Archeologia subacquea postmedievale: problemi di approccio e status quaestionisdi Mario GalassoIntroduzioneIl consistente patrimonio archeologico sommerso, in specie del Mediterraneo, nell'immaginario collettivo è sempre stato rappresentato da galeoni pieni di tesori, o navi romane colme di anfore fino al nascere della disciplina (o meglio delle tecniche) dell'archeologia subacquea. Il fascino dei ritrovamenti di tumuli di anfore, ormai pallido ricordo per i più anziani, ha messo in seconda luce il patrimonio costituito dai relitti di epoca rinascimentale e postmedievale in genere, e se si eccettuano i recuperi saltuari di cannoni e ancore ammiragliato, effettuati nella quasi totalità solo per costituire arredo urbano di caserme e comuni nelle località di villeggiatura, o per adornare giardini di ville esclusive, solo da poco tempo si è assistito a qualche tentativo di salto di qualità, applicando le metodiche proprie dello scavo stratigrafico anche a contesti sommersi di età moderna.
Manca tuttora la pubblicazione di un regesto di tutti i relitti postmedievali scoperti, sulla falsariga dell'ormai celebre e quasi introvabile lavoro del Parker sui relitti antichi del Mediterraneo; chi volesse saperne qualcosa deve cercare su varie fonti, disperse e spesso di difficile reperibilità. Inoltre non c'è molta comunicazione e scambio di informazioni fra chi si interessa di questa particolare problematica a causa del tono minore con cui viene in genere trattata la materia, eccezion fatta per i più importanti cantieri degli ultimi anni, che hanno attirato l'interesse dei mass media per la spettacolarità delle ricerche. Queste brevi note vogliono quindi dare un panorama della situazione articolata che oggi abbiamo nel sud Europa, area alla quale l'Italia appartiene e nella cui cerchia scientifica agisce. Solo un punto di partenza, che dovrà essere seguito, nelle intenzioni dello scrivente, dalla disamina dello stato dell'arte nel centro-nord Europa, nelle Americhe ed in Asia al fine di fornire spunti per chi desidera approfondire la conoscenza della materia. Per questo, contrariamente al solito, si è preferito non seguire lo schema solito della bibliografia e delle note separate, ma si è dato un taglio molto pratico al lavoro, fornendo indirizzi dove reperire testi e nomi dei più conosciuti addetti ai lavori ed i loro recapiti ufficiali.
Che cos'è l'archeologia subacquea postmedievaleForchetta cronologica e problemi connessi
Occorre dire che sotto il nome di questa materia si raggruppa una congerie di discipline, spesso lontane fra loro; il termine stesso farebbe supporre una cesura col medioevo, che per convenzione si chiude col 1492, ma che invece assume un senso più vago in questo campo: è "medievale" un'imbarcazione costruita prima di tale data ma affondata nel secolo XVI inoltrato ? Certamente in tal caso i piani di costruzione sono da ritenere tardomedievali, mentre il relitto, che non è la sola imbarcazione, ma tutto l'insieme costituito dalla nave, dal suo carico, dalle attrezzature, contenitori, oggetti personali e arredi vari è un insieme chiuso al momento del naufragio, da sottoporre ad indagine stratigrafica come un qualsiasi manufatto edile antico con una data di edificazione, un intervallo di utilizzo con fasi deposizionali ed eventuali interventi di riadattamento e restauro, ed una data di obliterazione. Pedanterie? Probabilmente, ma interessano per un motivo: mentre le cose trasportate sono più facilmente databili in quanto in genere si ritrovano in condizioni di leggibilità durante lo scavo, i resti delle navi non lo sono altrettanto, per le dimensioni, per il collassamento dello scafo, per la mancanza (quasi sempre) dell'opera morta, che è quel complesso di strutture che in navigazione è fuori dal pelo dell'acqua e che ci fa immediatamente identificare il tipo di natante. E' la medesima situazione dello scavo terrestre quando in presenza di rasature di muri ci si interroga sull'elevato mancante e magari sulla forma che avevano le finestre. Inoltre le navi differiscono da posto a posto, da epoca ad epoca; vari relitti di provenienze e cronologie diverse e lontanissime fra loro molto spesso coesistono in un ristretto specchio d'acqua, talvolta sovrapponendosi fisicamente ed imbarazzando lo scavatore con la commistione di reperti (celebre l'errore di Benoit). L'architettura navale è dipendente dal tipo di navigazione (di cabotaggio o d'altura), di stazza (correlata col tipo di navigazione), di utilizzo (in mare o acque interne), di destinazione d'uso (commerciale o da guerra), di propulsione (a