Jovan Divjak è molto conosciuto in Italia, come autore del libro "Sarajevo mon amour" (Infinito Edizioni), ma soprattutto per essere stato un "serbo" che durante la guerra in Bosnia, scelse di difendere la capitale bosniaca dall'assedio. Belgrado, che ne ha chiesto l'estradizione, lo accusa di crimini di guerra per la morte di 42 soldati dell'esercito jugoslavo nel '92 nello scontro della Dobrovoljacka ulica.
Jovan Divjak
(Foto Luka Zanoni/OBC)
Il generale Divjak, nonostante fosse di etnia serba, si schierò fin dall'inizio con la popolazione di Sarajevo e assunse il comando della difesa della città. Grande sostenitore del multiculturalismo e del dialogo tra le etnie, dopo aver lasciato la carriera militare si è dedicato all'aiuto degli orfani di guerra attraverso la sua ong "Education Builds Bosnia". Divjak è il terzo alto ufficiale bosniaco arrestato all'estero su richiesta delle autorità serbe. L'ex membro della presidenza dei tempi della guerra, Ejup Ganic, fu arrestato l'anno scorso a Londra, ma una corte inglese lo ha rilasciato per insufficienza di prove. Il sindaco di Tuzla dell'epoca, Ilija Jurisic, arrestato a Belgrado, è stato anch'egli rilasciato dopo due anni di carcere per insufficienza di prove.
Il ministero degli Esteri bosniaco ha inviato alla Serbia una nota di protesta: "Si tratta di un atto politico per relativizzare le colpe della Serbia nella guerra in Bosnia", ha dichiarato il ministro degli Esteri, Sven Alkalaj. A Sarajevo centinaia di persone si sono radunate davanti alle ambasciate austriaca e serba per protestare contro l'arresto. Proteste si segnalano anche in Serbia: varie Ong serbe hanno criticato l'arresto affermando che sarebbe molto più utile e produttivo per Belgrado arrestare Ratko Mladic e Goran Hadzic, gli ultimi due criminali di guerra serbi richiesti dalla giustizia internazionale.
Sull'arresto di Divjak segnalo l'articolo di Andrea Rossini, di Osservatorio Balcani e Caucaso, con le prime reazioni in Italia e Bosnia.
Sui fatti della Dobrovoljacka ulica segnalo quest'altro articolo di Osservatorio Balcani e Caucaso pubblicato lo scorso anno in occasione dell'anniversario dei fatti.