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Una due giorni a Corinaldo affascinante e intensa, ospitati in un borgo seicentesco che é riuscito a farci sentire come a casa nostra, accolti dai cittadini e dalle istituzioni di questo piccolo paese, con quella cortesia che rappresenta la più rara forma di rispetto.
Un piccolo paese con una grande storia, un monumento architettonico che ricorda che l'Italia é stata ed é anche questo e che la tragedia nazifascista non é riuscita a cancellare.
Corinaldo veniva liberata il 10 agosto del 1944 , i nazisti avevano trovato tra quelle mure, oggi ancora intatte, l'ultima disperata difesa, coscienti che dal 8 settembre 1943 l' Italia non sarebbe più tornata indietro.
Ogni anno nella notte di San Lorenzo, i Corinaldesi e con loro anche gli Arcoresi, ricordano alle nuove generazioni quanto sia importante conoscere per comprendere.
La nostra giornata a Corinaldo inizia con la visita al palazzo comunale e con il saluto al Sindaco Matteo Principi mentre gli assessori e l'Anpi organizzano la manifestazione della serata.
Ci accoglie in una incantevole sala consiliare e ci autorizza a visitare il suo ufficio per osservare la finestra dalla quale spararono il colpo di mortaio che uccise Alfonso Casati.
Verso sera è tutto pronto per celebrare la liberazione di Corinaldo, si parte dal palazzo comunale e una delegazione dei due comuni gemellati si reca prima al cippo che ricorda Alfonso Casati e poi presso il monumento ai caduti per depositare le corone in onore ai martiri.
La manifestazione si conclude con il concerto della banda musicale e i discorsi delle autoritá.
Il giorno della liberazione per ogni paese deve rappresentare soprattutto un giorno di festa, la festa di chi riuscì ad attraversare il periodo più buio della nostra storia, la festa di chi riuscì a riconquistare la libertá e la dignitá degli italiani, la festa che ricorda le vittime della follia della guerra.
Una di queste vittime, fu Alfonso Casati, un ragazzo di soli 26 anni, educato ad assumersi le proprie responsabilitá, preparato da una nobile e prestigiosa famiglia ad affrontare la triste realtá di quell'epoca, un ragazzo che sapeva riconoscere malgrado la giovane etá, la veritá dietro la menzogna nazifascista.
La sua famiglia era ricca, ma ad Arcore con i ragazzi Arcoresi, conobbe un'altra ricchezza, la ricchezza della libertá, quella che si pretende in giovane etá, che si condivide con gli amici, che consente di progettare e sognare il futuro.
Quel sogno però doveva fare i conti con una ferocia che non risparmiava nemmeno la campagna brianzola e troppi ragazzi si inchinarono a chi, giorno per giorno, scriveva per loro il più infelice presente.
Alfonso invece scriveva di un paese ormai perso, sapeva descriverlo, comprenderlo e giudicarlo, sapeva raccontarlo ad un padre che non poteva che sentirsi sconfitto.
Alfonso Casati, come molti altri giovani, visse la nascita, il fulgore e il fallimento del folle inganno nazifascista, ne comprese la mediocritá e la viltá e scelse di affrontarlo pagando in prima persona, pagando il prezzo più alto.
Come molti altri italiani non riuscì a voltarsi dall'altra parte, a non schierarsi, la battaglia di civiltá era persa e il fronte rappresentava lo spartiacque che riconsegnava la dignità persa che rifiutava altre menzogne.
E allora si chiese cosa fosse giusto fare, a questa domanda rispose con il coraggio della verità, combattere significava sentirsi giá libero, prima di vincere, prima di perdere, prima di morire.
Raccontare la storia di Alfonso Casati, significa innanzitutto chiedersi oggi cosa sia giusto fare, perché la libertá passa attraverso questa domanda e attraverso la risposta che diedero quegli uomini che decisero con coraggio di lanciarsi dietro di lui, contro il nemico, per liberare Corinaldo, per liberare l'Italia.
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