Arte Povera: la ribalta degli artisti-artigiani

Creato il 19 febbraio 2015 da Artesplorando @artesplorando
Continua la scoperta della contemporaneità, con la rubrica dal nome irriverente "lo potevo fare anch'io"! Oggi parliamo dell'Arte Povera.L'Arte Povera è un movimento che nasce nell'ambito dell'Arte Concettuale apparsa in Europa intorno agli anni '60 (del '900 ovviamente), che si opponeva alle forme d'arte fino allora conosciute, che venivano giudicate ed apprezzate dalla società contemporanea, in base alle qualità dell'opera stessa e nella sua capacità di suscitare emozioni. Gli artisti appartenenti a questa nuova corrente, sostenevano che l'arte non risiede nell'aspetto delle opere realizzate, ma nell'idea, nella parola o nel pensiero percorso per realizzare tale opera e presto si divisero in due gruppi: quello legato al pensiero e quello legato all'evento. Ma avremo modo di approfondire l'argomento in seguito.

Alighiero Boetti, io che prendo il sole a Torino

Gli artisti che aderiscono al movimento dell'Arte Povera si esprimono producendo opere concrete, sostenute da messaggi decisamente intellettuali, sono forse più artigiani che pittori o scultori.Questi artisti, schifando tele e pennelli, utilizzano  materiali "poveri" per definizione, ossia terra, legno, ferro, stracci, plastica, scarti industriali, con la volontà di ricreare un'espressione originale, utilizzando un alfabeto fatto di materiali poveri ed in disuso, dopo avere perso la capacità di assolvere il compito a cui erano destinati.

Luciano Fabro, strade d'Italia

Un'altra caratteristica del lavoro degli artisti del movimento è il ricorso alla forma dell'installazione, come luogo della relazione tra opera e ambiente e a quella della "performance".Nel settembre del 1967 si inaugura nella galleria La Bertesca di Genova la mostra dell'Arte Povera curata dal critico d'arte Germano Celant, che si occupa della definizione teorica del movimento omonimo.

Mario Mertz, Objet cache-toi

La scelta del termine "Arte Povera" rimanda al lessico del regista Jerzy Grotowski, che aveva proposto, fin dall’inizio degli anni Sessanta, la costituzione di un “teatro povero” con grandi spettacoli basati sulle tecniche della finzione scenica e sul coinvolgimento dello spettatore.Celant delinea la teoria e la fisionomia del movimento attraverso mostre e scritti come "Conceptual Art, Arte Povera, Land Art" del 1970 ed afferma, semplificando, che l'arte povera si manifesta essenzialmente "nel ridurre ai minimi termini, nell'impoverire i segni, per ridurli ai loro archetipi".Secondo il critico Celant gli artisti dell’arte povera portano avanti la stessa ricerca estetica del "Teatro Povero", rinunciando nelle loro opere a qualsiasi finzione, per presentare semplicemente sé stessi in quanto elementi soggetti alle forze della natura ed allo scorrere del tempo come qualsiasi altro oggetto.Per gli artisti che hanno abbracciato l'Arte povera, l'unica vera realtà è il presente da affrontare con un atteggiamento di critica verso il sistema.

Michelangelo Pistoletto, Venere degli stracci

Come per altri movimenti (la Pop Art, la Minimal Art e la Land Art) viene dato rilievo artistico non solo all'opera realizzata, ma anche agli elementi utilizzati nella realizzazione: il tempo, i gesti dell'artista, i materiali impiegati e persino l'attenzione verso gli oggetti e le performance in cui sono coinvolti gli spettatori.

Jannis Kounellis, senza titolo

Principali figure del movimento furono gli artisti che parteciparono alla mostra del 1967:Mario Merz, Alighiero Boetti, Jannis Kounellis, Luciano Fabro, Michelangelo Pistoletto.A questi si aggiunsero presto Giovanni Anselmo, Mario Ceroli, Brajo Fuso, Piero Gilardi, Luigi Mainolfi, Giulio Paolini, Pino Pascali, Giuseppe Penone, Ferruccio Bortoluzzi e Gilberto Zorio, allargando le forme di espressione di questo movimento fino alla Junk Art di Alberto Burri.

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