remi, mista a remi e vela, solo a vela, a motore e vela, solo a motore, tralasciando le distinzioni per queste ultime), e varia come già detto in funzione del tempo e dei luoghi, influenzata dalle consuetudini locali e dalle tradizioni. E ancora, il termine "postmedievale" comprende o esclude i relitti più recenti? L'800 è incluso? Le navi a vapore sono comprese? Esiste tecnicamente un termine ante quem alla ricerca archeologica subacquea, o dobbiamo fissarlo noi per comodità di lavoro? In parole povere, il relitto del Titanic può essere compreso nella ricerca, o le immersioni ad alta profondità per documentarne lo stato sono soltanto uno scoop senza interesse per noi ? Si tratta quindi di definire il concetto stesso di archeologia subacquea postmedievale. La legge italiana tutela le cose di interesse storico o artistico che hanno almeno 50 anni; quindi anche i relitti del periodo bellico che sono di interesse storico (nessuno, credo, lo può contestare). In Asia abbiamo l'esempio della flotta giapponese affondata nella laguna di Truck, che è adesso un intoccabile museo sommerso. D'altro canto si opina che un conto è scavare un relitto di 25/30 metri ed un altro un piroscafo in ferro di 200 metri. L'attuale tendenza, non codificata ma osservata in quasi tutto il mondo, è di fermarsi al tardo '800 per lo scavo stratigrafico (vari esempi in U.S.A.), mentre gli scafi più recenti costituiscono "ancora" dei sepolcri per le vittime del naufragio, e pertanto da rispettare con la consueta pietas salvo casi particolari e famosi: vedasi ancora il Titanic, da cui nel 1987 sono stati asportati cassaforte, oggetti personali dei passeggeri e materiale di bunkeraggio (piatti, cristallerie, posate, ecc), non solo dal sempre vituperato Ron Ballard, che anzi vi aveva deposto una lapide nel 1985, ma dai francesi dell'Ifremer, a fini meramente commerciali, con operazioni che non possono assolutamente essere etichettate come archeologiche, anche se altamente impegnative sotto il profilo tecnico. Invece le pericolose immersioni di sub italiani sul relitto del sommergibile Scirè, affondato nel Medio Oriente durante l'ultima guerra, hanno avuto come obiettivo l'omaggio alla memoria dei caduti ed il recupero di pochi oggetti emblematici da consegnare a custodi ufficiali. Quindi se ne desume che la predetta pietas verso le vittime del mare per alcuni è un fatto personale, per altri un'opinione altrui, mentre per l'archeologo subacqueo può essere una imbarazzante realtà, come ben sa Mensun Bound, archeologo delle isole Falkland, che in Venezuela ha scavato un trasporto truppe affondato a bassa profondità a Punta del Este nel XVII secolo lavorando fra circa 600 scheletri di soldati spagnoli ancora parzialmente vestiti.
Cosa e come guardare
Attualmente le immersioni su relitti moderni vengono organizzate da centri d'immersione sportiva e da associazioni di subacquei per l'aria di fascino e mistero che le navi affondate presentano; spesso delle stesse si conosce la storia più o meno tragica, ma per la quasi totalità non si va più indietro dell'epoca della prima guerra mondiale. Ancora, al contrario di ciò che succede nei mari di molti paesi africani, dove è anche pericoloso per la propria incolumità impossessarsi di qualche piccolo reperto per le leggi draconiane imperanti, qui nel Mediterraneo nessuno si scandalizza per un piatto "recuperato" in un relitto ottocentesco, che non viene caricato di valenze storiche.
Tornando alle molte discipline interessate da questa branca dell'archeologia subacquea, tralasciando tutte quelle comuni alle altre (come dendrocronologia, palinologia, ecc.) si può citare quella relativa allo studio della nave in sè: ciò comporta collateralmente all'indagine archeologica una ricerca d'archivio non solo della tipologia dello scafo, ma anche del nome stesso della nave e quindi del porto di partenza e di destinazione dell'ultimo viaggio, con eventuale consistenza e composizione dell'ultimo carico trasportato. Infatti a partire da date più o meno varianti entro il XVI secolo gli archivi di Spagna, Francia, Inghilterra, Portogallo, delle città della Lega Anseatica, delle repubbliche marinare italiane e poi di vari stati sempre italiani hanno conservato una miriade di notizie, e la difficoltà è data proprio dalla mole del materiale. Il discorso diviene molto più complesso quando si tratta di imbarcazioni di provenienza nord africana o medio orientale per la mancanza di dati o per impossibilità di accesso agli stessi; poco qui si sa degli archivi turchi, anche se l'impero ottomano aveva una burocrazia asfissiante.
