Uno dei problemi che ha rallentato la scrittura dei romanzi ha la sua base proprio nel metodo di scrittura “da giardiniere” di cui vi ho parlato ieri. Un esempio di questo si più trovare in un capitolo del quale sappiamo ben poco, solo che narrava dell’incontro fra Tyrion e il lord velato. Martin lo ha definito ben scritto ed evocativo, peccato che poi, dopo avergli dedicato un’imprecisata quantità di tempo, lo abbia buttato via perché quella scena lo avrebbe portato su una strada che — a capitolo ultimato — ha deciso di non voler percorrere. Quante volte è successa una cosa del genere? George non lo ha detto, ma se ha raccontato che ha imparato ad accantonare i capitoli che scarta senza cancellarli perché potrebbe cambiare idea di nuovo e volerli utilizzare, e che una cancellazione di quelle pagine lo costringerebbe a riscriverle, significa che la cosa deve essere accaduta più volte.
Un altro problema è legato alla molteplicità di punti di vista. Martin scrive consecutivamente diversi capitoli dedicati allo stesso personaggio e poi, quando gli sembra di aver portato abbastanza avanti la sua trama, si ferma e inizia a narrare le vicende di uno degli altri. Per immedesimarsi completamente in ciascun personaggio e ritrovare la giusta “voce” però gli servono alcuni giorni, perciò più volte passa da un personaggio all’altro maggiore è il tempo che gli serve per adattarsi, tempo in cui salva ben poco di ciò che scrive.
Escludendo prequel ed epiloghi in A Game of Thrones ci sono otto diversi punti di vista: Bran, Catelyn, Daenerys, Eddard, Jon, Arya, Tyrion e Sansa. In A Clash of Kings non c’è più Eddard, morto verso la fine del romanzo precedente, ma compaiono Davos e Theon, perciò i punti di vista diventano nove. In A Storm of Swords sparisce temporaneamente Theon ma si aggiungono le storie di Jaime e Samwell, portando il totale dei punti di vista a dieci.
Con A Feast for Crows c’è una vera rivoluzione perché alcuni punti di vista vengono accantonati e ne compaiono di nuovi. Il conto finale parla di dodici punti di vista, otto dei quali sono stati creati per questo romanzo perciò presumibilmente hanno richiesto a Martin un impegno maggiore. Si tratta di Aeron Capelli bagnati (Il profeta, L’annegato), Areo Hotah (Il capitano delle guardie), Cersei, Brienne, Samwell, Arya (La Gatta dei canali), Jaime, Sansa (Alayne), Asha (La figlia della Piovra), Aerys Oakheart (Il cavaliere disonorato), Victarion Greyjoy (Il comandante di ferro, Il predone) e Arianne Martell (Il creatore di regine, La principessa nella torre).
Sapendo che a Martin serve tempo per passare da un punto di vista all’altro, e vedendo come i punti di vista sono aumentati, non è difficile immaginare come questa struttura gli abbia richiesto un impegno sempre maggiore e perché siano aumentati i “tempi morti”, quelli che gli servono come adattamento per ritrovare la vera voce di ciascun personaggio. Non va dimenticato poi che intorno a ciascun personaggio ruota tutta una serie di comprimari, figure che non hanno bisogno di essere descritte in modo così dettagliato come un punto di vista ma che pure hanno bisogno di tempo e attenzioni da parte dello scrittore per essere credibili e interessanti.
Perché allora George è arrivato a creare così tanti punti di vista? I motivi principali sono due. Il primo è che se ha bisogno di fare vedere cosa avviene in un determinato luogo ma non ha modo di far arrivare lì uno dei suoi punti di vista, allora deve crearne un altro proprio per narrare di quei fatti. Se non ha modo di far arrivare a Dorne Sansa, per riproporre proprio una delle sue spiegazioni, allora deve fare in modo che sia qualcun altro a narrarci cosa avviene nel più meridionale dei Sette regni dopo — e come conseguenza de — la morte di Oberyn Martell.
