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Area C, alla ricerca di una mobilità dolce

Creato il 20 aprile 2012 da Informasalus @informasalus
CATEGORIE: Attualità
area c
L'Area C è stata introdotta a Milano nel gennaio 2012

Si facciano da parte gli ossessionati dalla lotta allo smog e alle polveri sottili – il famigerato PM10 che avvelena le città – perché a Milano, come già a Londra, Oslo e Stoccolma, questo obiettivo è secondario.
Anzi, come si definisce in gergo tecnico, l’abbattimento del livello d’inquinanti nell’aria diventa “esternalità positiva”, cioè effetto previsto e desiderabile, ma nient’affatto primario, di una politica che intende governare la mobilità urbana con l’obiettivo principale di scoraggiare l’utilizzo dell’auto privata, favorendo i mezzi pubblici e la mobilità ciclopedonale. Nel capoluogo lombardo tutto comincia con la definizione di un’area urbana sottoposta a congestion charge (tassa sulla congestione, ndt) che si chiama Area C e ha preso vita il 16 gennaio.
All’ombra del Big Ben?
«È un po’ difficile paragonare Area C alla congestion charge di Londra – precisa Maria Berrini, direttrice di Amat, l’Agenzia di Milano, che presiede alla definizione di Area C – perché quest’ultima si applica a un’area assai più vasta ed è molto più costosa, intorno alle 10-12 sterline per ingresso, salvo deroghe, sconti e abbonamenti.
Detto questo, con congestion charge Londra ha potuto potenziare enormemente il sistema del trasporto pubblico e le reti di piste ciclabili: l’investimento che hanno prodotto sulla mobilità dolce è incredibilmente alto rispetto a quanto avrebbero potuto fare senza. Per quanto riguarda il risultato, ovviamente, non posso comparare una riduzione del 10% del traffico su un’area ampia come quella di Londra rispetto al 20% in meno ipotizzato sulla nostra cerchia dei Bastioni».
La direttrice di Amat prende le distanze, ma non rinnega l’ispirazione d’Oltremanica, nonostante che, proprio ai primi di gennaio, a seguito di una consultazione cittadina, sia scattata la decisione del sindaco di Londra, Boris Johnson, di ridurre ampiamente la zona ovest della cosiddetta Lez – Low Emission Zone (zona a bassa emissione, ndt) – sottoposta a congestion charge. Quanto poi agli obiettivi: Milano stima di ottenere nella Ztl (Zona a traffico limitato) dei Bastioni una riduzione assoluta del traffico «compresa fra il 23% e il 28%, pari a 31/38.000 veicoli in meno in accesso fra le 7,30 e le 19,30» e una riduzione del tasso di congestione (traffico/capacità di assorbimento della rete stradale) del 17%.
Mentre i primi otto anni dell’esperienza londinese dicono che il numero di veicoli che entrano nella Lez è calato del 18%, con una significativa velocizzazione degli spostamenti. Milano stima ricavi per circa 30 milioni di euro l’anno da reinvestire in potenziamento del trasporto pubblico (7-9 milioni per il 2012) e nella cosiddetta “mobilità dolce” (spostamenti a piedi, in bici, car sharing), mentre la congestion charge londinese ha permesso di reinvestire 148 milioni di sterline in interventi per la mobilità nell’esercizio 2009/10.
Fantascienza sostenibile
Area C o tassa d’ingresso che sia, il punto di partenza resta la congestione delle grandi aree urbane. Basti pensare che il numero di auto per abitante a Milano è più alto che in qualsiasi altra città europea, tranne forse Lussemburgo. Parigi, Copenhagen, Londra, Berlino contano dalle 20 alle 40 automobili per 100 abitanti, il capoluogo lombardo sorpassa le 50 vetture. Area C si configura perciò come un modello in cui vengono “pedaggiati” tutti i mezzi che entrano nella Ztl e non solo i veicoli più inquinanti.
Dovrebbe insomma avviare una serie di politiche che, continua Maria Berrini, «sollecitino un cambio di mentalità: se vivo in città, in linea di massima, non ho bisogno dell’utilizzo sistematico di un’auto di proprietà. Quando mi serve, se devo fare un trasporto, un viaggio di lavoro – a meno di essere pendolare – o una vacanza posso accedere al car sharing. Quando mi muovo in città uso il bike sharing o i mezzi pubblici. E con quello che risparmio posso anche permettermi qualche taxi ogni tanto». Fantascienza? Presto si vedrà. Ma, se qualcuno dubita che i milanesi accoglieranno il cambiamento con favore, gli ambientalisti sono già pronti a rilanciare per un allargamento dell’esperimento meneghino: un’ipotesi peraltro già sul tavolo di Amat, pur con qualche problemino da risolvere.
Da un lato il Comune non ha attualmente le risorse necessarie all’installazione di ulteriori telecamere – ma questa potrebbe diventare una linea prioritaria per i reinvestimenti del primo anno di Area C – e poi c’è un vincolo di carattere tecnico: l’amministrazione vorrebbe infatti mantenere il modello della congestion chargeper il centro città e invece, man mano che l’area a pedaggio si allarga, applicare una sorta di pollution charge (tassa sull’inquinamento, ndt) che riguarderebbe soprattutto veicoli più inquinanti. Non solo. Un allargamento di Area C o sue emanazioni dovrebbe avvenire in modo progressivo rispetto al potenziamento dei trasporti nelle fasce più esterne della città. Senza contare la necessaria costruzione di un consenso verso tale iniziativa.



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