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arthur newman

Creato il 27 novembre 2012 da Albertogallo

ARTHUR NEWMAN (Usa 2012)

arthur newman

Questo film è stato presentato alla XXX edizione del Torino Film Festival, nella sezione Torino 30.

arthur newman

Insoddisfatto, divorziato, con il figlio adolescente che non vuole nemmeno incontrarlo, un uomo decide di cambiare vita, di botto. Compra una falsa identità e scompare. Sulla strada, incontra una ragazza con un sacco di problemi. Colin Firth ed Emily Blunt nella storia amara, pietosa e a tratti divertita di un’avventura esistenziale che tutti abbiamo avuto la tentazione di vivere. Dirige l’esordiente Dante Ariola.

Da sempre il road movie americano è un viaggio dentro di sé. Arthur/Wallace e Mike/Charlotte, dalla Florida al North Carolina, scappano da due vite che non riescono più a gestire: vigliaccheria più che ribellione, i due sono impossibilitati a soffocare quel magone interiore nato chissà quando. Vedono la fuga come unica salvezza, la trasfigurazione in altri individui come unica soluzione di felicità: perché condannarci se siamo felici così?

Il film di Dante Ariola è soprattutto un film di attori. Colin Firth è bravissimo, molto credibile sia come maschio alle prese con una brutta crisi di mezza età (ma l’aspetto ricorda il Michael Douglas di Un giorno di ordinaria follia), sia nella parte del golfista, sia, infine, in tutti gli altri “ruoli” che recita nei vari sketch che occupano la parte centrale del film (con un’efficace attenzione agli accenti). A Emily Blunt tocca invece l’ennesima figura di ragazza un po’ disadattata, senza vincoli né appigli, vagamente dark e borderline. Non un facsimile di Lisbeth Salander, però: questione di sfumature, rese alla perfezione dall’attrice.

Anziché seguire le consuete peripezie di chi decide di cambiare identità, il plot percorre una strada del tutto originale. Arthur Newman nasce da qualche parte all’interno di Wallace Avery (il vero nome del protagonista) molto tempo prima dell’inizio della storia: non si sa con precisione quando, ma il film suggerisce più ipotesi. L’originalità nella successione degli eventi fa, per un po’, dimenticare la scarsa originalità del tema. Intendendo il destino come un lancio di dadi, Ariola fa incontrare quasi subito i due protagonisti, e il film, che parte come un dramma esistenziale, diventa commedia folle nella parte centrale (la più riuscita), salvo poi tornare dramma hollywoodiano nel finale.

L’ending (non si può dire quanto happy) è nell’aria sin dall’inizio, prefigurato anche dalla storia parallela di chi resta a casa abbandonato da Wallace (figlio adolescente e fidanzata). Ma il pubblico italiano, o almeno quello di un certo tipo, non potrà dimenticare (retaggio liceale…) quel riferimento letterario al quale (in)volontariamente si rifà Arthur Newman: laddove Mattia Pascal vedeva la società rifiutargli la possibilità di cambiare vita, Newman non può estromettere del tutto i legami familiari lasciati slegati. Chissà quanti hanno colto, però: i ragazzi in fila (tutti regolarmente accreditati) non facevano che parlare di Baricco…

Marcello Ferrara



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