Chi rimane è Barristan Selmy, presente a quel torneo di Harrenhal che ha dato origine a tutta la storia, ad Approdo del Re al fianco del sovrano e forse anche in seguito al fianco del suo erede, e poi a quella Battaglia del Tridente che ha dato una svolta decisiva alla guerra. I ricordi di Barristan che abbiamo visto sono incentrati proprio su Harrenhal e su quel che ne è seguito, anche se ancora non sappiamo tutto quello che vorremmo. Nuove informazioni arriveranno in futuro, ma perché Martin potesse iniziare a mostrarci quei ricordi ha dovuto entrare nella testa dell’anziano cavaliere imparando anche a vedere le cose come le vede lui. Facile a dirsi, meno facile a farsi, tanto è vero che Martin ha optato per questa soluzione solo dopo aver provato per parecchio tempo di narrare quello che era successo attraverso dialoghi fra Barristan e la sua regina. Tutti questi tentativi falliti vanno ad aggiungersi al lungo conto del tempo perso in vario modo nella scrittura del romanzo proprio a causa della struttura stessa del romanzo.
Un altro problema legato ai punti di vista è quello della distanza che separa ciascun personaggio, e del modo in cui questa influisce nella storia.
All’inizio di A Game of Thrones tutti i punti di vista, con la sola eccezione di Daenerys Targaryen, si trovano a Grande Inverno. Pur così distante la sua trama è legata a quella di Ned, basti pensare alle discussioni di Eddard con Robert Baratheon sul matrimonio prima e sulla possibile maternità poi, della ragazza, e alle ripercussioni di queste discussioni. Già nella prima parte della storia i personaggi iniziano ad allontanarsi, in un primo momento con Eddard, Arya e Sansa che vanno a sud, Catelyn e Bran che rimangono a Grande Inverno e Jon e Tyrion che vanno a nord, e le separazioni non fanno che aumentare. Alla fine di A Dance with Dragons — considerando anche i personaggi visti per l’ultima volta in A Feast for Crows — abbiamo Bran da qualche parte a nord della Barriera, Jon (ammesso che sia ancora vivo) e Melisandre al Castello nero, Davos in rotta verso Skagos, Asha e Theon Greyjoy dalle parti di Grande Inverno, Aeron Capelli Bagnati presumibilmente nascosto a Grande Wyk (a meno che Euron non lo abbia assassinato, nel qual caso il capitolo di cui parleremo più avanti sarebbe precedente ad alcune fasi della storia che già conosciamo), Sansa nella Valle di Arryn, Brienne e Jaime nella Terra dei fiumi, Cersei ad Approdo del Re, Jon Connington al Posatoio del Grifone, Arianne Martell e Areo Hotah a Lancia del Sole, Sam a Vecchia Città, Arya a Braavos, Victarion Greyjoy in rotta verso Meereen, Tyrion e ser Barristan l’uno dentro e l’altro fuori dalla città di Meereen e Daenerys nel deserto da qualche parte non lontano da Meereen. Anche considerando gli ultimi quattro punti di vista come situati nello stesso luogo Martin deve comunque gestire dodici diverse ambientazioni. Impresa non facile considerando che ciò che avviene in un luogo si riflette inevitabilmente su quanto avviene in un altro.
Dalla lettera che Ramsay Bolton ha scritto a Jon sappiamo che a Grande Inverno c’è stata una battaglia, ma noi questa battaglia non l’abbiamo mai vista anche se coinvolge due dei punti di vista del romanzo. Quando due storie si intersecano, anche se i loro protagonisti non si incontrano di persona, Martin deve tenere conto del tempo in cui si svolgono i vari avvenimenti. In questo caso le trame che si intersecano sono ben tre, quelle di Theon che per un certo periodo si era trovato a Grande Inverno, quella di Asha che viaggia con Stannis e quella di Jon che riceve la lettera, ma le cose possono essere molto più complicate. Quanto complicate? Questo lo vedremo domani.