità di Cagliari, Filippo Vivanet. Il Vivanet, per verificare la consistenza della scoperta e per non affrontare inutilmente un viaggio che in quel periodo era lungo e non facile, inviò al Parroco una lettera contenente una lunga serie di precise domande. Le risposte fornite tempestivamente permisero al Direttore del Museo di constatare l'indubbia importanza dell'antico centro abitato. Tuttavia, i prevedibili disagi, creati dalla considerevole distanza da Cagliari e gli alti costi dell'impresa per il reperimento in loco della mano d'opera e per il trasporto degli eventuali reperti, costrinsero il Vivanet a rimandare di qualche tempo le indagini sulla collina. Ma le speranze di Filippo Vivanet di realizzare le indagini progettate andarono deluse poiché, a causa di ulteriori lavori altrettanto importanti ed urgenti in altre località dell'isola, non ebbe mai più la possibilità di interessarsi di Monte Sirai. Dopo circa cinquanta anni di silenzio, all'inizio dell'ultima guerra mondiale sulla sommità del monte fu installata una batteria contraerea, oggi in parte restaurata e riutilizzata come luogo di ristoro per i visitatori. La batteria, che aveva il compito di proteggere dagli attacchi aerei le miniere di Carbonia, fondata il 18 dicembre del 1938, occupa un settore ove sono state rinvenute tracce forse di un villaggio di età neolitica, appartenente alla cultura detta di San Michele. Sempre nello stesso luogo è stata individuata parte di un santuario di età ellenistica, sorto dopo la conquista romana della Sardegna e dedicato probabilmente alla dea Demetra. I soldati occuparono e utilizzarono come rifugio antiaereo anche una tomba a camera ipogea della necropoli punica, ma in nessun caso si resero conto della presenza di un antico centro abitato o, se se ne resero conto, nulla fecero per esplorarlo. Nel frattempo, le pietre trachitiche crollate appartenenti alle antiche abitazioni furono ampiamente utilizzate per la costruzione della città di Carbonia. I lavori, iniziati nel 1935, si conclusero alla fine del 1938, periodo in cui fu inaugurata ufficialmente la città. Quindi, anche se la città sorse dal nulla, poiché nessun centro abitato le preesisteva, si pur ben dire che in qualche modo la città è fondata su antiche testimonianze.
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