Si studia come di consueto tutto il materiale funzionale alla navigazione (manovre, strumenti di bordo, ecc.) ed alle funzioni commerciali o belliche o, in molti casi, miste. Ma con costante frequenza si trovano armi da fuoco di piccolo e grosso calibro, munizioni, armi bianche, armature. Tutto ciò fa differire questo tipo di ricerca da quello relativo a contesti classici, dove generalmente abbiamo un più ristretto margine di raccolta dati e dove non esistono archivi navali da consultare.
Il quadro è complicato dal fatto che con l'epoca moderna le navi hanno allargato gli ambiti dei loro viaggi, e perciò nei contesti si può trovare materiale ad alta dispersione di provenienza, il che suppone molta preparazione nel ricercatore in un settore alquanto negletto anche dall'archeologia ufficiale. Non a caso se pochi sono i medievisti, pochissimi sono gli archeologi che si dedicano a contesti moderni; perciò si può affermare ad esempio che per i paesi mediterranei ricchi di antichità (con l'eccezione di Francia e in parte Italia) nel settore dell'archeologia subacquea postmedievale siamo ancora agli inizi in quanto a preparazione scientifica degli addetti ai lavori, e non si avvertono segni di cambiamento.
Definizioni, ambiti e limitazioni
Dato che a questo punto, per poter continuare, abbiamo bisogno di chiarire e delimitare gli ambiti entro i quali queste tecniche (o discipline) devono applicarsi, potremo temporaneamente definire l'archeologia subacquea postmedievale come quella branca dell'archeologia subacquea che utilizzando le tecniche dello scavo stratigrafico studia i giacimenti antropici sommersi o situati in zone umide, costituiti da insiemi chiusi formati e stratificati nel tempo a causa di naufragi, spiaggiamenti, variazioni di livello delle acque, e le opere dell'uomo edificate per essere sommerse (dighe, porti, ecc.) che coprono un arco temporale che va dalla fine del XV secolo fino alla fine del XIX secolo, presi come termini di comodo non tassativi. Come si vede usiamo il termine "temporaneamente", perchè nulla vieta di apportare delle modifiche qualora la situazione lo richieda.
Nella dizione "giacimenti antropici sommersi" sono quindi comprese oltre ai relitti di navi le costruzioni fisse e i loro resti, come strutture portuali, opere idrauliche ed edilizie in genere, le discariche portuali e tutto quanto di competenza dell'archeologia subacquea. Come per questa, si applica il metodo dello scavo stratigrafico, salvo le eccezioni costituite dai relitti più recenti ed in buono stato di conservazione, dove lo stesso va integrato con nuove tecniche di indagine, particolari per la natura del contesto. Ci si vuole riferire a scafi in ferro di grandi dimensioni, con elevato residuo di opere morte a copertura degli interni. In questo campo sono più avanti nella ricerca gli statunitensi.
Sul termine temporale post quem occorrerà definire se cosa intendiamo per fine del medioevo in Italia è valido ad esempio per l' Asia o l'Africa ed i loro giacimenti sommersi. Lasciando da parte i raffronti fra le diverse concezioni culturali di medioevo, in questa fase di studi considereremo la fine del XV secolo come la datazione più comoda per iniziare a considerare il nostro campo di ricerca, scegliendo il concetto di cronologia rispetto a quello di cultura per motivi di mera praticità; ciò non toglie che potremo definire "di tradizione medievale" un contesto posteriore a tale data.
