Fatih Akin, il noto regista cinematografico, il cui film “Il padre”, l’odissea e le mille peripezie di un fabbro armeno, è in visione nelle sale cinematografiche italiane proprio in questi giorni, è nato ad Amburgo nel 1973 da genitori armeni.
I suoi, il papà e la mamma, erano emigrati in Germania, come tanti, negli anni ’60, in cerca di lavoro.
Tedesco di seconda generazione, non ha dimenticato quanto sia ricco e importante il patrimonio culturale del popolo da cui proviene e da cui provengono i suoi antenati.
Per quanto abbastanza giovane nel ruolo artistico è una personalità culturale che non ha bisogno di presentazioni tanto che, oltre alla Mostra del cinema di Venezia cui ha partecipato lo scorso anno con meritato successo, anche la città di Lecce attualmente gli sta dedicando una rassegna completa dei suoi film, che il pubblico, con affluenza costante, tutte le sere, dimostra di apprezzare.
Fatih si è mostrato profondamente irritato, quando gli è stato chiesto,com’è normale che sia,data la sua provenienza, del comportamento della classe politica turca e di Erdogan,l’attuale presidente della Turchia, in particolare.
Trova davvero ottuse le pesanti accuse rivolte a Papa Francesco e, giustamente, sottolinea che la Turchia ha dimenticato forse che l’attentato a Giovanni Paolo II è avvenuto per mano di un attentatore turco.
Non si meraviglia più di tanto del negazionismo del genocidio armeno da parte della Turchia solo in quanto- egli dice- è difficile un riconoscimento del genere, che sia sincero, da parte dei popoli responsabili.
E questo vale un po’ per tutti. La stessa Germania ha impiegato tempi lunghi e non è stata affatto un’operazione indolore.
Resta che Fatih Akin, lui come persona, sotto il profilo emotivo, e non soltanto quello, ha chiuso definitivamente con la Turchia.
Parla di “divorzio”. Ribadisce che è intollerabile aggressività tutto quanto, a parole e fatti conseguenti, è avvenuto e continua ad avvenire da parte turca nei confronti del pontefice.
L’accaduto, Akin come molti altri commentatori, lo legge in chiave politica,tenendo presente che in Turchia sono prossime le elezioni.
E inoltre ci ricorda che c’è interesse prioritario a modificare, per non dire stravolgere, in chiave antidemocratica, la Costituzione esistente.
Pertanto fomentare odio e dissidenza ci può stare e ci sta anche molto bene da parte di chi ha il potere nelle sue mani e non intende farsi da parte per rinunciarvi.
Quella paura del “diverso”, che genera inevitabilmente intolleranza tra cristiani e musulmani, è a uso dei politici lo strumento più idoneo per condurre politicamente le masse lì dove si vuole.
Per non farle né pensare, né riflettere.
Un ricatto di cui la gente, che ne è vittima, spesso non arriva a rendersene conto.
Ma in fondo, a ben pensarci, è quasi un gioco da bambini e funziona - conclude Fatih Akin.
L'Armenia costituisce la patria di uno dei popoli più antichi della Penisola Anatolica.
Le radici del popolo armeno risalgono già al primo millennio a.C. quando, nel VII secolo, gli armeni giunsero dalla Frisia.
Pare, però, che la loro presenza nella regione anatolica sia testimoniata da documenti storici già verso il 3000 a.C.
Il popolo armeno si è da sempre contraddistinto e ha sempre mantenuto una distinta e propria fisionomia etnica, religiosa, linguistica, politica e culturale.
E con una storia che conta più di venticinque secoli.
Marianna Micheluzzi (Ukundimana)