Ieri nel mio Istituto si è svolta una giornata-seminario sull'Intercultura. Iniziativa lodevole in sé: ovviamente tutto è perfettibile. Mi spiego: i numerosi interventi di "esperti", cioè docenti universitari di psicologia e di antropologia sono sempre interessanti ma purtroppo spesso sono altrettanto avulsi dalla realtà. Tanta bella teoria, tanto entusiasmo...ma queste persone non hanno mai messo piede in una classe elementare, media o delle superiori (oppure l'hanno fatto 20 anni fa, quando la situazione era diversa).
Quando mi sento dire che "la diversità è una ricchezza e non un problema", che "la sfida ci arricchisce", che "dobbiamo imparare a imparare da chi arriva da un altro Paese", che "la co-costruzione di senso ci porta al vero significato di con-vivere"... penso davvero che queste anime belle non si rendono conto della fatica, delle difficoltà e dei problemi che la convivenza di diverse etnie porta con sé. Mi pare ovvio che ormai non si tornerà mai più indietro, che non insegnerò mai più in una classe di soli italiani (a meno che non torni ad insegnare dalle suore...), che dobbiamo fare mille sforzi per accogliere, inserire, coabitare etc. Ma è difficile! Non è una ricchezza, è una necessità, almeno in questa fase. E sarei contenta se si ponesse anche la questione opposta, talvolta. Cioè: anche chi arriva, seppur portatore di una sua storia e una sua cultura, deve fare lo sforzo di inserirsi, deve capire in quale Paese e in quale cultura è entrato. Deve adattarsi, che non vuol dire snaturarsi, ma capire che non può viver qui esattamente cone viveva là.
Ovviamente, da donna e da insegnante, ciò che più mi preoccupa, e ciò su cui penso sia necessario lavorare, è il coinvolgimento delle donne: alunne e mamme. Se loro crescono, se loro iniziano ad inserirsi davvero, trascineranno il resto della famiglia. Perciò, di tutte le mille iniziative presentate ieri, quella che più ritengo incisiva è il corso di italiano, gratuito, per le donne residenti nei Comuni su cui gravita l'Istituto. Se le donne indiane, algerine, marocchine, tunisine, rumene ecc escono di casa, imparano l'italiano, riescono a seguire i figli nei compiti, iniziano a lavorare o comunque a vivere nel tessuto sociale in cui vivono, allora c'è speranza. Diversamente la scuola può fare la sua parte, ma non sarà mai sufficiente.
Tra le mille citazioni che tutti si sono sentiti in dovere di fare, quella che più mi è piaciuta, e che non conoscevo, è la seguente:
If you are neutral in situations of injustice, you have chosen the side of the oppressor. If an elephant has its foot on the tail of a mouse and you say that you are neutral, the mouse will not appreciate your neutrality.
Desmond Tutu
(arcivescovo anglicano sudafricano, attivista contro l'apartheid, premio Nobel 1984 per la pace)
Se rimani neutrale in una situazione ingiusta, hai scelto di stare dalla parte dell'oppressore. Se un elefante tiene la zampa sulla coda di un topo e tu dici che sei neutrale, il topo non apprezzerà la tua neutralità.
Coraggio,
e buon anno scolastico
Magazine Per Lei
Potrebbero interessarti anche :