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Argentina: ergastolo ad Astiz, l’angelo della morte

Creato il 28 ottobre 2011 da Eldorado

Argentina: ergastolo ad Astiz, l’angelo della mortePiù volte abbiamo scritto su questo blog che la giustizia, anche se lenta, alla fine arriva. Questa volta è toccato ad Alfredo Astiz, l’angelo della morte della dittatura argentina, condannato infine all’ergastolo. La stessa pena è stata comminata anche al Tigre Acosta e ad altri nove repressori. Un argentino famoso, Jorge Luis Borges, scrisse nel 1935 ¨La historia universal de la infamia¨, un acuto trattato su personaggi macchiatisi nel tempo di efferati crimini. Borges non ha mai scritto un seguito sull’infamia moderna, ma proprio nella sua natìa Argentina, avrebbe trovato materiale sufficiente e personaggi atti per un lavoro di questo tipo.

Alfredo Astiz é uno di questi personaggi. Proveniente da una famiglia agiata di Mar del Plata, figlio di un viceammiraglio, Astiz entra in marina –seguendo la tradizione di famiglia- nel 1970, quando ha appena diciannove anni. Il golpe lo trova di stanza proprio nell’Esma, nelle cui stanze si decide la sorte di centinaia di oppositori al regime. Astiz serve sotto il capitano Jorge Eduardo Acosta, che i suoi soldati chiamano ¨El tigre¨ per la ferocia che presto dimostrerà verso gli indifesi prigionieri segregati nelle cantine della scuola.

Proprio Acosta propone ad Astiz di fare parte del GT 332, un commando di terrore che ha il compito di rapire e fare sparire le persone sospettate di avversare la dittatura. Il compito del giovane tenente è quello di infiltrarsi nei gruppi dell’opposizione. Biondo, occhi azzurri, dai tratti imberbi, Astiz è capace di conquistarsi la stima di chiunque, qualità che lo rendono insostituibile all’interno della caserma dell’Esma.

La prima vera missione di grande importanza che gli viene affidata è il sequestro dello scrittore Rodolfo Walsh, uno degli intellettuali di una sinistra irriducibile, che mostra la faccia e che continua a denunciare al mondo la dittatura. Un avversario scomodo, che nemmeno la morte della figlia dirigente Montoneros, ha piegato. Astiz, apprende a memoria ogni mossa dello scrittore, lo fa pedinare, ne segue gli spostamenti fino a decidere, con un gruppo scelto dell’Esma, il giorno ed il momento dell’azione. Walsh ha appena diramato –siamo nel marzo 1977- una lettera aperta alla dittatura, la “Carta abierta a la Junta militar” che si trasforma nella sua condanna a morte. Con la sua proverbiale acuta penna punta l’indice accusatore sui generali per la scomparsa di migliaia di oppositori al regime, per il clima di persecuzione, per le torture che si infliggono nelle carceri, per la morte della figlia e degli amici. Indica un colpevole e lo mostra a tutto il mondo.

Sin dalle prime righe, la lettera parla chiaro: “Il primo anniversario di questa giunta militare ha registrato… quindicimila desaparecidos, diecimila prigionieri, quattromila morti, decine di migliaia di esiliati sono le cifre nude di questo terrore”. Walsh scrive e sa che sta rischiando grosso. È un uomo braccato, che gira armato, pronto a qualsiasi evenienza. Quello che non pensa è che la dittatura possa agire così velocemente. Nemmeno il giorno dopo la pubblicazione clandestina della lettera, il commando dell’Esma con Astiz lo intercetta nelle strade della periferia di Buenos Aires. Ne segue uno scontro a fuoco e Walsh, ferito, viene alla fine caricato di peso su una macchina della polizia segreta. Alcuni testimoni diranno poi di averlo visto in carcere, sicuramente torturato, infine fatto sparire senza che fino ad oggi siano state individuate le modalità della sua morte o trovate le sue spoglie.

