Arthur rimbaud poesie xiii
Creato il 05 settembre 2013 da Marvigar4
ARTHUR RIMBAUD
POESIE
Traduzione dall’originale in francese Poésies
di Marco Vignolo Gargini
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VOCALI
(Voyelles)
A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali!
Io un giorno dirò delle vostre nascite latenti:
A, busto nero villoso di mosche splendenti
che ronzano attorno a fetori crudeli,
golfi d’ombra; E, candori di vapori e di tende,
lance di fieri ghiacciai, re bianchi, brividi di umbelle;
I, porpore, sangue sputato, riso di labbra belle
nell’ira o nell’ebbrezze penitenti;
U, cicli, divine vibrazioni di viridi mari,
pace di sparsi pascoli d’animali, paci rugose
che l’alchimia imprime nell’ampie fronti studiose;
O, suprema Tromba ricolma di stridori strani,
silenzi traversati dai Mondi e dagli Angeli:
- O, l’Omega, raggio violetto dei Suoi Occhi!
LA STELLA HA PIANTO ROSA
(L’étoile a pleuré rose)
La stella ha pianto rosa nel cuore delle tue orecchie,
l’infinito dalla tua nuca alle tue reni è scorso bianco;
il mare ha stillato rosso alle tue mammelle vermiglie
e l’Uomo ha sanguinato nero al tuo sovrano fianco.
[L’UOMO GIUSTO
frammenti]
(L’homme juste
fragments)
Il Giusto restava dritto sulle sue anche solide:
un raggio gli indorava la spalla; dei sudori
mi presero: “Tu vuoi vedere rutilare i bolidi ?
e, in piedi, ascoltare ronzare i flussi
d’astri lattei e gli sciami d’asteroidi?
“Dalle notturne burle la tua fronte è spiata,
o Giusto! Bisogna guadagnarselo un tetto. Dì la tua prece,
la bocca sul tuo drappo dolcemente espiato;
e se qualche ramingo busserà al tuo ostiario,
dì: Fratello, fatti più in là, io sono uno storpio!”
E il Giusto restava ritto, nello spavento
bluastro delle zolle dopo il tramonto:
“Allora, metteresti le tue ginocchiere all’incanto,
o Vegliardo? Pellegrino pio! bardo d’Armor!
Prefica degli Olivi! Mano che inguanta la pietà!
“Barba della famiglia e pugno della città,
credente mitissimo: o cuore caduto nei calici,
maestà e virtù, amore e cecità,
Giusto! Più bestia e più disgustoso delle cagne!
Io sono colui che soffre e che s’è ribellato!
“E mi fa piangere sul mio ventre, o stupido,
e ridere forte, la speranza famosa del tuo perdono!
Io sono maledetto, lo sai! io sono sbronzo, folle, livido,
ciò che tu vuoi! Ma vattene a dormire, orsù,
Giusto! Io non voglio niente dal tuo torpido cervello.
“Sei tu il Giusto, in conclusione, il Giusto? Basta!
È vero che la tua tenerezza e la tua ragione serene
Sniffano nella notte come dei cetacei,
che tu ti fai proscrivere e cianci lamenti
su orribili maniglie fracassate!
“E sei tu l’occhio di Dio! il vile! Quand’anche le piante
fredde dei piedi divini passassero sul mio collo,
tu sei vile! o la tua fronte che formicola di lendini!
Socrate e Gesú, Santi e Giusti, che nausea!
Rispettate il Maledetto supremo nelle notti insanguinate!”
Io avevo gridato questo sulla terra, e la notte
calma e candida copriva i cieli compagna alla mia febbre.
Rialzai la mia fronte: il fantasma era fuggito,
portandosi dietro l’ironia atroce del mio labbro…
- Venti notturni, venite dal Maledetto! Parlategli,
mentre silenzioso sotto i pilastri
d’azzurro, prolungando le comete e i nodi
dell’universo, enorme sommovimento senza disastri,
l’ordine, eterno vigile, rema nei cieli luminosi
e della sua draga in fiamme lascia cadere gli astri!
Ah! che se ne vada l’altro, lui, il gozzo incravattato
di vergogna, ruminando sempre la mia noia, dolce
come lo zucchero sui denti guasti.
Come una cagna dopo l’assalto dei fieri cagnoni,
che si lecca il suo fianco dove pende un pezzo di viscere.
Che declami le sudice carità e il progresso…
- Esecro tutti questi occhi di Cinesi buzzoni,
poi che canta: nanà, come tanti bambini vicini
a morire, teneri idioti dalle canzoni improvvisate:
o Giusti, noi cacheremo nei vostri ventri d’argilla!
CIÒ CHE SI DICE AL POETA
A PROPOSITO DI FIORI
(Ce qu’on dit au poète a propos de fleurs)
I
Così, sempre, verso l’azzurro nero
Dove trema il mare di topazi,
funzioneranno nella tua sera
i Gigli, questi clisteri d’estasi!
Nella nostra epoca di sagù,
quando le Piante sono operaie,
il Giglio berrà i disgusti blu
nelle tue Prose religiose!
- Il giglio del signor de Kerdrèl,
il Sonetto milleottocentotrenta,
il Giglio che si dona al Menestrello
col papavero e l’amaranto!
Gigli! Gigli! Non se ne vedono!
E nei tuoi Versi, che sembrano maniche
di Peccatrici dal dolce passo,
sempre in brivido questi fiori bianchi!
Sempre, Caro, quanto ti fai il bagno,
la tua camicia sulle ascelle bionde
si gonfia nella brezza del mattina
sui miosotis immondi!
