Fino al 1500 a.C. circa, nel Mediterraneo vigeva la talassocrazia minoica, un potere marittimo di matrice cretese che distribuiva merci pregiate attraverso una fitta rete di porti e approdi amministrati pacificamente. All’inizio della seconda metà del millennio, sono gli Achei a prendere il loro posto. Guerrieri e marinai, queste genti di stirpe greca si organizzano in potenti città-Stato fra cui spicca Micene, tanto che per questo sono chiamati anche Micenei. Delle loro imprese militari e dei loro viaggi nel Mediterraneo si conserverà traccia nella mitologia greca e nei poemi di Omero, ma lo svolgimento della loro vita quotidiana è testimoniato nelle numerose tavolette d’argilla rinvenute nei loro palazzi.Le loro vicende possono risalire all’inizio del II Millennio a.C. quando genti provenienti da nord s’insediano nella penisola greca, precedentemente abitata da gruppi di pastori e agricoltori. Nel giro di pochi secoli danno vita a numerosi insediamenti e raggiungono, grazie anche all’influsso della più avanzata civiltà minoica, un rilevante grado di potenza e sviluppo. Intorno al 1500 a.C., approfittando del declino del potere minoico, i più intraprendenti iniziano ad amministrare la rete commerciale, insediandosi nelle città-palazzo di Creta, quali Cnosso e Festo, e attivando
una potente flotta, con base militare a Micene, che in breve tempo domina il Mediterraneo. Il nome di quel popolo, come ci testimoniano i documenti ittiti ed egizi, èAkhiyawa. Sono gli Achei di cui parla Omeronei suoi poemi, definiti anche micenei.
Di origine indoeuropea, portano nel mondo greco alcune novità importanti: la lingua, innanzitutto, che è già greca, il culto del dio del cielo, una nuova tecnologia nella lavorazione del metallo e una ferrea organizzazione sociale e politica. Sulle popolazioni micenee, raggruppate in medie organizzazioni statali, regna un sovrano (wanax), affiancato da una burocrazia di corte e militare; a capo dell’esercito è il generale (lawaghetas), scelto tra le famiglie aristocratiche (lawoi). Ai margini della piramide del potere c’è il popolo (damo) di agricoltori e artigiani, e infine gli schiavi (doeroi). Soltanto agli aristocratici è concesso possedere terre e bestiame; il popolo, come nell’Europa medievale, può solamente coltivare la terra dei signori e trattenere una piccola parte del raccolto. Il palazzo, già centro della vita politica e culturale minoica, si cinge di mura e diviene il nucleo del potere miceneo. Nella grande sala del focolare (mègaron) si tengono banchetti e si cantano le vicende del mito.
È proprio in questa civiltà, antenata di quella greca classica, che i Greci collocano le figure degli eroi a loro più cari: Achille, Ulisse, Agamennone e Menelao, personaggi dell’epica arcaica tramandata dai poemi di Omero. La scoperta moderna dei resti della civiltà micenea inizia a metà dell’Ottocento, quando Heinrich Schliemann, leggendol’Iliadee l’Odisseasogna di recuperarne le origini, mette da parte ingenti ricchezze e va alla ricerca degli eroi di Omero e della città di Troia. Con l’Iliadein mano parte dalla Germania e si reca nella Penisola Anatolica, alla ricerca dei luoghi cantati nei poemi: il fiume Scamandro, la baia di Troia, le sorgenti. Deriso dalla comunità scientifica che non è persuasa dell’esistenza di quel mondo antichissimo, dopo alcuni anni di scavi vede avverarsi il suo sogno: da un’altura vicino al fiume che scorre verso il Mare Egeo cominciano a riemergere le rovine di una città circondata da torri e da mura, con palazzi ed edifici sontuosi. Le mura e le case recano i segni di un enorme incendio che ha causato la rovina della città. La notizia fa il giro del mondo e Schliemann riceve l’incarico di andare alla ricerca anche degli altri regni micenei: Itaca, Pilo, Micene. Uno dopo l’altro porta alla luce i grandi palazzi delle capitali micenee, e con essi gli straordinari gioielli indossati dalle principesse achee: i Greci hanno finalmente ritrovato i loro antichi padri. Tuttavia restava da chiarire quale lingua parlavano gli Achei. Nonostante i magazzini dei palazzi della Cnosso di età micenea e di Pilo contenessero molte tavolette scritte, i segni con i quali sono redatti questi documenti rimangono sconosciuti, cosa che non permette di arrivare alla scoperta della lingua micenea. Questo mistero è svelato nel 1952 da un architetto inglese, Michael Ventris, che riesce a trovare le combinazioni giuste per decifrare quei segni. La scoperta è sensazionale: la lingua micenea è il greco scritto in un sistema sillabico di scrittura (lineare B).Le tavolette di Pilo e di Cnosso sono gli archivi economici dei palazzi: registrazioni di conti e di donazioni, di entrate e di uscite, di sacrifici e di eventi di cronaca. Da quelle antiche tavolette di argilla riemerge un mondo popolato da contadini e fabbricanti di armi, fabbri e vasai, tessitori e sacerdoti, potenti signori e aristocratici guerrieri. È il mondo cantato da Omero, riscoperto e sottratto all’oblio del tempo.