Sul termine cronologico finale di interesse della disciplina, avendolo fissato alla fine del XIX secolo sulla falsariga dei colleghi americani, occorre stabilire sotto cosa ricade ciò che va da tale data a 50 anni da oggi. Si può parlare di archeologia subacquea moderna? Il termine è un calembour, e si preferisce abbandonare temporaneamente la questione in attesa di altri contributi alla discussione. Certo è che occorre pensare che fra poco cambierà secolo, e le ricerche d'archivio sui relitti del primo '900 fra un pò non basteranno più.Modelli culturali e applicazioni pratiche Le grandi aree culturali
Anzitutto va chiarito che non esiste un unico consesso scientifico mondiale a cui fare riferimento, bensì vi sono varie aree culturali omogenee, con fini, orientamenti, e problematiche diverse che dipendono in larga parte da due fattori: la situazione geografica, con sviluppo di civiltà marinare diversificate nel tempo, e l' indirizzo socioculturale che ha segnato profondamente i percorsi conoscitivi e di ricerca. Talvolta ricercatori di un'area (non possiamo dire più avanzata, ma con interessi, obiettivi, metodologie e tecnologie diverse) si spostano in un'altra, portando con sè i propri metodi, creando fallout scientifici e/o dissensi a seconda delle situazioni, perchè le legislazioni divergono da paese a paese nello stabilire modalità di ricerca e destinazione del materiale recuperato. Vi è poi il problema costituito dai ritrovamenti in acque internazionali, che sottostanno alle norme del diritto internazionale, e che spesso danno luogo a lunghi contenziosi. Questo a causa delle interpretazioni nazionali delle convenzioni di Ginevra del 1958 e di Montego Bay del dicembre 1982. Per quest'ultima la ricerca archeologica subacquea è "un'attività di sfruttamento delle risorse della piattaforma continentale volta al recupero di oggetti che contribuiscono ad arricchire il patrimonio culturale di una nazione". Come si vede, il concetto è ancora dello sfruttamento e del recupero, non dello studio!
Grosso modo per comodità di comprensione possiamo identificare le seguenti grandi aree culturali, beninteso ai soli fini della ricerca archeologica subacquea:
- sud Europa e centro-nord Mediterraneo
- Germania, Paesi Bassi, Inghilterra
- Danimarca, Scandinavia
- Stati Uniti d'America, Canada, Golfo del Messico
- America Latina
- Asia centromeridionale (Borneo, Brunei, Malesia, India)
- Cina, Giappone
- Australia, Nuova Zelanda, Pacifico centro-meridionale.
Ogni area ha problematiche diverse dalle altre, e situazioni particolari che influenzano ed indirizzano verso ricerche e strumenti metodologici differenti; come sopra detto, spesso su richiesta degli stati interessati, dalle prime quattro aree alcuni ricercatori si trasferiscono nelle altre lavorando quasi sempre su relitti postmedievali.
La situazione nel sud Europa e nel Mediterraneo
Una grande area si identifica con il sud dell'Europa, e comprende Portogallo, Spagna, Francia, Italia, Grecia, ed ultimamente ex Yugoslavia, Turchia e Ucraina, coprendo il centro nord del Mar Mediterraneo ed il Mar Nero. Ai margini di questa, con commistioni anglosassoni, vi è Israele. Ne restano fuori Siria, Libano, Egitto ed i paesi del Magreb che solo da poco si affacciano sulla scena (Egitto e Tunisia), generalmente affidando le rare operazioni di ricerca ad archeologi stranieri. La normativa sulle ricerche in mare e sul materiale ritrovato è abbastanza omogenea, e di massima dichiara che lo stesso è di proprietà dello stato. Generalmente la ricerca archeologica subacquea e talvolta l'immersione stessa sono vietate. Premi diversificati vengono spesso concessi agli scopritori se non professionisti del settore. In questa vasta zona sono stati studiati finora i contesti più antichi per la particolare ricchezza di presenze, e solo da poco si è iniziato ad indagare relitti ed aree sommerse "recenti". Manca di massima (per quasi tutti i paesi segnalati) un interesse sul postmedievale in quanto per antico retaggio gli studi sono sempre stati indirizzati nel settore umanistico che ha trascurato il postclassico. Solo da qualche anno alcuni (pochi) archeologi hanno effettuato scavi e pubblicato contesti. Sono rare però le pubblicazioni da prendere come riferimento, ed è mancato anzi un cantiere scuola da prendere ad esempio come per scavi terrestri. In rari casi le ricerche fanno parte di piani organici con finanziamenti statali, e sovente si ricorre a sponsor privati o pubblici ed autofinanziamenti. Tra i predetti, i paesi che hanno attivato ricerche postmedievali subacquee sono Portogallo, Spagna, Francia, Italia, ex Yugoslavia, mentre non si conosce l'attività degli altri.
