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Architettura aumentata

Creato il 24 dicembre 2009 da Karlus71

Chi di voi, over 30, si è occupato di disegno tecnico nel suo passato e ha avuto a che fare con Rapidograph e inchiostro sa anche cosa fossero i fogli detti "lucidi"; allo stesso modo chi oggi usa programmi Cad e affini non può fare a meno di sapere cosa siano i layer. La realtà aumentata (AR) ben si spiega con l'aggiunta di layer sovrapposti e fatti collimare con il mondo fisico hic et nunc, così come percepito dai nostri occhi;  questi layer vanno ad 'aumentare' la quantità di informazioni che arrivano attraverso la vista "filtrata" da dispositivi di visualizzazione basati su IT e connessi alla rete. Se il web è basato sugli ipertesti, la realtà aumentata è basata su iperimmagini che nascono dall'interazione tra la percezione visiva del reale ed i sistemi di cattura video e visualizzazione digitali. Il collegamento tra le tre categorie spaziali vissute nella contemporaneità (intorno, interno, estensione mentale) teorizzate da Derrick De Kerckhove è immediato.

Per maggior chiarezza occorre fare un passo indietro definendo la scienza della Presenza (così come definita da Giuseppe Riva, Francesco Vatalaro, Gianluca Zaffiro nel documento di indagine Tecnologie della presenza: concetti e applicazioni) come lo "studio delle modalità con cui il cervello umano costruisce il modello della realtà e di sé stesso sostituendo, o incrementando, l’informazione sensoriale e d’interazione ad esso indirizzata". Assunto questo voglio qui accennare ad una tra le innovazioni/evoluzioni che la RA produrrà: l'architettura aumentata. Risulta evidente come ci troviamo di fronte ad una frontiera prossima ventura riguardo al nostro pensare lo spazio e la nostra relazione con esso. Al di là di boutade e trovate pubblicitarie, più o meno viral (come l'ormai nota ecomagination di GE), che giocano sul grande appeal di questo fenomeno, rimane uno straordinario potenziale che non può rimanere sottointeso a chi è abituato ad articolare spazi e gestire relazioni con essi. Elenco, a puro titolo esemplificativo, alcuni fenomeni prossimi venturi che, inevitabilmente, si produrranno quando le nostre facoltà percettive impatteranno in modo massivo e quotidiano con la AR  (comunque non prima del 2015):
  1. i nostri modelli spaziali, basati tuttora sulla prospettiva rinascimentale o, nel migliore dei casi, su paradigmi antigeometrici (Peter Eisenmann docet) definiti in antitesi ai primi, dovranno essere ripensati;
  2. la prossemica, così come la conosciamo, andrà messa in discussione;
  3. alcuni concetti di natura geometrica si modificheranno con uno shift progressivo. Un esempio fra tutti quello di "centro". Per noi legato ad un dato dimensionale esso è destinato a cambiare nella direzione indicata dall'Oku della cultura giapponese: un punto invisibile e che trova la sua posizione nella "profondità";
  4. l'idea stessa di dimensione (Bruno Zevi ne contava 4 in architettura) dovrà includere anche la dimensione informativa che oggi si ferma alla capacità delle superfici (skin) di essere supporto fisico della informazione stessa;
  5. in ultimo il luogo diverrà un fenomeno spazio/temporale molto differente da come lo definiamo ora.
Il percorso progettuale nell'interaction design che intrapresi ormai dodici anni fa, culminato nel 2000 con il concept dell'Iperporto, mi spinge  a ricordare come la realtà aumentata fosse, allora, considerata come supporto e miglioramento delle prestazioni di usabilità e ergonomia delle HCI (interfaccia uomo macchina). 
Vero è che l'evoluzione tecnologica dell'organismo architettonico gli conferirà capacità comunicative ed interattive  che oggi non ha (come preconizzato da Carlo Ratti, direttore del SENSEable City Laboratory del MIT) ma sostengo che l'architettura aumentata nascerà spontaneamente dal potenziamento percettivo dovuto alla tecnologia della RA. Ovvero esisterà nei display di occhiali o smart phone che punteremo su di essa. L'architettura aumentata sarà, in primis, negli occhi di chi la guarda.
PS: Nel filmato potete osservare un esempio ludico di RA applicata allo spazio (o meglio alle superfici che lo definiscono) con la tecnica del fiduciary marker.
SeNSoRe, il blog di Carlo De Mattia

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