La rubrica della dott.ssa Anna Surace, pedagogista
Questa serie di articoli ha cercato di mettere in evidenza gli aspetti pedagogici di questo recente modo di fare musica con i bambini sotto i sei anni.
Si è osservato come la musica possa essere appresa in modo simile al linguaggio, cioè per “immersione” in un ambiente ricco e stimolante che permetta di arricchire il vocabolario musicale dei bambini.
Ciò su cui, al termine di questo elaborato, ritengo importante porre l’attenzione, però, è principalmente uno degli aspetti trattati: è fondamentale che l’adulto, ponendosi come guida non giudicante, ma accogliente, dia importanza alle peculiarità di ciascun bambino. Ognuno ha la sua “attitudine musicale”, tutti la possono incrementare se trovano adulti disposti ad accettare le loro richieste, disposti a donare loro il tempo e lo spazio necessari per poter esplorare liberamente ciò che il loro corpo, la loro voce, i loro movimenti possono fare e possono imparare a fare.
Dare spazio e tempo sono due concetti molto usati, ormai quasi logori, nei programmi scolastici di tutti i gradi e di tutti i tipi, ma mai realmente messi davvero a disposizione degli alunni che vogliono imparare.
Con lo spazio fisico allestito ad hoc, con lo spazio emotivo ben predisposto e accogliente e un tempo dilatato, che rispetti i tempi di maturazione di ciascuno, senza ansie, fretta e sforzi, i bambini hanno la possibilità di imparare gradualmente e con naturalezza anche il “misterioso linguaggio d’élite della musica”. E non solo. Imparano a relazionarsi con il gruppo di pari, imparano a relazionarsi con gli adulti, imparano a costruire rapporti di amicizia e di fiducia con le persone che diventano sempre più importanti nei loro “sistemi ecologici”, per citare Brofenbrenner; oltre alle conquiste sociali, raggiungono conquiste private per quanto riguarda la relazione con se stessi: imparano a fidarsi di se stessi, diventano coraggiosi nell’affermarsi e nell’esprimersi anche davanti a un gruppo di sguardi curiosi e attenti che aspettano di ascoltare proprio il suono dello strumento o della voce del compagno.
La musica, quindi, non va considerata solo come un linguaggio matematico, macchinoso e misterioso, che può essere interpretato da un gruppo di persone fortunate che hanno dovuto studiare e allenarsi con noiosi esercizi: la musica è una possibilità espressiva a cui ognuno di noi è portato fin dalla nascita e che può essere intesa in modo molto istintivo. La musica può essere, inoltre, “sfruttata” al fine di sviluppare già dalla più tenera età sensibilità, capacità di ascolto e crescita psico-fisica armoniosa, andando ad approfondire alcuni aspetti pedagogici che, spero, in questa trattazione e grazie all’indagine condotta tra i genitori, di aver messo in evidenza.