Sin dalla sua nascita il cinema ha stretto un rapporto molto profondo con l’architettura finendo per stabilire relazioni intrinseche che condizionano il modo di fare dell’uno e dell’altra. L’architettura utilizza il cinema per veicolare i propri spazi mentre il dinamismo del cinema ha condizionato molti architetti nell’approccio alla progettazione di spazi anche molto celebri. Detta in soldoni non c’è architettura senza cinema cosi come è impossibile pensare ormai al cinema senza architettura ed è su questo tema che Federico Babina, architetto ed illustratore italiano ma con studio a Barcellona, indaga attraverso “Archicine”, il suo nuovo progetto.
Si tratta di 15 poster che ritraggono 15 edifici divenuti ormai brand di quei film ambientati al loro interno, tutti ricostruiti fedelmente nelle immagini digitali volte a testimoniare quanto anche lo spazio ed i suoi elementi protagonisti possano influire nel raccontare una storia. Non sarà difficile riconoscere la Glendale Residence, la casa dell’opera prima di Tom Ford come regista, A single man, costruita nel 1949 da John Lautner, la casa degli Incredibili, l’edificio protagonista de “La finestra sul cortile” o la Lovell House, dell’architetto austriaco Richard Neutra, casa di Pierce Morehouse Patchett in “L.A. Confidential”, o ancora la villa progettata da Paolo Soleri che esplode alla fine di “Zabriskie Point” di Michelangelo Antonioni e per finire la Villa Malaparte di Adalberto Libera, uno dei set di “Il disprezzo” di Jean-Luc Godard. Per la serie, “In che film si trova quell’edificio?…”.