L’amore non passa ai tuoi dazi
senza il Lillà, – o altalene!
E le Viole dei Boschi,
sputi zuccherosi di Ninfe nere!…
II
O Poeti, quand’anche voi aveste
Le Rose, le Rose rigonfie,
rosse su steli di lauro,
ed enfiate di mille ottave!
Quand’anche BANVILLE le facesse nevicare,
sanguinolenti, in vortici,
che pestano l’occhio matto dello straniero
dalle letture mal benevole!
Delle vostre foreste e dei vostri prati,
o paciosissimi fotografi!
La Flora è pressappoco diversa
Come dei tappi di caraffe!
Sempre i vegetali Francesi,
rognosi, tisici, ridicoli,
dove il ventre dei cani bassotti
naviga in pace, nei crepuscoli;
sempre, dopo i disegni orribili
di Loti blu o di Girasoli,
stampe rosa, soggetti santi
per giovani comunicande!
L’Ode Asoka quadra con la
strofa a finestra di lorette ,
e farfalle pesanti brillanti
evacuano sulle Pâquerette.
Vecchie verzure, vecchie e stravecchie!
O pasticcini croccanti vegetali!
Fiori fantastici dei vecchi Salons!
- Ai maggiolini, non ai crotali,
questi puponi vegetali in lacrime,
che Grandville avrebbe messo alle dande,
e che allatterebbero di colori
astri orrendi con le visiere!
Sì, le vostre bave di zampogne
fanno dei preziosi glucosi!
- Uova fritte in vecchi cappelli,
Gigli, Açoka, Lillà e Rose!…
III
O bianco Cacciatore, che corri scalzo
attraverso i Pascoli panici,
non puoi tu, non devi tu
conoscere un po’ la botanica?
Tu faresti succedere, ho paura,
ai Grilli rossi le Cantaridi,
l’oro dei Rios al blu del Reno, -
in breve, alle Norvege le Floride:
ma, Caro, l’Arte non è più, attualmente,
- è la verità, – di permettere
all’Eucalipto sbigottito
dei costrittori d’un esametro;
Via!… Come se i Mogani
non servissero, pure nelle nostre Guiane,
che ai salti delle scimmie,
al delirio pesante delle liane!
- Insomma, un fiore, Rosmarino
o Giglio, vivo o morto, vale
un escremento di uccello marino?
Vale una sola lacrima di candela?
Ed io ho detto ciò che volevo!
Tu, anche seduto laggiù, in una
capanna di bambù, – a imposte
chiuse, tende di tela di Persia bruna, -
tu distorceresti delle fioriture
degne d’Oise stravaganti!…
- Poeta! Sono ragionamenti
Non meno risibili che arroganti!…
IV
Dì, non le pampas primaverili
nere di spaventose rivolte,
ma i tabacchi, i cotoni!
Dì gli esotici raccolti!
Dì, fronte bianca che Febo abbronzò,
quanti dollari s’accaparra
Pedro Velasquez, Havana;
imbratta di merda il mare di Sorrento
dove vanno i Cigni a frotte;
che le tue strofe siano reclami
per l’abbattitura di mangrovie,
sfogliate da idre e da lame!
La tua quartina piove nei boschi in sangue
e ritorna a proporre agli Uomini
diversi argomenti su zuccheri bianchi,
sui pettorali e sulle gomme!
Informaci Tu se le biondezze
dei Picchi nevosi, verso i Tropici,
sono degli insetti fecondi
o dei licheni microscopici!
Trova, o Cacciatore, noi lo vogliamo,
delle garanze profumate
che la Natura in pantaloni
faccia fiorire! – per le nostre Armate!
Trova, ai confini del Bosco che dorme,
i fiori, simili a dei musi,
che sbavano pomate d’oro
sui capelli scuri dei bufali!
Trova, nei prati folli, dove sul Blu
trema l’argento delle pubescenze,
dei calici colmi d’Uova di fuoco
che cuociono tra le essenze!
Trova dei Cardi cotonati
su cui dieci asini dagli occhi di bragia
lavorano a filare i nodi!
Trova i Fiori che siano sedie!
Sì, trova nel cuore dei neri filoni
dei fiori pressoché di pietra, – famosi! -
che verso i loro duri ovari biondi
abbiano delle amigdale gemmose!
Servici, o Buffone, tu lo puoi,
su di un piatto di splendido argento dorato
dei ragù di Gigli sciropposi
che mordano i nostri cucchiai!
V
Qualcuno dirà il grande Amore
Ladro di cupe Indulgenze:
ma né Renan, né il gatto Murr
hanno visto i Blu Tirsi immensi!
Tu, fai ruzzare nei nostri torpori,
con i profumi le isterie;
esaltaci verso i candori
più candidi che le Marie…
Commerciante! colono! medium!
La tua rima sorgerà, rosa o bianca,
come un raggio di sodio,
come un caucciù che si espande!
Dai tuoi neri Poemi, – Giullare!
bianche, verdi, e rosse diottriche,
che evadano fiori strambi
e delle farfalle elettriche!
Ecco! è il Secolo d’inferno!
E i pali dei fili del telegrafo
orneranno, – lira dal canto di ferro,
le tue scapole magnifiche!
Soprattutto, rima una versione
sul male delle patate!
- E, per la composizione
di Poemi pieni di mistero
che si debbano leggere da Tréguier
a Paramaribo , raccatta
dei Tomi di Monsieur Figuier,
illustrati! – da Monsieur Hachette !
14 luglio 1871. Alcide Bava.
R.
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