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Mali e Azawad: una pace che perpetua il conflitto

Creato il 25 giugno 2015 da Maria Carla Canta @mcc43_

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Nei tre anni trascorsi sono avvenuti un colpo di stato a Bamako e la moltiplicazione degli scontri armati. La lotta dell’Azawad è stata sfigurata dalla propaganda che ha spesso assimilato i combattenti MNLA alle banditesche milizie che trafficano nella zona. Si è consolidata la presenza di AlQaeda e si sono succeduti due interventi militari della Francia, Serval e Barakhane, affiancati dalla nuova missione Onu, MINUSMA.
Infine, gennaio 2014, il nuovo presidente del Mali Ibrahim Boubakar Keïta, IBK,  ha richiesto la mediazione di Algeri per arrivare a una soluzione del conflitto.
Le riunioni si sono susseguite e le posizioni degli indipendentisti si sono ridimensionate alla richiesta del federalismo. In gran pompa si è arrivati il 20 giugno alla firma di un trattato di pacificazione tra il governo di Bamako, alla presenza del presidente IBK,  e il CMA, Coordinamento dei Movimenti dell’Azawad che riunisce Tuareg e Arabi.

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ll presidente del Mali , IBK, e il vice presidente del MNLA, Mahamadou Djeri Maïga, dopo la firma dell’accordo il 20 giugno a Bamako

Un trattato che accontenta l’Onu, la Francia, l’Algeria e Bamako, certamente non l’intero MNLA, componente più forte del CMA, e, soprattutto, un accordo che passa sulla testa della popolazione.
Il testo integrale non è disponibile, ma è sufficiente sapere che contiene l’istituzione di un Comitato con il compito di affrontare i problemi – in particolare gli emendamenti proposti dal MNLA –  lasciati volutamente in sospeso perchè tutte le componenti potessero firmare un accordo di cui rallegrarsi. Promessa di vita risicata per una pace scritta solo su un pezzo di carta.

Da quel che emerge sulla stampa, il documento firmato non contiene nulla di veramente nuovo a livello concreto.
-Ribadito il Decentramento, che esisteva già ed era stato applicato male.
-Prevista  l’elezione a suffragio universale di un’assemblea regionale, ma questo era già contemplato dalla legislazione maliana.
-Stabilito il disarmo delle milizie e una più ampia presenza nell’esercito di personale dell’Azawad.
Come si possa arrivare al disarmo è ben difficile immaginare, prima di tutto perché le milizie che svolgono attività criminale non hanno certamente preso parte agli accordi. Secondariamente, i loro leader hanno esercitato durante le trattative ed eserciteranno in futuro un’influenza sotterranea che influenzerà le nomine amministrative e gli organi che controlleranno l’applicazione del trattato.
Nella zona di Kidal è dominante Iyad Ag Ghali  che è il  leader della milizia jihadista Ansar Dine, gran collaboratore dei servizi segreti internazionali. Ben diversamente dal MNLA non vuole l’indipendenza dell’Azawad e in tal senso ha manovrato dietro le quinte presso le varie anime  della zona.

Anche senza queste influenze, tuttavia, affrontare le nomine potrà aprire nuovi attriti tra le comunità etniche, le tribù,  le fronde politiche.

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Si tenga presente che il mese precedente l’accordo era stato cruento: scontri tra gruppi, uccisioni di civili, ricomposizione dei nuclei jihadisti nelle anse del Niger. L’esodo di altri 30.000 dalla regione di Timbuktu si è aggiunto al totale dei profughi e dei rifugiati interni dall’inizio del conflitto.

