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Arriba Brunel

Creato il 03 novembre 2011 da Rightrugby
Arriba Brunel Nei report sulla presentazione ufficiale del nuovo Responsabile Tecnico della Nazionale Azzurra di rugby Jaques Brunel, avvenuta stamane a Bologna,  i paragoni enfatici si sprecano. C'è quello che evoca James Bond, l'altro Winston Wolf il "risolvi-problemi" di Pulp Fiction; ubi major minor cessat,  straccia tutti il corrispondente della Gazzetta dello Sport che paragona il nostro ad Asterix. Forse scordando la sua connotazione anti-romana ...
Morto il papa, ne arriva uno nuovo: altissime le aspettative, con quel certo tocco di stupefatta provincia celebrante stile applausi all'atterraggio, che nel rugby nazional-popolare purtroppo non ci vien mai fatto mancare. Analoga fu l'accoglienza riservata al suo predecessore quattro anni prima, per chi la ricorda; salvo poi accusarlo di ogni nefanda incompetenza dopo un po' di delusioni, inevitabili appena i problemi di fondo del movimento inizino fatalmente ad emergere.
Non vogliamo esser freddi col tecnico Guascone (per nascita - proprio nel dipartimento del Gers, quello di d'Artagnan - e non certo per carattere), semplicemente preferiremmo attendere i fatti. Siamo estimatori del rugby francese e del suo modello organizzativo, in più stimiamo l'ex tecnico del Perpignan; non troviamo però molto produttivo contrapporlo a Nick Mallett, il coach più vincente della storia (con gli Springboks delle 18 vittorie consecutive) e più perdente di quella italiana (meno del 20% di vittorie, peggio di lui solo Brad Johnstone: persino Biscardi capirebbe che sotto c'è stato qualcosa d'altro). Di più, riteniamo fallace creare false aspettative fideistiche sulla testa del demiurgo di turno, pronti all'occorrenza a trasformarlo in capro espiatorio utile a nascondere i veri problemi. Lasciamo certi approcci al calcio, se desideriamo per davvero agire anche a livello narrativo, per preservare la "antropologica differenza" tra i due ambiti (a tal contenuto corrisponde una tal forma, diceva De'Sanctis il critico letterario, non l'arbitro).
Nella sua presentazione, Brunel ha affermato di non voler nessun tipo di cesura col recente passato: si ricomincerà col Sei Nazioni confermando l'intelaiatura dell'Italia Mondiale e lo staff tecnico, "Ho sempre accettato di lavorare con le persone che già c'erano quando ho sposato un nuovo progetto, la loro conoscenza dell'ambiente aiuta". 
Sulle sue dichiarazioni "programmatiche" invece, già giganteggiano i virgolettati: "Italia vincitrice del Sei Nazioni nel giro di due-tre anni", "Azzurri tra le prime sei nazionali del Mondo" (davanti a Scozia, Argentina, Galles, Irlanda e anche Inghilterra?!).  Del resto lo scalatore che dica, scordatevi di arrivare in cima, meglio cambi mestiere; inserite nel contesto  -  "l'Italia progredisce da tempo, lavorerò per accelerare tale sviluppo" - si tratta di auspici più che programmi e come tali andrebbero intesi.
Il nuovo CT ha iniziato come d'uopo in italiano virando subito al francese, enfatizzando due concetti, equilibrio e collaborazione.
Il primo viene applicato erroneamente a difesa e attacco e contrapposto, da chi finga di non ricordare cosa trovò Mallett al suo arrivo, all'idea (a nostro avviso sana) che quattro anni or sono servisse  "rifondare" la nazionale prima fisicamente che tecnicamente.
Per Brunel il concetto "più equilibrio in campo" parrebbe piuttosto essere indirizzato a risolvere un classico del rugby italiano: la prevalenza degli avanti (e più davanti sono e più "peso", anche politico, hanno) rispetto ai trequarti. Non di "difesa" rispetto ad "attacco", come fa regolarmente la critica. Senza quell'equilibrio si perde, afferma Brunel. Ben detto.
Quanto alla collaborazione, qualche indicazione la offre Dondi: "La Nazionale è il punto d'arrivo del lavoro dei nostri due super club che partecipano alla Rabo Pro 12, Brunel ha le idee molto chiare e dobbiamo aiutarlo”.  Aldilà di quel "nostri" che suona tanto "federali", speriamo ne sorga una nuova stagione di dialogo, ascolto e sostegno reciproco club-Fir, esteso all'Eccellenza e ai settori giovanili; una nuova fase che scalzi sordità e imposizioni passatiste. Nessuno auspica il predominio dei club sulla Federazione, come è in Francia e in Inghilterra; basterebbe copiare i "federalissimi" irlandesi, siam fin stanchi di ripeterlo: là i successi dei club di vertice sono prodromici e non contrapposti a quelli della nazionale, là è primario mettere i club nelle condizioni di vincere campionati e coppe, la nazionale vien poi come conseguenza.
Speriamo; sicuramente "denso" sotto tale profilo sarà stato il dopo presentazione bolognese a microfoni spenti e taccuini lontani, con Amerino Zatta presidente del Treviso e  Silvano Melegari
 degli Aironi.
Spazio per altre domande interessanti ce n'è poco, e non certo per indisponibilità di Brunel. A chi lo sollecitava sull'annoso problema dei mediani di apertura nazionali, il neo ct quasi istintivamente rispondeva "alla francese", allargando il discorso alla "cerniera" (pochi l'avran compreso): “Per il mediano di mischia ci sono 3-4 giocatori da livello internazionale". All'apertura dice solo che gli serve qualcuno che giochi in Keltia, quindi Burton e Botes, anche Orquera ma non Bocchino.
Nella realtà la domanda è mal posta e Brunel non può cogliere le ansie degli eterni orfanelli di Diego Dominguez. Ricordiamo che il tecnico riportò il Bouclier de Brennus a Perpinyà dopo oltre 50 anni, usando il bravo ma non eccelso Nicolas Laharrague all'apertura ma potendo contare sulla precisione nei piazzati dell'estremo Jerome Porical. Il piazzatore nazionale, ecco il vero urgente problema che Brunel deve affrontare e risolvere da ora.

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