Francia
Si dà di seguito un breve cenno largamente incompleto su quanto fatto negli ultimi anni, iniziando dalla Francia, che obiettivamente va portata ad esempio in quanto ha posto sullo stesso piano di dignità relitti classici e moderni, in quanto contesti chiusi che identificano produzioni e tecniche di costruzione. Nel passato le notizie venivano edite sulla rivista "Gallia" e supplementi relativi; dal 1992 il Dipartimento di ricerche archeologiche sottomarine, Sottodirezione dell'Archeologia, Direzione del Patrimonio, meglio conosciuto come DRASSM e diretto (in modo molto efficiente ed informale) da Patrick Grandjean ha annualmente pubblicato il resoconto delle campagne di prospezione e scavo effettuate in tutti i mari e le acque interne di pertinenza francese; sono segnalati in breve riassunto i risultati delle prospezioni e scavi su molti relitti di epoca moderna e contemporanea, nonchè su strutture sommerse in acque marine ed interne. Oltre che per il Mediterraneo e la costa atlantica, è illustrato il lavoro fatto nei territori d'oltremare (Guadalupe, Martinica, Mayotte), nonchè le ricerche effettuate per altri paesi. Eclatante e da segnalare, lo scavo diretto da Michel L'Hour nel cantiere subacqueo più grande del mondo a La Hugue (costa atlantica francese), dove si combattè una battaglia navale nel 1692 fra le flotte francese ed inglese, e dove i galeoni sono affondati in linea di battaglia. Lo stesso archeologo è attualmente impegnato nel Brunei dove sta conducendo i lavori su un grande relitto della fine del XV secolo a 60 metri di profondità, con un enorme carico di porcellane cinesi e vietnamite, e del quale ha dato i primi risultati scientifici nel corso di questo anno. Inoltre, interessanti le ricerche sul Magenta, nave ammiraglia francese affondata per un incendio seguito da esplosione nella rada di Tolone il 31 ottobre 1874 con un carico di pezzi archeologici fra cui oltre 2000 stele puniche prelevate a Cartagine e in gran parte recuperate già nell' 800, e le campagne sull'incrociatore sudista Alabama, colato a picco il 19/6/1864 a 50 metri di profondità al largo di Cherbourg (Normandia). In Italia sono più conosciuti i lavori fatti sul Giasone, brigantino francese affondato il 19/11/1834 al Grand Rouveau (Tolone) e detto il "relitto delle medaglie" e quelli più antichi di Villefranche sur Mer: il ligure Lomelina affondato nel 1516 ed il Sainte-Dorothea, nave danese costruita in Germania e affondata nel 1693. Quasi tutte le ricerche sono effettuate con fondi pubblici. L'organizzazione francese di un dipartimento dedicato interamente ed unicamente all'archeologia subacquea permette di avere le notizie anno per anno e concentrate in poche pubblicazioni gratuite; altro è il resoconto di scavo, che normalmente viene presentato a tarda primavera nel corso di due Journèe DRASSM a Marsiglia, e che permette l'aggiornamento degli addetti ai lavori.
Sempre in Francia, J.P. Joncheray pubblica ormai da molti anni i "Cahiers d' Archèologie subaquatique", giunti al numero XIII, ed altri numeri unici nei quali sono riportati gli scavi effettuati in Mediterraneo su contesti anche postmedievali, fra i quali si segnala ad esempio il relitto Chrétienne K, della fine del XVII secolo o il "latino" carico di ardesia colato a picco alla fine del XVIII secolo all'isola Gallinara. Inoltre, lo stesso Joncheray edita una serie di numeri unici dal titolo cumulativo "Livre des épaves", in cui illustra centinaia di naufragi sulle coste del Mediterraneo francese ed in Corsica dal 1850 ad oggi, comprendendovi anche gli aerei precipitati in mare, con estrema dovizia di particolari, foto d'epoca, foto subacquee, notizie storiche e stato dei relitti stessi.
In sintesi, la Francia è il paese più avanzato in questa area culturale; qui si formano anche tecnici di altri paesi partecipando a scavi e collaborando nella ricerca.
Portogallo
In Portogallo solo recentemente è stata avviata una attività metodica di ricerca a cura del Museo Archeologico Nazionale di Lisbona e del Centro de Estudios Arqueonautica, diretti da Francisco G.S.Alves. Notevole il lavoro (inizio anni '90) sul relitto dell'ammiraglia francese Océan con 80 cannoni in bronzo affondata nel 1759 lungo la costa sud del paese: al termine dei lavori di prospezione e scavo il Centro ha montato un percorso attrezzato con guide-line e pannelli esplicatori sul modello di quello italiano di Punta Gavazzi ad Ustica, per rendere fruibile e visitabile il complesso, sul quale sono stati lasciati cannoni di vario calibro ed attrezzature di bordo, esempio museale a cui fare riferimento. Inoltre per legge dal 1992 si effettuano interventi di archeologia subacquea preventiva. Il Centro edita saltuariamente una pubblicazione, il "Correio de Arqueonautica" (nel n.2, 1 sem. 1995, è segnalata la scoperta di un relitto del secolo XV sulla costa di Aveiro).
