È stata rilevata la presenza di piombo nel sangue di alcuni bambini che vivono vicino all'area industriale di Taranto
È stata rilevata la presenza di piombo nel sangue di alcuni bambini che vivono vicino all'area industriale di Taranto. “Pur trattandosi di un campione non significativo – hanno sottolineato i pediatri Annamaria Moschetti e Piero Minardi - e di numerosità ridotta e pur non potendosi generalizzare i dati alla intera popolazione infantile, tali valori non possono che destare preoccupazione per la possibile esposizione di questi bambini a fonti di piombo presenti in ambiente”.
Le possibili fonti di contaminazione sono acqua, terra ed aria avvelenate. Ecco le possibili fonti di esposizioni al piombo per la popolazione di Taranto. Sono nove i bambini di età compresa tra i 3 ed i 6 anni per i quali è stata individuata la presenza di piombo nel sangue, altrimenti detta piombemia.
Si tratta di bambini risiedono nel quartiere periferico di Statte, a ridosso della zona industriale di Taranto. Nei campioni di sangue analizzati sono stati individuati tra i 22 ed i 36 microgrammi di piombo. Ci si trova comunque di fronte a valori che potrebbero indicare un'esposizione recente. I bambini potrebbero quindi essere al momento a contatto con una effettiva fonte contaminante di piombo presente sul territorio.
Secondo i pediatri, qualunque livello di piombemia nell'infanzia può essere associato a possibili esiti neuropsichici. I pediatri chiedono dunque che venga effettuato uno screening urgente ed una verifica delle quantità di piombo emesse dall'Ilva che potrebbe essere una delle principali fonti di contaminazione.
L'inquinamento rappresenta una delle principali minacce per la salute e l'ambiente. Lo ribadiscono le associazioni ambientaliste che hanno inviato una lettera al ministro dell'Ambiente Corrado Clini in vista della riunione su qualità dell’aria e dell’ambiente urbano, che si terrà a Dublino il prossimo 22 aprile.
“L’inquinamento atmosferico – scrivono le associazioni - rappresenta uno dei problemi ambientali più rilevanti e riguarda non solo le aree urbane ma anche altre zone, a partire da quelle situate a ridosso di grandi complessi industriali o altre attività particolarmente inquinanti. Le città rimangono comunque le aree più critiche. Secondo il dossier Mal’aria di città 2013 di Legambiente, lo scorso anno ben 52 capoluoghi di provincia hanno superato il bonus di 35 giorni di superamento del valore medio giornaliero di 50 microgrammi/metro cubo stabilito dalla legge per le polveri fini (PM10). Situazione particolarmente grave evidenziata anche dal Rapporto OCSE del marzo 2013, che segnala che oltre il 50% delle città europee più inquinate si trova nel nostro Paese, con situazioni particolarmente critiche nella Pianura Padana”.
“Ogni anno, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre 420.000 persone muoiono prematuramente per cause legate all’inquinamento atmosferico e si stima una riduzione dell’aspettativa di vita fino a 24 mesi nelle aree più inquinate”.
Gli interventi e le azioni volte a ridurre e contrastare l’inquinamento dell’aria sono richieste dalla grande maggioranza dei cittadini. In Italia la popolazione risulta essere la più preoccupata dall’impatto dell’inquinamento atmosferico, e per l’87% degli intervistati le autorità pubbliche non stanno facendo abbastanza per il miglioramento della qualità dell’aria nel nostro paese.
“Ogni ulteriore ritardo nelle politiche di riduzione dell’inquinamento atmosferico è ingiustificato e inaccettabile – scrivono le associazioni nella lettera, confidando in un impegno del Ministro dell’Ambiente nel prossimo incontro del 22 aprile a Dublino e nei mesi a seguire. La lettera a Clini si chiude con le tre richieste condivise da oltre 60 associazioni ambientaliste europee in cui si chiede l’implementazione e il rafforzamento delle attuali norme europee sulla qualità dell’aria prevedendo misure più severe e limiti più stringenti sulla base delle più recenti raccomandazioni fornite dall’OMS; l’adozione di significativi impegni di riduzione delle emissioni nell’ambito della revisione della direttiva NEC, in particolare fissando limiti di emissione più stringenti e aumentando il numero di sostanze inquinanti a cui la direttiva si riferisce, aggiungendo anche il PM2,5 per il raggiungimento di “livelli di qualità dell’aria che non causino rischi per la salute umana e per l’ambiente” (Long-term obiective of the 6th EU Environment Action Programme); l’adozione di una normativa di settore che punti alla netta riduzione delle emissioni da tutte le fonti principali: trasporti (stradali, non stradali e navali), agricoltura e uso di solventi.