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Arte Democratica: Si Deve Essere alla Portata di Tutti?

Creato il 01 febbraio 2013 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Davide FrezzatoArte Democratica: Si Deve Essere alla Portata di Tutti?

Vorrei continuare la serie di articoli ispirati dal Museo del Novecento di Milano, con un tema che si propone al visitatore dell’Arengario ancora prima di entrare nell’area espositiva vera e propria. Sulla rampa di accesso è stato ricavato uno spazio dedicato all’opera più famosa di Giuseppe Pellizza da Volpedo: Il Quarto Stato. L’impressione che traspare da questa scelta pare essere assai chiara e ovvia. Il pittore alessandrino realizzò quest’opera maestra del movimento divisionista con l’intento di rappresentare non solo uno sciopero operaio, ma anche l’avanzata del popolo che dall’oscurità dell’oppressione e dell’ignoranza entra nella luce della conoscenza e della consapevolezza di sé. Al visitatore più sensibile non può non risuonare il monito che finalmente, grazie all’impegno del Museo, l’Arte (e implicitamente la Cultura) sia accessibile a chiunque, senza distinzioni di ceto. Nobile messaggio, sfiderei chiunque a pensarla diversamente. Eppure credo che una riflessione sulle manifestazioni artistiche sia d’obbligo. Il mondo artistico odierno pare essere permeato da una nuova concezione che veda l’Arte come un canale di comunicazione privilegiato e che debba essere esentato da qualsiasi regola e condizionamento di costume, in modo da concedere all’artista una libertà totale d’espressione. Sarebbe un po’ come pensare che uno scrittore si possa servire della lingua in modo libero, senza i condizionamenti della grammatica e della sintassi… E la comunicazione? Accettando che la non-comunicazione sia in sé e per sé un atto comunicativo perché trasmette tutte quelle inadeguatezze e incapacità espressive tipiche della società odierna, come possiamo concepire una comunicazione fatta di regole soggettive, difficilmente e non universalmente decodificabili?

Arte Democratica: Si Deve Essere alla Portata di Tutti?

L’Arte è in sé un linguaggio e come tale va considerata, curata e sviluppata. La vorticosa schizofrenia artistica dei nostri tempi ci sta facendo credere che basti entrare in possesso di alcuni strumenti di lavoro (non necessariamente convenzionali, s’intende) e dare sfogo al proprio ingegno. E il risultato? Non si corre in questo modo il rischio di avere molto da dire ma di non avere gli strumenti per esprimersi correttamente? Le botteghe dei grandi Maestri del passato avevano sì la funzione di agevolare il lavoro dell’artista riconosciuto usufruendo della manodopera a basso costo di giovani che volevano affacciarsi al panorama artistico, ma in cambio di quel lavoro silenzioso veniva data ai più talentuosi la possibilità di crescere e di arrivare successivamente a risultati (leggete capolavori) che, solo per fare un paio di esempi, portano il nome di Gioconda e Primavera. Senza una formazione propedeutica e formativa di qualità non si può pretendere di “fare Arte”.

Arte Democratica: Si Deve Essere alla Portata di Tutti?

L’auspicata obbligatorietà di un cammino che possa portare ad una maturazione dell’artista non vuole essere in alcun modo un’arida ed inutile critica alla tendenza contemporanea, ma bensì una richiesta affinché si possa arrivare ad interrompere quella ben poco raffinata pratica di senzatitolare le opere. Passeggiando per le sale del Museo del Novecento può sorgere anche al visitatore meno attento un dubbio, che da decenni divide il pubblico: l’Arte moderna e l’Arte contemporanea hanno un senso? Hanno qualcosa da dire? O sono una semplice presa in giro? La serie di Fibonacci al neon con a lato una testa di zebra ha una logica o sta cercando disperatamente il contributo del pubblico, nella speranza che sia proprio il pubblico a trovare l’anello mancante fra la sua esistenza e il significato? La selezione naturale che si è sempre avuta in ambito artistico era prerogativa dei maestri che formavano e ispiravano le giovani generazioni introducendole nella giungla dei committenti, che nel passato erano gli unici ad avere diritto di vita e di morte sulle carriere artistiche. Oggi tale potere risiede nella penna dei critici che con recensioni più o meno favorevoli e più o meno veritiere hanno la facoltà di creare i nuovi giganti dell’Arte e di influenzare il senso critico atrofizzato del pubblico, che sempre più spesso è plasmato sulle idee altrui.

Arte Democratica: Si Deve Essere alla Portata di Tutti?

Un aspetto decisamente positivo del panorama artistico odierno è che non si respiri più l’aria altolocata delle gallerie patrizie, dove per secoli sono state custodite lontane dal grande pubblico le collezioni che ora popolano i musei di tutto il mondo. L’Arte è diventata sempre più un bene di consumo su larga scala, le mostre sono sempre più frequenti e richiamano sempre più persone disposte anche a lunghe file d’attesa per entrare. Ma chi vive veramente l’Arte? Non bisogna essere degli addetti ai lavori per giudicare se una scultura ci piaccia o meno, non bisogna essere eruditi per farsi coinvolgere dall’emotività di un quadro; si deve però essere disposti alla discussione (anche intima) per farsi coinvolgere dal pensiero che ha creato un’opera e confrontarsi con idee che possano mettere in discussione le nostre certezze. L’Arte ha rivestito diversi ruoli nei secoli, da semplice talismano apotropaico è diventata un incisivo strumento di propaganda dei poteri temporali e religiosi, sino ad essere un espediente per contrastare il disorientamento sociale e l’affermazione della personalità dell’artista. È in questa moltitudine di forme che lo spettatore deve essere disposto a scendere in sé stesso per aprire la propria mente ad altre certezze, ad altri pensieri e a nuovi dubbi. Senza questa predisposizione a mettersi in gioco l’Arte perde la propria essenza e non può più essere chiamata Arte, ma semplicemente happening. L’Artista ha l’obbligo di formarsi e irrobustire le proprie idee perché questo suo cammino ha la responsabilità di essere un sentiero tracciato per il cammino personale di ciascun fruitore dell’Arte che a sua volta ha l’obbligo di insinuare dei dubbi nelle proprie certezze.

 

In copertina: Pellizza da Volpedo – Il Quarto Stato, 1901 – Museo del Novecento, Milano

 


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