Spagna
In Spagna finora non si è attivato, per quanto risulta allo scrivente, un interesse marcato per questo settore, e non si ha notizia di pubblicazioni particolari e periodiche. Sono stati rilevati alcuni relitti, ma ancora le notizie stentano a filtrare all'estero. Lo scavo di una baleniera basca del sec. XVI è stato fatto fuori dalle acque nazionali, in Labrador (Canada); nel 1982 si tenne a Cartagena il VI congresso internazionale di archeologia subacquea, e fra tante relazioni nessuna si riferì a relitti più recenti dell' alto medioevo, salvo alcune note d' archivio su navi estensi. Contestualmente fu inaugurato il museo archeologico, che tuttora conduce una vivace attività nel settore subacqueo, ma indirizzandosi all'antichità. Nel 1992 a Girona è nato il Centro di archeologia marina della Catalogna, in breve CASC, diretto da Xavier Nieto, con pochissimo personale ed una nave attrezzata, ma finora anch'esso si è occupato di contesti antichi.
E' da segnalare una pubblicazione di Mitchell W. Marken relativa alla ceramica di bordo proveniente da 18 relitti spagnoli, siti però nel nuovo mondo, che può rivelarsi utilissima per lo studio di contesti analoghi a noi vicini.
Italia
In Italia alcuni archeologi hanno mostrato sensibilità per il settore: si citano fra i pochi Donatella Salvi per la Sardegna (Soprintendenza Archeologica di Cagliari e Oristano), Alice Freschi (Cooperativa Acquarius, Milano) per alcuni lavori in Sicilia e nell'Adriatico, Edoardo Riccardi (libero professionista) per i lavori fatti anche in collaborazione coi francesi, e per il suo recente contributo all'identificazione di provenienza savonese di un gruppo di ceramiche graffite a stecca da un relitto a Castelsardo. Il Ministero dei Beni Culturali attraverso lo STAS (Servizio Tecnico Archeologia Subacquea) diretto da Claudio Mocchegiani Carpano non mostra particolare sensibilità per il settore, forse per la ridondante ricchezza archeologica del nostro paese, e le Soprintendenze, atavicamente senza fondi, preferiscono destinare i pochi mezzi al patrimonio "classico", tranne alcune eccezioni, fra cui Sardegna, Sicilia e Veneto; non ci sono molti scavi moderni, a parte quello strombazzato dell' Emma, il cutter di Garibaldi (noto gran maestro massone, ma figura venerata ed intoccabile in Italia almeno in questo secolo) che non ha portato alcun risultato scientificamente rilevante. Da qualche anno sempre in Sardegna si conducono ricerche su relitti di fine medioevo nell' algherese, ma mancano come sempre le pubblicazioni delle relazioni di scavo. I resti di un relitto del XVIII secolo sono stati da pochissimo segnalati da chi scrive nella stessa zona, che si dimostra sempre più interessante. Le potenzialità insite in carichi di ceramiche siciliane e napoletane scoperti nel sudest sardo sono state sprecate con leggerezza, omettendo di impiantare cantieri efficienti e modernamente attrezzati, e procedendo in genere solo a recuperi. Un discorso a parte merita il lavoro condotto dal Centro Tecnico per l'Archeologia Lagunare diretto da Luigi Fozzati della Soprintendenza di Padova che con uno staff di primordine (tra cui Marco D' Agostino) conduce da anni prospezioni e scavi nella laguna veneta, nella stessa Venezia e nei laghi perialpini. I risultati stanno nelle imbarcazioni tardo e postmedievali ritrovate, alcune delle quali di tipo praticamente sconosciuto finora dal punto di vista costruttivo (una nave tonda da trasporto lunga 24 metri e larga 6, ed una galea lunga m 38 e larga m 5), e nella prospezione con mezzi moderni ed aggiornati di vaste aree umide ed attualmente sommerse, ma fortemente antropizzate dall'antichità fino all'epoca moderna. Purtroppo non si hanno finora molte notizie al di fuori di scarne comunicazioni, e lo stesso Bollettino ministeriale non ci è di molto aiuto. D'Agostino è inoltre il responsabile scientifico di un benemerito corso di archeologia e storia navale, giunto quest'anno alla quarta edizione, che si tiene a Cattolica (Rimini) su barche d'epoca a vela, a cura dell'ISTIAEN, Istituto Italiano di Archeologia ed Etnologia Navale, che ha come fine lo studio dei problemi pratici di navigazione della marineria antica, senza la cui conoscenza la formazione di un archeologo subacqueo è carente. Nell' Adriatico centrale, sia sulla costa italiana (Pesaro) che su quella ex yugoslava (Isole della Luna) si ha notizia di ricerche su navi dei secc.XVII e XVIII, conosciute più per i filmati che la TV ogni tanto manda in onda perchè fà audience, che per le introvabili pubblicazioni delle relazioni di scavo. In Sicilia, vicino Ragusa, un relitto con un carico di pietra asfaltica naufragato nel 1875 è stato ultimamente studiato da Giovanni Di Stefano (direttore del Museo Regionale di Camarina) e presentato al XII convegno di Naxos del 1997, mentre a Sciacca Gianfranco Purpura (Università di Palermo) ha potuto studiare i resti ed i cannoni in bronzo di una nave di Francesco I di Francia (1515-1547).
