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arte araba a Venezia

Creato il 05 agosto 2012 da Claudsinthesky

The Future of a Promise, a cura di Lina Lazar (2 giugno – 20 novembre 2012, Venezia).

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The Future of a Promise (Venezia, giugno – novembre 2011)

The Future of a Promise, uno degli eventi collaterali della Biennale di Venezia 2011 che si è tenuto ai Magazzini del Sale, è una collettiva di 22 artisti arabi quanto mai d’attualità dati i rivolgimenti socio-politici che hanno visto per protagonisti i Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente nei mesi passati.

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Manal Al Dowayan – Suspended Together, 2011

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Manal Al Dowayan – Suspended Together, 2011

Da quale paradiso sono scappate le donne / e hanno versato il miraggio / … sul / riposo dei viandanti? / Contrabbandiamo l’acqua del cielo nel nero della sera, / facciamo stillare un sole di rame sul pallore del deserto, / trafiggiamo le dita con le fronde delle palme. / Quale torpore tenta di sopraffare la lucidità delle fanciulle? / Dal cuore invochiamo desideri vitali e un nettare gorgogliante, / dal tempo invochiamo una vita, e dolce pazienza / … dai sentieri invochiamo / una patria / che dissipi la solitudine comune. [1]

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Driss Ouadahi – Fences, Hole 2, 2011

Ecco qui il posto dove sono nato, meno di trent’anni fa. [...] Guarda le baracche da cantiere: era la città di transito. [...] Per 18 anni ho vissuto in transito e questa permanenza del provvisiorio è rimasta impressa per sempre nella mia testa, al punto tale che non so cosa significa davvero “stabilirsi”. [...] Un giorno, il maestro ci ha annunciato che avremmo visto una proiezione in classe. Abbiamo lanciato delle grida di gioia: era una cosa così rara! Abbiamo riposto in fretta le nostre cose, abbiamo chiuso le tende, e, nella penombra, i titoli di testa sono apparsi sullo schermo. [...] Improvvisamente vedo capanne fatte di tavole, bambini zozzi, immondizia, fango, carcasse, automobili, mosche… Un vero incubo! Ero sicuro che presto mi avrebbero riconosciuto! Avevo la cacarella dalla paura e stavo già scomparendo sotto il banco, morto di vergogna, quando ho sentito la voce del commentatore dire che questo succede in Sud America e che si chiama il “Terzo Mondo”. Comunque al “Terzo Mondo” del film mancavano due cose per somigliare veramente alla città di transito: il filo spinato e i pulotti! Il filo spinato mi ha sempre dato l’impressione di essere in una specie di prigione e i pulotti sorvegliavano l’unico ingresso della città di transito, di giorno e di notte. [2]

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Taysir Batniji – GH0809, 2010

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Taysir Batniji – GH0809, 2010

Gaza non è la più bella delle città… / La sua costa non è la più blu tra i litorali delle città arabe / e le sue arance non sono le arance più belle del bacino del Mediterraneo. / E Gaza, non è la più ricca delle città… / né è la più progredita o la più grande, delle città; ma eguaglia la storia di una nazione. / Poiché è la più brutta agli occhi dei nemici, e misera e infelice e brutale. / Poiché è, di noi, la più capace a turbare l’umore del nemico e il suo riposo, / poiché è il suo incubo, / è arance disseminate di mine, infanti senza infanzia e vecchi senza vecchiaia, / e donne senza desideri, / e poiché è così, essa è la più bella tra di noi, e la più pura e la più ricca / e la più degna d’amore… [3]

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Ahmed Mater – The Cowboy Code, 2011

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Ahmed Mater – The Cowboy Code, 2011

Odio gli americani. Ho imparato a odiarli da mio padre, che è stato trattato male da Aramco; ecco perché mi sono unito all’organizzazione. [...] Sono sempre stato contro il sistema classista, fin da quando ne divenni consapevole al villaggio. Mio padre era un nakhlawi: si alzava all’alba e andava a lavorare nella fattoria fino al crepuscolo, poi, quando i datteri erano maturi, la maggior parte la portava al suo padrone e quello che rimaneva per noi era ciò che il padrone non aveva voluto. I datteri, le mandorle, i cipollotti e le verdure migliori andavano sempre a lui. Non m’importa del Baath o di Nasser o della Libia, [...] quello di cui m’importa è la giustizia ed ecco perché mi sono unito all’organizzazione. [4]

