Originaria dell’Europa centrale e meridionale hanno sempre parlato di lei come un qualcosa di pericoloso, addirittura tossico. A guardarla ha un colore verde spento, tendente al grigio ed al tatto risulta morbida perché ricoperta di una sottile peluria. Certo, sentirne parlare così non invoglia a farne la conoscenza ma in tempi passati con lei si accompagnavano scrittori e pittori, ne erano addirittura soggiogati.
Artemis era la dea greca della natura, dei boschi e della caccia ma sono in pochi a chiamarla secondo la denominazione scientifica, la conoscono tutti con l’appellativo di fata verde. Per un lungo periodo l’assenzio è stato vietato in molti Paesi perché considerato tossico e per porre un freno al suo uso diffuso nell’800 francese.
Nei trattati sulla preparazione dell’assenzio giunti fino ad oggi si dice che venisse prodotto solamente per distillazione per poi essere bevuto puro come medicinale o allungato come bevanda, modalità ereditata dai soldati francesi in Algeria che avevano l’abitudine di disinfettare le acque malsane con l’assenzio. Poco dopo si iniziò a consumarlo addolcito con sciroppo e poi, negli anni 30 del XIX secolo, a consumarlo con una zolletta di zucchero.
E’ rappresentato anche sul quadro di Degas ‘L’Absinthe’, un olio sul tela ambientato a Parigi nel Café de la Nouvelle Athènes a Pigalle che raffigura l’attrice Ellen Andrée e l’incisore Marcellin Desboutin con i volti inebetiti dal consumo di assenzio, in mostra nella bottiglia sistemata sul vicino tavolo.
Io ne ho prodotto una versione non distillata, ovviamente, ma per infusione con le foglie di una pianta che mi è stata regalata qualche tempo fa. Per tradizione viene tagliato con l’anice ma è una spezia che apprezzo poco, soprattutto nei liquori. Le foglie fresche di menta e melissa, invece, danno una nota fresca davvero piacevole mantenendo le proprietà digestive dell’anice.
La ricetta è simile a quella del liquore al cardamomo ma le dosi sono alla vostra fantasia, io sono un’alchimista e non seguo regole precise.