A parte quanto sopra detto, l'Italia è interessata da una serie di attività di ricerca a macchia di leopardo, che paiono per lo più indirizzate a ritrovare bei cannoni, sull'esempio dello scempio sardo di Piscinas (Sardegna), dove (secondo notizie giornalistiche di circa quattro anni fa su Archeologia Viva ), a cura dei sommozzatori di una delle numerose forze di polizia che operano nel nostro paese alcune bocche da fuoco, grosse ancore et similia furono spostate e disposte in modo coreografico sul fondale per creare una specie di wunderkammer, alterando quindi in modo irreversibile dei contesti postmedievali, così come già successo in passato per il relitto settecentesco dell'Isola Piana (Alghero), da cui furono asportati i cannoni con grande codazzo di autorità per portarli ad arrugginire (senza averli mai restaurati o almeno desalinizzati) sulla piazza di Fertilia.
Fortunatamente l'Associazione Italiana Archeologi Subacquei (AIA Sub) dal 1/1/1995 pubblica un bollettino quadrimestrale in cui dà conto di tutto quanto succede nel settore, compreso il periodo postmedievale, e nel 1996 ha organizzato, a distanza di molti anni dal precedente, un congresso nazionale di archeologia subacquea in cui sono stati presentati vari lavori interessanti. Sempre nel 1996 si è svolto presso la Certosa di Pontignano (Siena) un seminario settimanale a cura della Summer School dell'Università di Siena dedicato all'archeologia subacquea, che ha dedicato molte relazioni a temi postmedievali; fra le varie, quelle di vari archeologi stranieri (fra tutte, Gawronski, sul relitto dell' Amsterdam del 1749); gli atti dovranno costituire l'indispensabile libro di testo per chiunque vorrà occuparsi della materia, dato che un evento simile non era mai successo in Italia e difficilmente si può pensare ad un bis.
Le fonti bibliografiche italiane sono diversificate ed eterogenee: d'ufficiale c'è molto poco, e datato, se ci si riferisce ai 3 supplementi del Bollettino d'Arte dedicati al tema, ed alla nuova serie iniziata con un flop (un famigerato numero zero, molto criticato); aiuta molto la lettura di riviste del settore (Archeologia Viva, Archeo, e talvolta Sub) che riportano in genere notizie succinte su scoperte e campagne di scavo; le riviste di subacquea però sono più indirizzate alla segnalazione di relitti recenti e "leggibili" per il sub medio, e perciò raramente utili per l'archeologo. Per quanto riguarda l'architettura navale, Furio Ciciliot ha pubblicato un documentato libro sulle tipologie di navi ed imbarcazioni liguri fra XV e XVI secolo che aiuta molto, ma a parte alcuni testi su navi di altre zone (Venezia, Pisa), si attende ancora la pubblicazione dei dati relativi alla gran parte del nostro passato patrimonio nautico. Due anni fa il giornale mensile della Lega Navale Italiana ha riportato un articolo con schemi e piani di costruzione delle imbarcazioni tipiche sarde di piccolo tonnellaggio.
Nel 1993 è stato pubblicato in tre volumi dalla IRECO un "Atlante archeologico dei mari d'Italia" distinto per regioni, che comprende anche ritrovamenti postmedievali, ma essendo sprovvisto di bibliografia sito per sito è poco utile ai fini di studio e in fondo è fuorviante perchè non sono controllabili le notizie fornite.
