Martedì 5 Novembre viene esteso un pubblico comunicato dall’interno della sede dell’Ente Parco Nazionale del Pollino in Rotonda : “Dopo ampio ed approfondito dibattito si è unanimamente deciso da parte dei sindaci, Vincenzo Corrado e Giovanni Pandolfi, nonché dei rappresentanti delle associazioni e dei comitati presenti e di numerosi cittadini, di proseguire con una assemblea permanente all’interno dell’Ente Parco, fino alla soddisfacente definizione della piattaforma rivendicativa relativa alla vertenza – centrale e alle relative garanzie che verranno formalmente richieste al presidente Pappaterra per il pieno rispetto di quanto deliberato dagli organi di governo del Parco, la Comunità e il Consiglio Direttivo.”
Forse non tutti conoscono le motivazioni che hanno spinto questi numerosi cittadini a un gesto così importante. È il caso quindi di fare una piccola digressione e tornare leggermente indietro, almeno a due giorni prima, quando (precisamente il 3 Novembre) si era tenuta a Rotonda una manifestazione “guidata dalle amministrazioni comunali di Viggianello e Rotonda e dai comitati che da anni si battono contro la centrale. Partecipiamo in massa, il futuro dei nostri figli ci appartiene” stralcio preso dalla lettera del sindaco di Viggianello ai cittadini. Dimenticavo la “causale” della manifestazione: la riattivazione della Centrale del Mercure, sita nel comune di Laino Borgo (CS), Comune facente parte del Parco Nazionale del Pollino.
Ovviamente l’appello del primo cittadino è stato accolto largamente e la manifestazione è stata un vero e proprio trionfo, ottenendo numerose presenze di cittadini provenienti anche da altri comuni. Il giorno 4 Novembre i manifestanti hanno quindi richiesto un incontro con il Presidente dell’Ente Parco, Domenico Pappaterra. Purtroppo per motivi personali, quest’ultimo non ha potuto essere presente all’incontro, ma non avendo i cittadini ricevuto comunicazione alcuna da parte del Presidente, hanno deciso, dopo riunione e discussione, di passare a una sorta di occupazione di una parte dell’edificio.
Ma perché darsi tanta pena per una vecchia centrale termoelettrica riconvertita a biomasse proprio all’interno del più grande Parco Nazionale d’Italia?
Intanto, per chi non lo sapesse, la Centrale Enel della Valle del Mercure è oggettivamente vecchia: risalente agli anni ’60 e totalmente dismessa nel 1997 (la Sezione 1 cessata dal servizio in data 01.05.1997; la Sezione n.2, disattivata e dichiarata dismessa in data 01.10.1993. come si legge nel Provvedimento n.416 del 06/11/2012 da parte dell’Ente Parco Nazionale del Pollino), era alimentata inizialmente a lignite, e successivamente a olio combustibile. Essendo stato istituito il Parco Nazionale del Pollino (anno 1993), è chiaro che si rese necessario chiudere questo “eco-mostro” (come si definivano all’epoca strutture come questa), al fine di salvaguardare la salute delle popolazioni in loco, della fauna e della flora, soprattutto perché tra le specie ne sono presenti varie a rischio estinzione (prima tra tutte la Lontra). Quindi, nell’area del Parco, dove si trova anche la Centrale, sarebbe stato possibile intervenire “solo per esigenze connesse alla salute dell’uomo e alla sicurezza pubblica, o per esigenze di primaria importanza per l’ambiente, oppure, previo parere della Commissione europea, per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico” (D.P.R. 12 marzo 2003).
L’Enel vuole a ogni costo riattivare la centrale, e nel 2000 propone la riconversione di tale struttura, alimentandola a biomasse (poi specificate come biomasse vegetali vergini “ottenute esclusivamente da lavorazione meccanica” escludendo quindi l’uso di sansa o di altri materiali classificabili come rifiuti). Ma abbiamo idea di quanta biomassa vegetale vergine serva per una centrale che può produrre 41MW elettrici lordi (35MW elettrici netti)? Andiamo con ordine: si parla della riattivazione di una sola delle due sezioni prima elencate, precisamente della Sezione n.2, che inizialmente avrebbe prodotto 75MW elettrici. Per produrre 41MW elettrici lordi sono necessari 350.000 tonnellate annue di suddetta biomassa (dato fornito dall’Enel ma, secondo qualcuno, sottostimato), da reperirsi non più, come legge vuole, in limite all’ambito della “filiera corta” (70km), bensì su tutto il territorio della Comunità Europea, laddove si renda necessario. Questo significherebbe una spesa sproporzionata anche in fatto di trasporto della biomassa, con autotreni (stimati 56) che tra andata e ritorno dovrebbero percorrere le strade per la centrale per un totale di 112 viaggi al giorno. Come si legge nel Decreto Dirigente del 19 Novembre 2012 Prot. N. 815 (con oggetto Autorizzazione Unica per la riattivazione della Sezione 2 della centrale termoelettrica del Mercure), l’Enel si dovrà impegnare a reperire le biomasse con le caratteristiche suddette (vegetali vergini) in via prioritaria nelle regioni limitrofe all’impianto (Calabra, Basilicata, Campania, Puglia), che rappresentano il “naturale” bacino locale di approvvigionamento. Nello stesso documento si leggono note inerenti all’attenzione che l’Enel dovrà porre nei confronti di delicatissime questioni quali: “abbattimento dei fumi e delle polveri; contenere emissioni e dispersione in atmosfera per evitare lo sviluppo di odori molesti; nulla osta d’impatto acustico; rilevatore di temperatura idrica delle acque utilizzate dal Mercure e in esso restituite (trattamento delle acque reflue); effetti sulla salute dei cittadini della zona interessata e dei lavoratori esposti; impatto ambientale legato alle emissioni e alla dispersione degli inquinanti gassosi, delle polveri e delle ceneri con probabile contaminazione di radioattività naturale; tutela delle produzioni agroalimentari di qualità come le coltivazioni di particolare interesse: melanzana rossa e fagiolo bianco di Rotonda, lenticchia di Mormanno; tutela della Lontra)”. Tutto ciò dovrebbe avvenire sotto il controllo e la garanzia dell’Enel, che si occuperebbe di istituire un gruppo di controllo tecnico a proprie spese.
