Se osserviamo attentamente l’incastro delle pietre poligonali, dobbiamo notare che non è sufficiente, come suggerisce il Lugli, determinare l’apertura degli angoli, ma occorre determinare in alcuni casi anche l’ampiezza dei lati. Inoltre, per la precisione dei giunti, occorre che il valore di un angolo o di un lato sia stabilito con una misura precisa che possiamo confrontare con il digitus romano di 1,85 cm, o con l’analoga unità etrusca di 1,68 cm, come appare sui blocchi squadrati utilizzati per le tombe a dado del VI a.C. della necropoli di Cerveteri in località La Banditaccia e per un tumulo del VI a.C., della necropoli del secondo Melone del Sodo presso Cortona.
L'uniformità, la precisione e la diffusione geografica della tecnica utilizzata per erigere mura poligonali è il filo di Arianna che ci può fare risalire a quella grande civiltà che per qualche migliaio di anni, nella preistoria, ha dominato il bacino del Mediterraneo disseminandolo di proprie roccaforti e di cui purtroppo si è persa l'identificazione.Se dunque facciamo corrispondere questa misteriosa civiltà con la tecnica dei muri con elementi poligonali, possiamo immaginarne il declino nel III Millennio a.C. D'altra parte non conosciamo ancora il momento del suo inizio, che dovrebbe corrispondere non alla prima apparizione dell'opera poligonale ma almeno al primo utilizzo dell'opera megalitica sgrossata. Come fare per identificare questa civiltà? Un modo è di scavare nella letteratura antica. Vi sono molte strade che conducono a un unico nome: i Pelasgi che orbitavano intorno al Mar Egeo. Ma chi erano questi Pelasgi?Secondo Virgilio essi furono i primi abitatori della nostra penisola e per Strabone furono i fondatori di Caere, di cui abbiamo parlato a proposito di Pyrgi. Per Erodoto erano gli abitanti della Grecia prima dell'arrivo dei popoli di lingua ellenica,quando la regione si chiamava “Pelasgia”;successivamente,nel periodo classico,essi abitavano Lemno. Stranamente però una loro più precisa ubicazione è diversa per autori diversi. Nell'Odissea sono chiamati anche i “popoli di Creta”, intendendo ovviamente coloro che abitavano quest'isola prima dell'arrivo degli Achei, mentre nell'Iliade sono ubicati tra Tracia ed Ellesponto, ma poi la loro capitale viene considerata Larissa in Tessaglia, mentre nell'Epiro, a Dodona, si trovava un tempio dedicato allo Zeus pelasgico. Per Tucidide l’origine di Atene è pelasgica.Per giustificare tali diversità possiamo supporre che la civiltà che si serviva dei muri poligonali per difendere le proprie città abbia avuto un periodo di grande compattezza ed unità. Poi verso il 3000 o 2500 a.C. -solo per dare delle date indicative –questa unità si è persa, e ampie regioni si sono rese autonome: la Tessaglia, la Tracia, Creta e altre ancora. Tutti erano Pelasgi ma non c'era più il senso di una patria o un governo comune. Così, chi li voleva identificare si riferiva a popolazioni che forse rispecchiavano maggiormente il carattere antico dei Pelasgi o che l'autore, direttamente o indirettamente, conosceva meglio. È probabile che con la denominazione “popoli del mare” ci si riferisse a popoli che discendevano dai Pelasgi e che ne conservavano ancora le antiche abilità marinare.I Pelasgi erano sicuramente valenti marinai, ed è facile pensare che abbiano dominato tutto il Mediterraneo per millenni. In considerazione dello stato di avanzato progresso tecnico di questo popolo, essi potrebbero avere inventato, oltre alla metallurgia del bronzo, anche l’arte della navigazione. Il ragionamento si basa su alcuni punti di forza. Il mare Mediterraneo è l'ambiente ideale per fare sbocciare la navigazione. E più in particolare lo è il mare Egeo, dove diverse isole sono in vista dal continente, come avvieneper Egina, Angistri, Poros, Idra, Dokos, Spetses intorno alle coste dell'Argolide. Raggiungere queste isole poteva essere il modo di difendersi da aggressioni di altri popoli senza bisogno di erigere mura difensive.Quindi, forse non è del tutto casuale che la prima evidenza di un commercio marittimo venga proprio dall'Argolide e precisamente dalla grotta di Franchthi, che si affaccia sul golfo di Nauplia. In questa grotta, che è stata frequentata dall'uomo fin dal Mesolitico, è stata trovata ossidiana lavorata in uno strato datato intorno all'8500 a.C.. Le analisi petrografiche hanno dimostrato che questa ossidiana è provenuta dall'isola di Milo, che è distante 150 km. Negli stessi strati sono state trovati anche resti di pesci di grande taglia, che indicano una pesca d'altura. Infine, potrebbe essere non del tutto casuale anche il fatto che nell'entroterra che si affaccia sullo stesso golfo di Nauplia vi è la massima concentrazione di importanti città fortificate con mura megalitiche: in un raggio di appena 10 km troviamo Nauplia, Micene, Tirinto e Argo. Tucidide ci fornisce un dettaglio interessante: i Pelasgi si distinguevano per il fatto che costruivano le loro città che si trovavano in prossimità del mare con le mura fondate sulla spiaggia stessa. Questo dettaglio corrisponde a quanto è stato ricostruito per Pyrgi e forse anche per Orbetello.Questa civiltà delle città fortificate con mura megalitiche, che possiamo senza timori chiamare pelasgica, potrà continuare a svelare i suoi segreti se si svilupperà la volontà che ciò avvenga. In particolare l'archeologia subacquea potrebbe attivarsi per acquisire nuovi dati circa l'età delle prime mura poligonali. Dato che, a quanto pare, Orbetello è stata fondata al livello del mare durante lo stazionamento che il mare ha avuto a -4 m e questo ha permesso di attribuire a tale evento un'età di almeno 7360 anni circa, si potrebbe fare un piccolo passo verso la precisazione dell'inizio della civiltà pelasgica se si trovasse in qualche punto del Mediterraneo una analoga fortificazione fondata su un terreno alla quota del precedente stazionamento marino, cioè a -9 m, a condizione che l'area indagata possa essere considerata stabile. Magari potrebbe essere utile tener conto di quanto riferisce ancora Tucidide, secondo il quale i Pelasgi, per favorire i propri traffici, si erano insediati in corrispondenza degli istmi.Viene proposto infine che l'unità di misura riscontrata per le opere poligonali dell'Italia centrale e di Atene e Milo sia chiamata “dito pelasgico”.Magazine Cultura
Archeologia. Le mura dei Pelasgi, una tecnica architettonica millenaria.
Creato il 27 maggio 2014 da PierluigimontalbanoPossono interessarti anche questi articoli :
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