Arma letale contro le lotte d’indipendenza: la manipolazione delle notizie

Creato il 17 ottobre 2014 da Maria Carla Canta @mcc43_

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La concezione e il sentimento di essere “un popolo” si sono formati ovunque secondo la morfologia terrestre. I confini erano i rilievi montuosi, i fiumi, il mare, le distese desertiche. La gente che viveva entro lo stesso paesaggio, condivideva le stesse  ricchezze, le medesime difficoltà e la comune cultura nel superarle creava il linguaggio. Tutto questo non ha avuto alcuna importanza al momento in cui le potenze coloniali hanno, nominalmente, lasciato la presa e creato “stati-nazione” tracciandone i  confini secondo proprie esigenze, a volte semplicemente con un noncurante tracciare linee su una mappa geografica. [ved.post]

L’Africa Occidentale ne paga tuttora le conseguenze. Popoli nomadi del deserto sono stati separati e imprigionati dentro  confini  alieni e incomprensibili. I Tuareg del Mali stanno conducendo da decenni una lotta contro questa ingiusta separazione.

Da INDIPENDENZA, sogno e lotta dei TUAREG del Mali- 1a parte

Il Mali era parte dei possedimenti coloniali della Francia ed è diventato stato indipendente nel 1960. Entro i  confini venne inglobata una parte, circa la metà dell’estensione totale del paese,  del territorio desertico sul quale sono stanziate le popolazioni berbere dei Tuareg.
 “Il nostro inserimento nel  Mali è stato un errore,”  dichiara una esponente politica http://thinkafricapress.com/mali/causes-uprising-northern-mali-tuareg  ” Poco prima della fine della colonizzazione, alcuni leader del deserto inviarono una lettera al generale De Gaulle supplicandolo di lasciare che i Tuareg e altre etnie locali creassero uno stato proprio, nel mezzo del Sahara. Noi non eravamo mai stati con il Mali; è avvenuto in modo abbastanza brutale e all’epoca non c’erano intellettuali che potessero misurarne le conseguenze. I leader locali non si resero conto che il sud del Mali sarebbe venuto a occupare il loro territorio, pensavano di restare padroni del proprio paese in un’Africa indipendente. Quando hanno visto la gente del sud arrivare e dire “Ora, siete sotto la nostra autorità”, sono rimasti  completamente attoniti.”

I popoli che vivono in questa condizione, stranieri dentro uno stato che esercita l’autorità sulla loro vita, non abdicano facilmente alla loro fierezza, certo non  i Tuareg dell’Azawad che ciclicamente riprendono la lotta per l’indipendenza.
L’ultima volta nel 2012; l’innesco è sempre il medesimo: l’abbandono in cui viene lasciata la regione dal governo centrale di Bamako.
L’insurrezione è stata funestata dall’intromissione delle bande di AlQaeda radicate in tutta l’Africa Occidentale, il Movimento di Liberazione  dell’Azawad , MNLA, si è trovato così ad avere due nemici da affrontare: la repressione dell’esercito maliano e le aggressioni delle milizie jihadiste.

Dall’estate sono in corso ad Algeri difficili consultazioni per dare un assetto definitivo alla regione, un assetto che può essere, almeno,  una forma di autonomia che  Bamako teme e osteggia in quanto prevedibile fase di passaggio verso l’indipendenza e la formazione di uno stato indipendente. Il governo, pertanto, prosegue nel rallentare i lavori della conferenza e nell’opera di criminalizzazione del MNLA.
Il 16 ottobre nella regione azawadiana di Gao è scoppiato un conflitto armato, il racconto dei fatti diverge in modo radicale da quanto è possibile sapere dal MNLA e da quanto scrivono i media che sostengono i governi fantoccio dell’Africa Occidentale.

Questo è quanto mi comunica Alhader Ag Mohamed, membro dell’esecutivo MNLA, settore Diritti Umani.

Alhader-Ag-Mohamed

” Il cessate il fuoco firmato tra i movimenti dell’Azawad e il Mali [nota: in maggio]è stato violato oggi dal Mali che spinge la sua milizia ad attaccare le posizioni MNLA in una località vicino a Gao. La verità è che il governo maliano spinge queste milizie contro le nostre posizioni dopo che l’esercito regolare è stato sconfitto dai nostri combattenti. Provvede ad armare queste milizie per seminare disordine e  approfittarne”. Qualche ora dopo aggiunge:

“Gli scontri che hanno opposto da una parte il Coordinamento dei Movimenti dell’Azawad [nota: i movimenti che partecipano alla conferenza di Algeri] e dell’altra soldati del Mali e le milizie affiliate a  In Tillit [nota: circa 100 km da Gao] alla fine della giornata hanno lasciato sul terreno dei morti da entrambe le parti: armata maliana/milizie 14 morti, tra cui il leader delle operazioni Iliass Ag Intikwa,  e 9 feriti; Movimenti dell’Azawad: 2 morti e 3 feriti.”

Ecco come espone i fatti,  invece, il quotidiano filogovernativo MaliActu
“Degli abitanti della località riportano di scontri che oppongono gli elementi del Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad, MNLA, e suoi alleati, ad altri gruppi di autodifesa, particolarmente il GATIA (Gruppo di autodifesa Touaregs Imghad). ” 

La presenza dei soldati regolari è taciuta e gli eventi sembrano un regolamento di conti fra formazioni in disaccordo, perché un particolare significativo viene omesso. Lo si legge in Jeune Afrique
“Il Gatia, creato in agosto, rivendica un posto al tavolo dei negoziati. Secondo una fonte delle forze di sicurezza regionali, il Gatia, ultimogenito dei gruppi armati del nord del Mali, vuole controllare una base territoriale per pesare sui negoziati di Algeri.”

Si tratta di una milizia creata ad hoc, essendo facile per l’autorità centrale scavare trincee fra gruppi tribali, rivalità locali, differenti tipi di rivendicazione e, soprattutto, approfittare di ambizioni personali. Il divide et impera  vecchio come il mondo disgraziatamente  non fallisce; l’articolo di Jeune Afrique, infatti,  specifica
Il Gatia, è ritenuto generalmente molto vicino al generale El Hadj Ag Gamou, un ufficiale Tuareg dell’esercito governativo, accusato spesso dagli osservatori di mettere i mezzi dell’esercito del Mali a disposizione del Gatia.”

La disinformazione passa attraverso i dettagli taciuti e le rappresentazioni parziali. Ovunque.
Intanto la Conferenza di Algeri, che dovrebbe comporre la questione dell’Azawad e assicurare una pace duratura, ha ripreso i lavori, ma come si vede, su di essi persiste la resistenza del governo costretto, suo malgrado, a essere al tavolo delle trattative.

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