Argentina: ergastolo ad Astiz, l’angelo della morte
Eliminato Walsh, Astiz ottiene la piena fiducia da parte della direzione centrale della polizia segreta. Distintosi come il peón dell’intera operazione, viene scelto per la seguente azione. Questa volta si tratta di infiltrarsi, di guadagnarsi la fiducia di gente semplice ed innocente che si riunisce nell’oratorio di don Mateo Perdía, parroco della chiesa di Santa Cruz, nel quartiere di San Cristóbal a Buenos Aires. Qui i famigliari dei desaparecidos si riuniscono per trovare conforto e per scambiarsi notizie sulla sorte dei loro cari scomparsi. È un eterogeneo gruppo di persone accomunato dalla tragedia, che nella discussione della propria disgrazia trova la forza per pregare e tirare avanti. Quando Astiz si presenta loro, lo accolgono, convinti che si tratti di un alleato e di un amico. Dice di chiamarsi Gustavo Niño e di essere alla ricerca di notizie di suo fratello, portato via dalla polizia. Tutti gli credono: Gustavo partecipa a tutte le riunioni del giovedì ed alle proteste di fronte alla Casa Rosada che le madri degli scomparsi organizzano per conoscere la sorte dei famigliari. Quello che non sanno è che il ventiseienne biondo dalla faccia d’angelo (da qui verrà il suo soprannome, “el Ángel Rubio”, l’angelo biondo) che ascolta attento i loro resoconti e finge pena per le vicissitudini è in realtà un ufficiale della famigerata Esma, la fucina dei torturatori del regime. Astiz conosce benissimo la sorte dei desaparecidos, molti dei quali languono proprio nelle celle dell’Esma che lui visita giornalmente. La sua presenza nella parrocchia di don Perdía si deve proprio a quello: ricavare attraverso la fiducia dei famigliari dei prigionieri quelle informazioni che con la tortura non riesce ad ottenere in carcere. I parrocchiani si aprono alle confidenze: osteggiano il regime, insultano i militari, esprimono a parole tutto il loro ripudio e tutta la loro impotenza, pregano per rivedere con vita i loro cari. Astiz ascolta, finge comprensione e compassione, dà sostegno ed incoraggiamento ai genitori e parenti affranti. Giuda del nostro tempo, al momento dell’arresto dei parrocchiani di Santa Cruz, si avvale proprio di un bacio per segnalare agli agenti le persone più ostili al regime, tra cui le fondatrici delle madri Plaza de Mayo, Azucena Villaflor De Vincenti, Esther Ballestrino e Maria Ponce de Bianco. Assieme a loro, l’Esma si porta via altri partecipanti di quelle riunioni, tra cui due suore francesi, Alice Domon e Leonie Douquet. Di tutti loro non si saprà più nulla. Per anni non sono riapparsi nemmeno i cadaveri, perchè quei dodici (numero scelto apposta in relazione agli apostoli di Cristo) sono stati probabilmente destinati al volo nell’oceano, dove quasi sicuramente era finito anche Rodolfo Walsh. Il gruppo della chiesa di Santa Cruz viene smembrato ed i sopravvissuti si chiedono anche che fine abbia fatto Gustavo Niño: nella loro ingenuità non sanno di essere stati traditi e lo includono della lista dei desaparecidos.  

Nel frattempo, Astiz ha partecipato al ferimento, rapimento ed uccisione di una giovane di origini svedesi, Dagmar Hagelin. A spararle alle spalle è proprio lui quando la ragazza, di appena diciassette anni, tenta la fuga. Ignara della situazione, la Hagelin si era recata a fare visita ad un’amica, sospetta simpatizzante dei Montoneros. Ad aprirle la porta sono due uomini armati che le intimano di arrendersi: Astiz ed il suo complice l’hanno scambiata per la Montonera. La Hagelin, terrorizzata, scappa ma Astiz in piena via pubblica le spara e la colpisce alla spalla. Caricata a forza su un auto, la ragazza non verrà mai più trovata. L’amica (a sua volta arrestata) dirà di averla vista nelle segrete dell’Esma almeno tre volte. Dopo due settimane dal sequestro, Dagmar scompare definitivamente.

Astiz è all’apice della sua carriera di infame. Ha il pieno appoggio dei suoi superiori, che gli ordinano questa volta di infiltrarsi nel gruppo degli argentini esiliati a Parigi. Il suo nuovo nome è quello di Alberto Escudero e partecipa attivamente –da spia- alle manifestazioni per boicottare i mondiali di calcio in Argentina del 1978. Quell’anno, in ottobre, viene finalmente scoperto e deve abbandonare in tutta fretta la Francia. Al ritorno in Argentina, i governi di Francia e Svezia stanno insistendo con il governo golpista per sapere la sorte delle suore francesi e di Dagmar Hagelin. La stampa svedese non ha dubbi e pubblica in prima pagina la foto di Astiz: questo è l’assassino di Dagmar, dice la didascalia.

Argentina: ergastolo ad Astiz, l’angelo della morte
Astiz, che non mostra pietà per i deboli, forte con gli indifesi, si scopre però pavido quando il gioco si fa duro. Nelle Falklands ci sono soldati veri a fare la guerra, commandos addestrati con le migliori tecniche ed armi del mondo. Il destino della dittatura è legato a questa guerra ed Astiz, in qualità di capitano di fregata, viene assegnato alla squadra del tenente colonnello Luis Lagos, che ha il compito di organizzare la resistenza nell’isola Georgia del Sud. Il suo gruppo si fa chiamare Los Lagartos –i coccodrilli- e prende possesso delle installazioni dell’isolotto che ha un enorme valore strategico ai fini del conflitto. Per farlo, se la devono ancora vedere con civili indifesi, come sono gli impiegati della stazione baleniera di Leith Harbour. Per prendere la stazione Astiz ed i suoi usano di nuovo l’inganno, presentandosi come l’equipaggio di una nave mercantile. Poi, aspettano gli eventi. Fa freddo, le temperature sono gelide e le condizioni estreme per la sopravvivenza. 