Serviva dare l’impressione di una ristabilita legalità della situazione maliana e un accordo andava firmato, anche solo ribadendo l’esistente e trascurando d’indicare le responsabilità dei fallimenti che hanno ridotto la regione ad essere una delle più povere del mondo.
Quanto durerà questa impressione? Che cosa ne pensa la popolazione? Le trattative sono avvenute fra politici, militari e miliziani. Gente armata, pur trattandosi di questioni che riguardano soprattutto la vita civile. In un anno e mezzo di trattative gli abitanti non sono mai stati interpellati, come invece esigeva il MNLA.
Scrive Jean-Louis Le Touzet,specialista dell’Africa e del M.O, su Liberation:

La gente dice, dov’è il nostro posto in questo accordo? C’è disparità di trattamento: è il Sud che “prende tutti i soldi”, dicono. Il Sud, speculare, risponde: è il Nord che “assorbe tutte le risorse”. In realtà l’intera popolazione vuole maggiore protezione dello Stato e diffida del decentramento che, finora, ha aumentato i livelli amminstrativi, le zone grigie dei ben noti “passaggi intermedi” che permettono qualsiasi appropriazione indebita delle risorse pubbliche. La popolazione è consapevole che il caos ha permesso ogni genere di traffico e che da lungo tempo lo stato è ridotto in bancarotta.
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Il Comitato in via di costituzione dovrà affrontare gli emendamenti richiesti dal MNLA che sono, nelle parole del portavoce Hama Ag Sid’Ahmed :

In primo luogo politicamente pretendiamo che I’Azawad ufficialmente sia riconosciuto come entità geografica, politica e giuridica. Uno Statuto che permetta la creazione di un’Assemblea interregionale che raccolga le regioni di Gao, Timbuktu, Kidal, Menaka e Taoudeni. Per l’aspetto della sicurezza, il punto principale è la costituzione di una forza di difesa e di sicurezza nel territorio dell’Azawad composto per 80% di cittadini di I’Azawad, il cui elenco sarà definito dallo stesso CMA. Il meccanismo di coordinamento operativo dovrà essere presieduto dalla missione Onu MINUSMA e co-presieduto da entrambe le parti. Vogliamo anche l’assegnazione di un fondo speciale per I’Azawad nel bilancio dello Stato, pari al 40% per un periodo di 20 anni, per eliminare un ritardo di più di 50 anni dello sviluppo di questo territorio.

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Invece Ambéry Ag Rissa, presidente della commissione politico-istituzionale del firmatario CMA considera la stabilizzazione del Mali una priorità. Alla domanda sullo scontento della popolazione, risponde:

La popolazione ha accolto male l’accordo, ma non conosce esattamente quello che contiene perché si tratta in maggioranza di persone analfabete. Spiegheremo e credo che finiranno per comprendere.
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Le spiegazioni dovevano essere date prima. Se la popolazione è ancora analfabeta è perché da mezzo secolo il governo di Bamako mantiene la zona in condizioni di arretratezza e povertà.  Non c’è di che stupirsi pertanto che lo scetticimo dilaghi, come si legge in un articolo di Liberté-Algerie

Moussa Ag Assarid, leader del ramo europeo del MNLA, ha apertamente accusato la mediazione internazionale di aver esercitato pressioni sul CMA, per convincerlo a firmare il 20 giugno l’accordo per la pace e la riconciliazione. Anche se affermano d’incoraggiare il dialogo politico, gli ideologi del MNLA dll’Europa sottolineano l’intenzione di andare avanti con il progetto del  2012: l’indipendenza di Azawad.

Ora che il processo di pace è entrato in una fase cruciale, l’attuazione sul campo di ciò che è stato concordato tra la mediazione internazionale, il governo del Mali, i movimenti della Piattaforma di Algeri e il CMA, il rifiuto dell’accordo di pace da parte del MNLA-Europa potrebbe portare alla nascita di una nuova rivolta

Quello che si constata come realtà, non come semplice ipotesi, è la spaccatura creata da questa firma fra i leader MNLA: quelli sul posto e quelli della diaspora. Ancora una volta, sopra la testa della popolazione. Ancora una volta a vantaggio delle ragioni del governo di Bamako, e anche in questo caso sulla testa di tutta la popolazione del Mali.

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