Sono all’estero, forse negli USA. Ho organizzato una performance artistica in una specie di parco, dove c’è anche una pista di pattinaggio su ghiaccio. Ho disposto i membri di una famiglia in diverse posizioni nel parco. Visti dall’alto dovrebbero formare come una costellazione. Sicuramente un triangolo, ma anche altre figure. È notte, le persone sono in posa sotto la luce di riflettori e conservano una specie di immobilità simile alle statue. Tutto mi sembra molto bello e ben riuscito. A un tratto io ed altre persone ci mettiamo ad applaudire per segnalare che la performance è finita. I partecipanti ricominciano a muoversi. Dal tetto di uno degli edifici circostanti sento venire applausi e grida di parecchie persone. Qualcuno mi dice: «Sono i tifosi di una squadra di calcio che ci hanno sentito applaudire e lo fanno anche loro». Dico: «Ci stanno facendo un’ovazione». L’altra persona mi risponde: «Beh, in realtà sono qui per una partita, non per la performance…». Rispondo: «Nell’arte contemporanea l’unico modo di ricevere un’ovazione è trovarsi sul posto al momento di una partita…». (Mi sveglio).