Instagrammare, pinch to zoom, iPad, iTunes, Tweet, Gorilla Glass, iPhone 5c, device. Terminologie nuove, note a chi più a chi meno, che sono entrate a far parte del nostro parlato negli ultimi anni ma che sembrano essere state lì da tempo, da sempre. Ma cosa sarebbe successo se davvero queste parole fossero state coniate decenni fa? Art x smart potrebbe essere la risposta definitiva, sicuramente ironica e riflessiva, che l’illustratore coreano Kim Dong-Kyu sembra aver trovato.
Tecnologie così note da essere, inevitabilmente, rappresentate dai più grandi artisti del secolo scorso. Art x smart giustifica “L’urlo” di Edvard Munch per un Gorilla Glass non proprio performante, anche “Mary Cassatt” di Edgar Degas sembra chiedersi della scelta aziendale di Apple, il “Saturno divora i suoi figli” di Francisco Goya per una ricarica immediata del suo Galaxy Note, la “Ragazza con l’orecchino di perla” di Jan Vermeer non poteva che farsi autoscatti e “La camera” di Vincent Van Gogh è un’esplosione hipster.
Art x smart è puro ramake, tanta ironia e analisi di ciò che siamo diventati. Nel opere riviste emerge un’alienazione dell’individuo, dell’incapacità di socializzazione e di frustrazione per cose (vedi batteria scarica o monitor distrutto) che avremmo digerito, solo qualche anno fa, con un “meglio che a lui che a me”.