Ma perché dal 2000 l’Enel riesce ad ottenere la riattivazione della Sezione 2 della centrale del Mercure solo dopo 12 anni? C’entrerà qualcosa il fatto che la centrale si trova proprio all’interno di un Parco Nazionale protetto da leggi nazionali ed europee? O gli ostacoli provengono da un possibile rischio di impatto sanitario sull’essere umano, nonché sugli animali e sulle coltivazioni di particolare interesse? O addirittura potrebbe dipendere da entrambe le cose?
Dodici anni sono pur sempre dodici anni… facciamo un breve riassunto:
- 2 Settembre 2012 arriva l’autorizzazione rilasciata dalla Provincia di Cosenza all’Enel per la riattivazione, previa riconversione per l’uso di biomasse come combustibile (l’Enel sostiene di aver investito circa 90 milioni di euro per tale riconversione). Il Ministero dell’Ambiente richiede di escludere l’uso di rifiuti a favore di un impiego esclusivo di biomasse vergini da deforestazione, quindi la Provincia di Cosenza indice una nuova Conferenza di Servizi;
- 13 Ottobre 2008 la Regione Basilicata esprime valutazione di incidenza favorevole e alla riattivazione, convalidato poi nel 9 aprile 2009 previo parere dell’Ente Parco;
- 30 Luglio 2009 viene acquisito il parere favorevole dell’Ente Parco e della altre amministrazioni partecipanti, ad eccezione dei Comuni Di Rotonda e Viggianello; quindi viene rilasciata autorizzazione;
- 8 Ottobre 2009 l’Avvocatura Distrettuale Dello Stato Di Potenza giudica assolutamente valida la possibilità, da parte dell’Ente Parco, di annullare l’autorizzazione poiché “siamo all’interno di un’area protetta in maniera speciale” e “Sussiste l’interesse attuale al ricorso all’autotutela, essendo evidente la cura del pubblico interesse delle popolazioni locali residenti nell’area del Parco” (Prot. N. 10704);
- 28 ottobre 2009 l’ente parco annulla il precedente parere in via di autotutela;
- 23 dicembre 2009 l’Amministrazione Provinciale di Cosenza trasmette alla Regione Calabria tutti gli atti del caso, poiché si ritiene “priva di competenza”;
- 12 agosto 2010 l’Ente Parco risponde alla richiesta della Regione Calabria riaffermando l’annullamento del suo precedente parere favorevole;
- 13 settembre 2010 la Regione convalida tutti gli atti posti in essere dalla Provincia e rilascia l’autorizzazione.
COLPO DI SCENA!
I Comuni di Rotonda e Viggianello e l’Ente Parco, rappresentati e difesi dall’avvocato Vincenzo Bonafine, presentano ricorso al Consiglio Di Stato, che in sede giurisdizionale (Sezione sesta nel giorno 17 luglio 2012) accoglie i ricorsi e annulla il decreto della Regione Calabria 13 settembre 2010, n. 13109.
Ma la Regione Calabria non si arrende, e il 10 Agosto 2012 indice una ulteriore Conferenza Di Servizi (La conferenza di servizi è un istituto della legislazione italiana di semplificazione amministrativa dell’attività della pubblica amministrazione della Repubblica Italiana.). Il giorno 10 settembre la Regione Calabria convoca la prima seduta, poi rimandata al 24 settembre, le successive seconda e terza seduta saranno convocate per il 10 ottobre 2012 e il 24 ottobre 2012. La conferenza dei servizi autorizza la riattivazione, in barba alla sentenza emessa dal massimo organo di giustizia amministrativa italiano, e a Dicembre 2012 la Sezione 2 della centrale del Mercure viene riattivata a tutti gli effetti.
I Comuni di Rotonda e Viggianello, l’Ente Parco e alcune Associazioni Ambientaliste presentano il ricorso al TAR nel gennaio 2013 (rimandato dal 21 giugno al 15 Novembre).
I cittadini vanno avanti nella lotta al diritto alla salute, questo è il senso dell’assemblea permanente all’interno della sede dell’Ente Parco.
Io ci sono stata una settimana esatta dall’inizio dell’assemblea. E molti come me, andando lì, si sono fermati a guardare la Centrale. In molti sono scesi dall’auto e l’abbiamo guardata. Io ne ho sentito il fastidioso rumore e l’odore pungente che ne proviene. E mi sono chiesta con quale coscienza chi ci rappresenta abbia potuto permettere uno scempio del genere, facendo passare per norma ciò che agli occhi di molti pare essere, a tutti gli effetti, un sopruso.
Il diritto alla salute, nelle regioni confinanti alla nostra, è stato calpestato. Sembra paradossale, ma proprio la Lucania, che doveva essere la parte di Sud simbolo della libertà da associazioni mafiose, ora inizia a subire le ripercussioni di politiche economiche che ahimè vanno al di là della comune ratio e del semplice buon senso.
L’appello è diretto a tutti: “Partecipiamo in massa, il futuro dei nostri figli ci appartiene”.
Arminia Picardi