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Aspetti verdi della finanza pubblica italiana

Creato il 07 aprile 2014 da Sviluppofelice @sviluppofelice

di Donatella Porrini

Titolo: La finanza pubblica italiana. Rapporto 2013 Curato da: Zanardi A. Editore: Il Mulino

Titolo: La finanza pubblica italiana. Rapporto 2013
Curato da: Zanardi A.
Editore: Il Mulino

Il Rapporto 2013 su “La finanza pubblica italiana” (a cura di Alberto Zanardi, edito da Il Mulino) contiene un interessante contributo di Maria Teresa Monteduro sul tema della tassazione ambientale.

Partendo dalla tradizionale teoria pigouviana sui rimedi alle esternalità ambientali, di recente, la tassazione ambientale viene considerata uno dei cosiddetti strumenti economici di mercato (insieme a sussidi e permessi negoziabili) che possono essere efficaci per raggiungere l’obiettivo di ridurre le pressioni ambientali della crescita economica.

In Italia in linea con la media europea, le tasse ambientali nel 2010 hanno rappresentato il 2,6% del Pil e il 6,1% delle entrate tributarie. Diversamente da altri paesi però la fonte prevalente di prelievo ambientale è costituita dalle tasse sui prodotti energetici (pari al 77%), riguardo alle quali spesso si è assistito a scelte dettate più dall’esigenza di fare cassa che dall’obiettivo di lungo periodo di una crescita sostenibile. A questo si aggiunge, in prospettiva sovranazionale, il problema che le differenze tra i sistemi di tassazione creano distorsioni nel mercato con effetti potenzialmente negativi sul commercio estero e la mobilità dei fattori.

Attraverso il contributo dell’Autrice si riesce però a comprendere appieno il vantaggio dello strumento delle tasse ambientali che, in generale, possono compensare imposte già esistenti con effetti redistributivi. Viene fornito un esempio concreto che mostra come si potrebbero attenuare gli effetti distributivi negativi dell’attuale meccanismo di finanziamento delle fonti rinnovabili che, gravando sul prezzo dell’energia elettrica, penalizza le categorie sociali più deboli.

Le opportunità che possono derivare dall’attento uso dello strumento della tassazione ambientale potrebbero essere un punto di forza di una riforma fiscale. Ma l’Italia sembra ben lontana dall’obiettivo di una riforma in questo senso a causa della scarsa sensibilità verso i temi dell’energia e dell’ambiente che sono stati da sempre esclusi dall’ambito delle priorità nazionali. E non sembra che uno stimolo possa venire dalla Commissione europea che, dopo un lungo dibattito, ha di recente emanato una proposta di Direttiva in cui si prevedono livelli minimi di tassazione energetica che tengano conto del contenuto energetico dei prodotti e delle relative emissioni di CO2.

Si ha così l’occasione di riflettere sul fatto che non vanno trascurati gli effetti positivi della green economy nella direzione di uno sviluppo caratterizzato da un uso meno intensivo delle risorse e da una riduzione delle emissioni inquinanti. Proprio la tassazione ambientale può essere, dunque, uno strumento per perseguire congiuntamente diversi obiettivi: ridurre le emissioni applicando il principio del polluter pays; ottenere un gettito per ridurre le imposte più distorsive; realizzare effetti distributivi desiderabili.

E per finire con le parole dell’Autrice: “Se la governace complessiva del sistema rimane tuttavia molto complessa e di difficile architettura, è in questa direzione, nondimeno, che andranno concentrati gli sforzi e gli impegni futuri di ridisegno di un sistema di tassazione ambientale organico e capace di assicurare l’auspicato passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio, nei tempi previsti dalla strategia Europa 2020”.

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