Dea Madre steatopigia
In alcuni post precedenti abbiamoparlato del Megalitismo definendolo un linguaggio architettonico neolitico,comune a molti popoli stanziati in aree geografiche notevolmente distanti fraloro.Esiste un altro filo conduttoreche unisce i popoli neolitici che, con varie caratteristiche, è ancorafortemente presente nel sentimento religioso dell’uomo contemporaneo, ossia il cultodella Dea Madre.Come nel caso del Megalitismo, anche per quando riguarda il culto della Dea la Sardegna, nonostante permoltissimo tempo sia stata considerata estranea allo sviluppo culturaleextrainsulare, è perfettamente allineata con il resto del mondo.Le bellissime statuine Sardetrovano corrispondenze stilistiche ed ideologiche nelle Cicladi, a Sparta (laSparta neolitica, non quella di epoca classica), a Malta, in Anatolia e nellapenisola balcanica.Il culto della Grande Dea èlegato all’opulenta cultura agricola del neolitico, quella che da moltistudiosi è considerata l’età dell’oro, come dimostrano le statuette cosiddette “steatopigie”(grasse) che rappresentano la divinità femminile nel suo ruolo di nutrice eportatrice di fertilità.La Dea viene immaginata nella sua carnalità, come nellafamosa Venere di Cuccuru s’Arriu, i suoiattributi sessuali sono enfatizzati con la rappresentazione dei grossi seni edegli abbondanti glutei; quindi è una divinità fortemente legata alla sferaterrena.L’artista ha però voluto esprimeanche il concetto che la carnalità della Dea è solo apparente, è un fenomenoche coinvolge solo una parte di essa (quello legato alla produzione agricola ealla sfera sessuale umana), infatti le sue forme così generose e terrene, contrastanocon l’espressione quasi ascetica del volto leggermente sollevato, con losguardo rivolto verso l’altrove, a significare che le sue radici sono daricercarsi nel mondo spirituale.I nostri progenitori vedevanonella donna un essere superiore e padrone della vita, la gravidanza era unmiracolo inspiegabile dal quale l’uomo era escluso.Anche le fasi della gravidanza,con la crescita graduale del ventre della donna, che dopo aver messo alla luceuna nuova vita torna alle sue forme di fanciulla, sono state associate allefasi lunari e ai tempi del raccolto.In molte culture la Dea eraconsiderata nella triplice forma di fanciulla, matura e vecchia, con chiaro riferimento alle fasi lunari e dellagravidanza. Anche la corrispondenza tra ilciclo mestruale, che avviene ogni 28 giorni, ed il mese lunare ha contribuito alegare indissolubilmente l’elemento femminile al nostro bellissimo satellite.La Dea era padrona della vita maanche della morte, era generosa con chi rispettava i precetti del culto espietata con chi li contravveniva.Chi mostrava crudeltà neiconfronti delle creature più deboli, cadeva sotto la sua maledizione,conosciuta nei secoli successivi col nome di “maledizione di Iside”.Era signora della morte anche inqualità di accompagnatrice e protettrice del defunto nell’aldilà, l’inumato nelsepolcro di Cuccuru s’Arriu teneva stretto in mano l’idoletto rappresentante laDea Madre, nella speranza che essa lo guidasse verso una nuova rinascita nelmondo ultraterreno.I defunti venivano posti inposizione fetale e cosparsi di ocra rossa, il colore della vita e del sangueche ricopre il neonato al momento del parto, esso era accolto nel grembo dellaTerra Madre ed era pronto a rinascere ad una nuova vita.La concezione dell’aldilà diquesti antichi uomini, ci fa capire quanto sia sbagliata la convinzione cheessi fossero dei selvaggi senza cervello, sicuramente ragionavano diversamenteda noi, però la cura verso i defunti e la loro tendenza verso la spiritualità èsintomatica di una grande civiltà.Il culto della Dea Madre ha attraversatoi millenni prendendo varie forme, dalla Ishtar assiro Babilonese, alla Astarte Fenicio-Cananea,ad Iside degli Egizi fino a Maria Vergine, mantenendo pur nel rispetto dellediverse religioni i suoi connotati di protettrice e consolatrice. Anche la Sardegna nuragicamantiene una forma di venerazione per l’elemento femminile, l'iconografia del bellissimo bronzetto raffigurante una donnacon in grembo una figura maschile non è molto diversa da quella di Iside chetiene in braccio Horus o a quella della “Pietà” di Michelangelo.La più conosciuta delle Dee Madriè appunto Iside, che assomma in se tutte le caratteristiche proprie delladivinità femminile, essa è doppiamente donatrice di vita, perché compie laresurrezione di Osiride-Orione ed è madre di Horus. Essa è anche una terribiledispensatrice di morte capace di spietate vendette, è più potente del padredegli Dei egizi, Atum-Ra, perché conoscendo i suoi 72 nomi ha la capacità diucciderlo.L’uomo, essendo cosciente delgrande potere del “Femminile”, una volta capito che il “miracolo” della nascitalo coinvolgeva da protagonista, ha cercato in tutti i modi di schiacciarlo e direnderlo subalterno a quello maschile.La Dea è divenuta sposa del Diomaschio, figlia del Dio padre o madre di quello che una volta nato divieneinfinitamente più importante di lei riducendola a semplice contenitoredella divinità.Quello del femminile è stato ilpiù antico e duraturo culto dell’umanità e, nonostante i tentativi (ancora inatto) tesi a distruggerlo, mostra tutt’ora la sua grande forza nascosto nellepieghe delle grandi religioni e nella tradizione ermetica.
Fabrizio e GiovannaRiferimenti bibliografici:Giovanni Lilliu: Arte e religione della Sardegna prenuragicaGiulio Malvani: Della Sapienzialità Templare