Si conclude a Roma il 31 Gennaio, al Macro di via Nizza, un interessante esperimento di arte figurativa a quattro mani prodotto dai fratelli catanesi Carlo e Fabio Ingrassia e curato da Cornelia Lauf.
Omozigoti, gli Ingrassia, mancino uno e destrimano l’altro, convivono nell’estratto di nascita e nell’arte, grazie ad una produzione simultanea sulla medesima superficie, frutto della complementarità esecutiva. Padroni indiscussi della propria singolarità, gli Ingrassia consolidano il proprio essere complesso, creativo, nella dialettica vocazionale della propria specularità esecutiva, antiretorica.
Destra e sinistra, cuore e mente, sé e il suo contrario si intersecano nella volontà contraddittoria del singolo e del suo uguale, dando vita ad un incontro clamoroso, liberatorio, bifronte, fra io e super-io: uguali eppure diversi, unici eppure identici.
Chi non ha mai desiderato dialogare con se stesso e trovare nelle proprie parole, implacabilità, sussiego e comprensione allo stesso tempo?
Integrità e ricerca, intemperanza e rigore fiammingo, nel loro essere disgiunti e univoci allo stesso tempo, accostano, nella creazione dei fratelli Ingrassia, l’essere e la sua doppiezza con il bisogno di osservarsi dentro e intorno: non più coppia dunque, troverete nella loro produzione, ma costellazione trasformativa dell’essere.
Novello Giano, il disegno di Carlo e Fabio, si consolida nella robustezza delle forme della scultura e questa, viceversa, supera la propria fisicità per divenire vetrofania mentale.
Una sintesi interessante dei primi dieci anni della loro produzione, in oscillazione tra disegno e scultura, in cui è articolata una nuova sintassi del colore, è ancora, per pochi giorni, visibile a Roma: ammiratela.
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