Forse la pubblicazione più utile è la "Guida europea ai Musei del Mare del Bacino Mediterraneo", a cura di M.M. Maffei, edita dalla Commissione delle Comunità Europee, D.G.XXIII, Ministero del Turismo e dello Spettacolo, Roma, e distribuita gratuitamente. Attraverso i musei elencati si può prendere contatti con le realtà locali ed avere aggiornamenti più rapidi.
Ed infine, ai primi di ottobre, con cadenza annuale da 12 anni, si tiene a Giardini di Naxos (Taormina) un convegno dedicato all'archeologia subacquea che dibatte anche temi postmedievali. E' frequentato da studiosi italiani e stranieri, ed è l'omologo italiano delle journèe DRASSM francesi, ma dopo la scomparsa del suo ideatore Pancrazio Tornatore, la sua prosecuzione è incerta per problemi di bilancio; inoltre gli atti (parzialmente) editi si sono fermati al 1991.
Ex Yugoslavia
Il patrimonio di navi postmedievali affondate lungo la costa adriatico orientale può essere ben rappresentato dal relitto della Gazana, grossa nave da carico veneziana affondata nel XVII secolo nell'arcipelago delle Isole della Luna presso Biograd, e conosciuta dagli anni '60. Diretta a Costantinopoli con un carico di vetri muranesi e lampadari di fabbricazione tedesca, è stata scavata a varie riprese, ma il grosso del lavoro sembra ancora da fare. Non si hanno molte notizie in merito, nè si riesce a conoscere i resoconti di scavo, estremamente importanti per la storia della produzione e commercio del vetro. Le notizie filtrate non sono controllabili; la grande potenzialità della zona è per ora ancora da sfruttare, a causa dei guasti prodotti dalla guerra. Per la stessa ragione non si è in grado al momento di fornire alcun riferimento a persone, istituti e pubblicazioni.
Grecia
Per la Grecia non si hanno notizie recenti di attività. Esiste una pubblicazione ufficiale ("ENALIA") dell'Istituto Ellenico per l'Archeologia Marina, che però non parla di postmedioevo; più interessanti sono gli atti dei simposi "TROPIS", che si tengono annualmente da sei anni e per i quali sono stati pubblicati gli atti dei primi quattro: trattano problemi di architettura ed archeologia navale dall'antichità all'età contemporanea, e richiamano i soliti noti, nel senso che i convegni sono affollati di studiosi italiani, francesi, inglesi, spagnoli che portano le loro esperienze. Tra i tanti lavori qualcuno riguarda sempre il nostro campo d'interesse.
Est Mediterraneo
Per quanto attiene all'est del Mediterraneo l'interesse degli archeologi locali sembra sempre orientato sull'antichità classica, e non risultano allo scrivente notizie particolari da riportare. Nel Museo di Archeologia subacquea di Bodrum (Turchia) diretto da Oguz Alpoezen i reperti arrivano all'XI secolo d.C. (relitto di Serce Liman).
Per Israele medesima situazione, con presenze di porti dei crociati, e mancanza di ricerche su periodi più recenti. Ci si può riferire ad Avner Raban che scava Cesarea per informazioni più dettagliate su eventuali presenze di contesti postmedievali subacquei.
Per l'Egitto, il riferimento d'obbligo è Jean-Yves Empereur, che scava nel porto di Alessandria e che ha riferito recentemente di cimiteri di navi fuori del porto, ma che si dedica all'antichità classica.
(*) Conscio del fatto che le notizie fornite sono incomplete (non sarebbe bastato un volume), l'autore si scusa fin da ora per le omissioni; dato che le informazioni sui lavori in corso non sono sempre facilmente reperibili, il lettore a conoscenza di scavi, dati bibliografici ed ogni altro elemento utile è invitato a fornire le notizie in suo possesso alla redazione della rivista al fine di aggiornare la situazione e di creare se possibile una banca dati a disposizione di tutti.
Fonte: http://web.archive.org/web/20071107022606/http://www.archaeogate.org/subacquea/article/79/1/archeologia-subacquea-postmedievale-problemi-di-approcc.html
in: Archeologia Postmedievale 2, a. 1998, Firenze 1999, pp. 177-186
Magazine Cultura
Archeologia subacquea postmedievale: problemi di approccio e status quaestionis
Creato il 16 dicembre 2015 da PierluigimontalbanoI suoi ultimi articoli
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