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sx: Ayman Yossri Daydban – Ra’I, 2011 | dx: Ahmed Mater – The Cowboy Code, 2011

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sx: Abdulnasser Gharem – The Stamp (Amen), 2011 | dx: Ayman Yossri Daydban – Ra’I, 2011

Un unico lenzuolo / Occulta la visione / E dio si agita. [5]

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Mounir Fatmi – The lost Springs, 2011

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Mounir Fatmi – The lost Springs, 2011

O tiranno oppressore / amante dell’oscurità, nemico della vita, / hai schernito i gemiti di un popolo debole / e il palmo della tua mano è tinto del suo sangue. / Hai gioito nel deformare il fascino dell’esistenza / e semini spine d’afflizione tra le sue alture. / Adagio! Che non t’ingannino la primavera, / la limpidezza dei cieli e la luce del mattino: / ché all’orizzonte sconfinato v’è l’orrore della tenebra, / e il rimbombo dei tuoni e l’infuriare dei venti. / Sta’ in guardia, ché sotto alla cenere v’è la fiamma / e colui che semina spine raccoglie ferite. / Contempla, là, ovunque hai mietuto le teste dell’umanità e i fiori della speranza / e hai dissetato col sangue il cuore della terra, imbevendola di lacrime fino all’ubriachezza. / Ti spazzerà via lo scorrere dei torrenti di sangue / e la tempesta che divampa ti divorerà. [6]

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sx: Mounir Fatmi – The lost Springs, 2011 | dx: Kader Attia – La Colonne Sans Fin, 2010

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sx: Kader Attia – La Colonne Sans Fin, 2010 | dx: Ziad Abillama – Untitled (Arabes), 2011

Le tombe di Carpentras sputavano cadaveri. La croce uncinata tormentava il mondo. Auschwitz riapriva le porte. I parigini rioccupavano la Bastiglia. Tutti i sentieri della rabbia conducono alla cittadella. Semiti, massoni, vu’ cumprà, parassiti, rospi, teppisti, apolidi, negri, meticci, idioti, vecchi rincoglioniti, bastardi, zulù, proletari, circoncisi, ostrogoti, mezzecalzette, plebaglia, zotici, trogloditi, leccaculi, feccia, scimmioni, tarantolati, anarchici, rossi, grigi, beur, tarati, sgualdrine, puttane, drogati, buoni a nulla, hippie, avvocati dei poveri, cretini, banditi, straccioni, fancazzisti, razze inferiori, maiali, socialisti, ecologisti, sionisti,  mocciosi, coglioni, stupidi, ipocriti, profittatori, arabi, gramigna, ebeti, banderuole, burattini, pretacci, democratici, omosessuali, abbronzati, marocchini, zingari, suonati, barboni, topi di fogna, canaglie, gang, consumatori d’ossigeno a tradimento, marmaglia, pirla, nani, cretini, idioti, imbecilli, ecc…, tutti quanti si riunirono ai piedi del memoriale. Akli, piccolo come Hitler, prese anche lui la Bastiglia. I politici, presenti alla marcia, sorridevano a trentadue denti e stringevano la mano di quei manifestanti che, tormentati dallo spauracchio della Notte dei cristalli, s’inginocchiavano davanti ai loro signori, venuti come dei salvatori, e giuravano di votare per Loro e… nient’altro che per Loro. [7]

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Raafat Ishak – Responses to an immigration request from one hundred and ninety four governments, 2006-2009

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Raafat Ishak – Responses to an immigration request from one hundred and ninety four governments, 2006-2009

