Il karate è un’arte marziale che consiste nella difesa da attacchi di un avversario, in cui ci si scambia colpi mirati a varie parti del corpo.
Esistono diversi stili di karate, regolati da precisi precetti morali su cui si basano combattimenti simulati, eseguiti da soli o a squadre (kata), oppure combattimenti veri e propri contro un avversario (kumite). Il livello di apprendimento/esperienza dei praticanti è contraddistinto da cinture di diversi colori (dalla bianca alla nera).
A livello fisico il karate fortifica il corpo e, al tempo stesso, regala anche una maggiore sicurezza mentale e una più alta capacità di concentrazione e gestione dell’aggressività: una persona che esprime il proprio disagio tramite un atteggiamento aggressivo, con il karate impara a ridimensionarsi nel confronto con gli altri nella vita di tutti i giorni.
Ciò che il karate mi ha regalato in 12 anni di studio e pratica ha per me un valore inestimabile:
- mi ha fortificato il carattere
- ha contribuito alla crescita della mia autostima
- ha migliorato il mio corpo e parimenti l’autocontrollo mentale
- mi ha dato una piccola soddisfazione nel vincere un campionato di kata
Purtroppo però quest’ultimo aspetto – vincere in una competizione – ha iniziato a far traboccare il vaso del mio modo d’intendere le arti marziali… che ora ti spiego.
L’immagine all’inizio di questo post rispecchia la contraddizione più grande portata avanti da una buona fetta di appassionati di karate, diventato da tempo un vero e proprio sport, certamente educativo ma limitante dal mio punto di vista. Chi lo coltiva al principale scopo di competere, ossia vincere a discapito di altre persone e dojo, ha tutto il mio rispetto ma non la mia condivisione di intenti. Ciò che cercavo nel “do” del karate l’avevo in parte trovato… ma non mi è bastato e così l’ho abbandonato (seppur a malincuore) per dare spazio a ciò che amo e mi rispecchia di più: il Budo.
Budo inteso come insieme di arti marziali distanti dai campi di gara, Budo inteso come insieme di lunghe e tortuose “vie” spirituali in cui i protagonisti camminano insieme ad altre persone… e non cercando di batterle!
Il principale difetto del karate-do, quello che tanto ho apprezzato nei libri di Gichin Funakoshi, a mio opinabile parere è che raramente può essere trovato al giorno d’oggi, soprattutto per un adulto che cerca “quel qualcosa in più” del lodevole gesto tecnico o del benessere psico-fisico. Ti auguro di trovare uno di quei rari Maestri – come il mio caro amico Michele Averoldi - che sono alla costante ricerca del profondo significato di un movimento, non solo dell’esecuzione perfetta. Sport ed educazione psico-motoria per bambini e adolescenti ma anche molta marzialità, nel rispetto della tradizione e al fine di veder crescere l’animo da budoka.
Perché un adulto ha bisogno di un “do”, di percorrere la sua via spirituale (non solo sportiva) tramite la pratica di una nobile arte marziale.
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