Un altro arretrato è la storia della campagna Clendy:
Me l'avete segnalata in tanti, e in tanti ne hanno discusso sul web. Che fa Clendy? Fa, banalmente, stracci. Okay, si chiamano panni in microfibra.Stracci.E come si fa pubblicità Clendy? Mette un cadavere di una donna nuda su un letto e un baldo giovine con il panno in microfibra in mano e un titolo che dice: "Elimina tutte le tracce". Per sottolineare ancora di più l'allusione, nel caso non l'avessimo ancora capita, sulla parete si vede l'ombra di un braccio che impugna un coltello.Ovviamente si sono subito levati mille cori di disgusto, per esempio dei famigliari delle vittime di femminicidio, tanto per dirne una. Dei centri antiviolenza. Delle associazioni per le pari opportunità. In generale di chiunque abbia un minimo di sensibilità umana.L'azienda cade dalle nuvole e dice: "Perché? Che ho detto?" Qualcuno glielo spiega e il responsabile della comunicazione ribatte divertito che la campagna è assolutamente in linea con i principi della parità. E infatti c'è pure questa:
Ho letto molti dibattiti su questi due annunci e devo dire che resto sempre un po' perplessa quando si dice che una pubblicità ha successo se fa parlare di sé, bene o male che sia. Ho letto di gente che citava Oliviero Toscani, tipo. Sì, proprio quello che due anni fa ha fatto il calendario con le foto delle gnocche (in senso letterale). Allora, a questo proposito avrei due sole cose da dire:1) la storia che una pubblicità funziona anche se fa parlare male di sé è roba che poteva andare bene negli anni Ottanta, forse. Anni in cui, appunto, Oliviero Toscani ci ha fracicato le palle con qualsiasi cosa facesse orrore. Oggi, far uscire una cosa del genere è dimostrare di essere dei dilettanti della comunicazione, oltre che del buon gusto.2) Se vogliamo far passare il concetto di parità tra i due annunci, nel secondo, esigo di vedere un uomo nudo. Oppure, per cortesia, eliminiamo tutte le tracce di questa campagna.