Quando gli inglesi sbarcano, non solo non incontrano resistenza, ma trovano le bandiere bianche già innalzate sulle case di Grytkiven e Leith, i due centri cittadini che gli argentini dovevano difendere. Alla sola vista dei commando delle Sas, Astiz dimentica la sua fama di duro e di cinico torturatore e si arrende senza sparare un solo colpo. La sua foto, chino sul tavolo di comando dell’incrociatore Plymouth, mentre firma la consegna della Georgia del Sud fa il giro del mondo. È il 26 aprile 1982. Astiz, che non avrebbe nemmeno l’autorità di firmare la resa, riceve l’elogio della propaganda della dittatura che tergiversa i fatti e presenta sia Lagos che Astiz come eroi, combattenti impavidi che hanno fatto tutto il possibile per impedire l’avanzata delle preponderanti forze inglesi sui centri abitati. In realtà, gli inglesi erano stati sorpresi da una tormenta di neve e, debilitati e indifesi, nella loro avanzata, avevano rischiato una morte sicura per l’inclemenza del tempo. Solo l’interventi degli elicotteri aveva salvato i commando, ma  Astiz e i suoi, invece di contrattaccare e di approfittare dell’inferiorità del nemico, se ne erano stati nelle baracche attorno alla stufa, preparando i vessilli bianchi da presentare al nemico.

Astiz, fatto prigioniero dagli inglesi, avrebbe potuto essere estraditato in Francia già nel 1982. I giudici lo vogliono interrogare sulla vicenda delle suore scomparse. Invece, il comando inglese decide di rimandarlo a casa -¨come atto di compassione¨ dice l’incredibile sentenza-, dove continua con applicazione la sua carriera di torturatore.

Il 10 dicembre 1983 cade la dittatura. Astiz non si preoccupa e rimane al suo posto. I torturatori ed i responsabili della dittatura non subiscono né processi, né condanne. Prima le leggi di Punto Final ed Obediencia Debida firmate da Raúl Alfonsín nel 1986 e nel 1987 e poi le leggi dell’indulto realizzate dal governo di Carlos Menem garantiscono l’impunità ai militari ed ai torturatori.

Nelle cantine dell’Esma si perdono negli anni della dittatura almeno cinquemila persone. Astiz è uno dei grandi responsabili di quei giorni di tortura e morte, eppure, grazie a quelle leggi rimane libero. Lo richiedono la Francia, l’Italia, la Svezia, la Spagna, però per anni nel suo Paese non c’è un solo giudice in grado di portarlo davanti ad un tribunale perchè riceva il meritato castigo. Astiz non ha mai fatto niente per nascondere la sua natura. Non si nasconde. Come si trattasse di un vanto, non ha avuto nessun problema nel  dichiarare ai giornali di essere la persona meglio preparata di tutta l’Argentina per uccidere politici e giornalisti. Nel 1990 la giustizia francese lo condanna all’ergastolo in contumacia. Da questo momento Astiz non può lasciare l’Argentina, ma ha ancora tempo per vanagloriarsi con la giornalista Gabriela Cerutti che la decisione di arruolarsi nella Marina è stata la migliore presa nella sua vita.

A partire dal 1996 le cose cominciano e cambiare e Astiz diventa un paria. La Marina quell’anno decide di liberarsi di lui e lo liquida senza troppi rimpianti. Nella nuova Argentina viene aggredito due volte per strada da persone che l’hanno riconosciuto. Ha pochi amici, non si è mai sposato. Nelle dichiarazioni di quegli anni, aggiusta un poco il tiro: ¨non sono di destra e nemmeno violento¨ dichiara, forse in cerca di anonimato e tranquillità. Quando però, nel 2003 il governo rescinde le leggi di Alfonsín e Menem e lui ed i suoi commilitoni dell’Esma sono chiamati a rispondere dei loro crimini davanti alla giustizia argentina, cambia di nuovo registro.Nell’agosto 2005, ventotto anni dopo i fatti, quando il giudice Sergio Torres lo incrimina per il sequestro di Rodolfo Walsh, Astiz dimostra intatto il suo cinismo: “L’unico Walsh che ho conosciuto era un terrorista” dichiara.

Anche l’Italia, nel 2009, lo condanna a titolo definitivo all’ergastolo per l’uccisione di tre immigrati calabresi, Angela Maria Aietta e Susanna e Giovanni Pegoraro. In Argentina viene finalmente incarcerato e processato per 85 crimini. Alla prima udienza si presenta con un libro il cui titolo é tutto un programma: ¨Volver a matar¨, tornare ad uccidere. Mercoledì scorso, alla lettura della sentenza si è lasciato scappare un sorriso sarcastico: l’angelo della morte non cambierà mai.


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