“[...] Lì la terra si basa su queste forze, che l’hanno avvicinata alla perfezione.” “Mi troverai sincero”, dissi io con risolutezza. “Sarai ricompensato dimorando nella Terra di Gebel.” “Essa non sarà che una visita, dopo di che tornerò nella mia terra”, dissi con premura. Ed egli, con convinzione: “Là dimenticherai il mondo e tutto ciò che v’è in esso”. “Ma la mia patria ha bisogno di me…” Allora mi chiese, sorpreso: “E come mai la lasciasti?” “Intrapresi il viaggio nella speranza di ritornarvi con una conoscenza che potesse darle la salvezza”. Disse quindi il vecchio con indignazione: “Sei dunque un disertore: tu giustifichi con il viaggio una fuga dal dovere. Nessuno è emigrato qui senza prima aver compiuto quanto necessario, e tra essi v’è chi ha perduto il fiore della giovinezza in prigione per amore della guerra santa, non a causa di una donna”. “Ero un individuo solo di fronte a una totale tirannia…”, esclamai afflitto. “Questa è la giustificazione di un debole di carattere!” Lo implorai dicendo: “Che il passato sia ciò che è: la mia determinazione non verrà scoraggiata e la mia vita non sarà dissipata invano”. [8]

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Mona Hatoum – Drowning Sorrows (Gran Centenario), 2002

Ma a Beirut… il domani non arriva mai. Nel mondo arabo domani può comprendere domani, la prossima settimana, il prossimo anno, o il prossimo secolo. [...] Tutto stava andando storto. Dove vai a finire quando vuoi essere un’artista, ma ti rendi conto che è una parola che in arabo non esiste sul serio? Che se dici artista potrebbe essere tradotto con “prostituta slava”? Che se dici artista, la gente presume semplicemente che sei una tossicodipendente o una hashesh? Che se dici artista, vuol dire che non hai fatto nulla nella vita, ma sei a caccia di marito? Che se dici artista, significa che non eri abbastanza brava in matematica e quindi non otterrai mai un lavoro di alto livello? [...] Che se dici artista, tutto ciò che t’interessa veramente è scopare? Che se dici artista, vuole dire che sei ancora attaccata all’idealismo arabo Anni ’70? Che se sei un’artista, tutto ciò che fai è dipingere selvaggi cavalli arabi al galoppo e scolpire pugni che escono fuori dal marmo? Che se sei un’artista, vuol dire che hai bisogno di aiuto, che la gente dovrebbe essere dispiaciuta per te perché non sei in grado di fare altro? Perché voler fare l’artista quando si può diventare banchiere, avvocato o magnate della pubblicità? Per quasi tutta la vita, sono cresciuta credendo di essere invicibile; di essere una discendente di Jor-El. Ma dopo un po’ di anni a Beirut, il mio spirito fu messo alla prova. [...] I miei colleghi artisti si stavano vendendo al miglior offerente. Passavo più tempo negli ipermercati che nel mio studio. I miei libri stavano raccogliendo polvere. La mia penna si era inaridita. Bevevo. Bevevo. Bevevo. Volevo dimenticare le delusioni. Trovare pace. Velocemente. [...] Il mostro iniziò a mangiare il poeta. E infine caddi. Smisi di dormire. Smisi di mangiare. Smisi di bere. Smisi di respirare. Smisi di vivere. [9]

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sx: Nadia Kaabi-Linke – Flying Carpets, 2011 | dx: Manal Al Dowayan – Suspended Together, 2011

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Manal Al Dowayan – Suspended Together, 2011

Ha mescolato acido di inchiostro con il sale / del mare e ferite dell’anima. / Ha mescolato / ha scritto su un deserto calloso / e carta clemente / ali e desideri / e ha cercato di volare. [10]

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[1] Fawziyya Abu Khalid: Qasidat an-Nisa’ (estratto)

[2] Jérôme Ruillier: Les Mohamed. D’après le livre Mémoires d’Immigrés de Yamina Benguigui, Paris, Éditions Sarbacane 2011

[3] Mahmoud Darwish: Samt min ajli Gaza (estratto)

[4] Turki al-Hamad: Adama, London, Saqi Books 2003

[5] Islam Samhan: A chi porti la rosa?, traduzione italiana a cura di Valentina Colombo, Novara, Interlinea Edizioni 2009

[6] Abou el Kacem Chebbi: Ila Tughat al-Alam

[7] Ameziane Kezzar: Les futurs déportés, in La fuite en avant, Alger, EDIF 2000, 2001

[8] Naguib Mahfuz: Rihlat Ibn Fattuma, al-Qahirah, Dar el-Shorouk 2008

[9] Zena El Khalil: Beirut, I Love You, Beirut, Saqi Books 2009

[10] Fawziyya Abu Khalid, Esperimento, in Non ho peccato abbastanza, a cura di Valentina Colombo, Milano, Mondadori 2007



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