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Arriverà la fine, ma non sarà la fine!

Da Andrea Venturotti

Ben ritrovati, passeggeri distratti. Ultimamente sono stato molto distratto a raccontare la vita degli altri attraverso il mio punto di vista. I racconti sono tutti raccolti in una categoria che ho deciso di intitolare Lifestories: letteralmente tradotto vorrebbe dire storie di vita, in più preciserei che sono solo alcuni pezzi di quelle vite. Poi, guardandomi bene dentro, ho capito che ho tante cose mie da dover raccontare senza nessuna forma di storia o quant’altro. Semplicemente riflessioni, nude e crude.
Tornando a noi, passeggeri distratti, durante il nostro cammino, lungo o breve che sia, ci troviamo continuamente a fare i conti con la morte. Chi per un motivo, chi per un altro ha avuto a che fare con essa. Chi ha perso un amico, chi un proprio familiare: persone a noi care. Non sono qui per parlare delle persone care che ho perso, ma bensì dell’effetto causato dalla perdita di esse.
In uno dei miei primi ‘articoli’ ho raccontato della perdita di una persona a me cara e, proprio qualche giorno fa, mentre ne parlavo con un mio amico mi soffermai su un piccolo ma gigantesco dettaglio. Tutto è partito da una semplice domanda: ‘Era tuo zio?’. A quella domanda ho risposto: ‘Si, è il fratello di mia mamma.’ Cosa c’è di strano? Penserete voi. Non so se avete notato che nella domanda il verbo è chiaramente al passato, mentre nella risposta ho usato un prorompente presente. Non so a voi, ma a me fa riflettere molto. Una delle tante distrazioni di cui vi ho parlato nel precedente articolo. Piccolezze che però nascondo immense verità.
Mi rendo conto che nessuno se ne va mai per sempre, finché ci sarà anche solo una persona che lo terrà in vita attraverso i ricordi. Quindi, quand’è che una persona se ne va davvero? Quando smetterà di essere ricordata. Nonostante tutte queste mie teorie, sentite e risentite, non so ancora se sia giusto o meno usare un verbo al presente in riferimento ad una persona che non c’è più. Non c’è una legge universale che stabilisce ciò, siamo noi che dobbiamo deciderlo. Io, nel momento in cui ho detto quella frase, ho sentito un brivido che mi attraversava tutto il corpo. Quello, secondo me, era un segnale esplicito che lui non se n’è ancora andato. E così sarà finché gli renderò memoria.

Arriverà la fine, ma non sarà la fine!

Soprattutto, ad un certo punto, ti rendi veramente conto che la fine può arrivare in qualsiasi momento soprattutto senza alcun tipo di preavviso. Sono giovane, lo so, ma son sicuro di non essere il solo a temerla. Magari cercando, in qualche modo, di fregarla. Inutilmente. Forse, come dice una canzone, solo l’amore riesce a fregare la morte. Secondo me anche tante altre cose: come ad esempio realizzare i propri sogni e i propri obbiettivi. Prima che lo spettacolo sia finito e che, qualcuno, spenga tutte le luci, voglio realizzare tutto ciò che desidero. Tutto ciò che mi sono sempre preposto come obbiettivo personale. Arrivare arriva, su quello non c’è dubbio. Stare seduto girandosi i pollici non è di certo una soluzione a questo problema. Piuttosto prendere e rimboccarsi le maniche e sudare per raggiungere i propri sogni, prima che essi si stanchino di aspettare noi. Perché anche loro se attendono troppo, poi, se ne vanno. Cambiano destinatario. Anche perché i sogni nel cassetto fanno la muffa. Allora è meglio tirarli fuori e cominciare a vivere. Il prima possibile. Allora potrà anche arrivare la fine ma non sarà mai la fine!


Il passeggero distratto è dentro ognuno di noi. Siamo sempre presi da tante, troppe cose. Pensieri. Ci concentriamo troppo sul passato o sul futuro, sulle scelte prese o su quelle da prendere. Dimenticandoci il presente. Viviamo ma continuamente e perennemente distratti. Se volete rileggere i pezzi precedenti di questa raccolta cliccate sopra il link seguente: https://afreeword.wordpress.com/category/il-passeggero-distratto/.

Il passeggero distratto collage

‘Il passeggero distratto’ – disegni a cura di Viola Sanna

A presto,
tra una riga e l’altra.

Rif


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