Di Antoinette Portis avevamo già avuto modo di apprezzare , qualche anno fa, l'idea intelligente e la realizzazione efficace dell'albo "Non è una scatola", pubblicato in Italia da Kalandraka. Un lavoro lineare e suggestivo, capace di ben rappresentare la fantasia creatrice che sostiene i bambini nei loro giochi.
Torna per la casa editrice Il Castoro con un altro libro illuminato da una simile sensibilità nel cogliere lo sguardo d'infanzia, per il quale ciò che agli occhi adulti è ordinario può trasformarsi in straordinario, che sa rivolgersi al mondo con curiosità e interesse cogliendone il bello e la meraviglia.
In "Aspetta" troviamo però anche un lieve e gentile invito agli adulti a dare tempo e spazio ai bambini per soffermarsi, a non trascinarli sempre di fretta dietro ritmi sostenuti. Piuttosto ad imparare da loro ad osservare e scoprire (non a caso la dedica dell'autrice è alla propria madre: " Per mia mamma, che ha aspettato ")
(Mi sono sentita chiamata in causa non solo come madre ma anche come semplice essere umano. Svegliata da queste aggraziate pagine, esortata a ritrovare anche dentro di me la capacità dimenticata di indugiare, guardare e cogliere)Si parte con un incipit in media res nel quale c'è un bimbo e la sua mamma in una situazione comune e familiare a molti genitori: una strada di città, la donna che osserva ansiosa l'orologio mentre trascina il figlioletto che si volta ad indicare un cagnolino.
Il taglio dell'albo è orizzontale, l'inquadratura cinematografica: stiamo con buone probabilità per essere chiamati a seguire un percorso. La parola che compare subito - "Presto!" - ci spinge ad immaginare che il ritmo sarà sostenuto.
Scopriamo voltando pagina che la partitura testuale si articola solamente su due battute: la mamma che incita alla fretta - " Presto!" - e il bambino che la richiama alla calma - " Aspetta" (da notare che il punto esclamativo è appannaggio della prima, il secondo parla in un tono più pacato).
Sullo stesso ritmo movimento-stasi si susseguono anche le doppie facciate in un'alternanza di due punti di vista: quando prevale quello materno l'inquadratura è per lo più ampia, ad abbracciare la scena e il tragitto da coprire, quando invece è lo sguardo del piccolo ad essere centrale assistiamo ad uno zoom che stringe su particolari e li porta in primo piano, fermando in tal modo il tempo esattamente come accade nel cinema.
E' un albo questo molto interessante per la gestione del tempo e dello spazio finalizzata a creare un ritmo particolare di narrazione. Gli espedienti che usa Antoinette Portis sono molto semplici ed efficaci, nonché molteplici. Da osservare anche la posizione della coppia mamma-figlio all'interno della doppia pagina nell'inquadratura ampia. Questa non è mai centrale ma sempre decisamente sposata verso il margine sinistro o destro ad indicare una recente entrata o un'imminente uscita di scena e quindi a rendere perfettamente il senso del moto spingendo il lettore ad uno svelto sfogliare che si contrappone al brusco rallentamento cui è indotto nei momenti in cui il bambino chiede di aspettare e lo zoom chiude.
D'altra parte una brava autrice è in grado di creare "contenuto" nelle sue narrazioni tramite molteplici invenzioni, che siano esse iconiche, testuali, architettoniche o compositive. Antoinette Portis gioca anche la carta delle anticipazioni: dopo aver chiarito il meccanismo del suo racconto, nelle doppie facciate a scena ampia (che possiamo chiamare " della fretta ") comincia ad introdurre elementi che il lettore individua subito come meritevoli di una sguardo più lento. Ecco quindi che, dopo poche pagine, anche chi legge comincia a vedere la realtà come il piccolo protagonista e a soffermarsi a cercare particolari da gustare. In un certo senso il lettore non è solo invitato ad alimentare la capacità di rallentare ed osservare dopo aver chiuso il libro, ma di fatto è chiamato a sperimentare questa facoltà da subito, dalla lettura stessa, come se questa fosse una palestra per uno sguardo più pacato e attento.
Il contenuto del libro arriva così facilmente e in maniera molto diretta all'animo di chi lo sfoglia. E' una semplicità che tocca, intenerisce e illumina.
Il bimbo si ferma ad accarezzare un cane, a salutare l'operaio di un cantiere stradale, a dar del pane alle anatre. Si incanta di fronte alla vetrina di un negozio, coglie il volo di una farfalla tra i fiori di un'aiuola e quando inizia a piovere, mentre la mamma si affretta tra mantellina e ombrello, il piccolo apre la bocca per bere qualche goccia.
Alla fine del tragitto, quando si rivela anche la destinazione - la stazione dei treni - non c'è più tempo nemmeno per i brevi momenti di indugio. Due tavole molto concitate nelle quali i due personaggi corrono per prendere il treno tra una fitta pioggia e la folla paiono rendere ragione alla fretta materna.
Ma un ultimo " Aspetta " blocca il lettore, che si sente preso per la giacchetta come la mamma nella figura. E' davvero un momento in cui il tempo si ferma e anche la donna, finalmente, può voltarsi là dove suggerisce il suo bambino col dito teso: verso un magnifico doppio arcobaleno che troneggia e rischiara tutta la città.
Sulla pagina finale ancora un'inquadratura da molto vicino a mostrare la gioia e la meraviglia di una mamma che, come quella dell'autrice, ha aspettato.
Un albo limpido, eloquente ed emozionante che riesce a parlare, su canali differenti ma paralleli, sia al bambino che all'adulto, permettendo ad entrambi l'immedesimazione e il coinvolgimento.
Da notare che Antoinette Portis si pone sempre durante la sua narrazione come un'osservatrice attenta dello spirito d'infanzia. E' quest'ultimo che si manifesta nella sua capacità spontanea di soffermarsi e scoprire, grazie alla quale riesce a coinvolgere l'adulto. La mamma del racconto non è un personaggio messo in cattiva luce. Tutt'altro: è, fin dalla copertina, rassicurante e sorridente, una figura che, pur nella sua corsa contro il tempo, resta positiva ed accogliente, e non porta il peso di alcun giudizio, né di alcuna pedanteria.
(età consigliata: dai 3 anni)
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