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Che la vicenda umana di Alan Turing sia appassionante e controversa è fuori da ogni dubbio, il problema principale di "The Imitation Game" è la radicale mancanza di uno sguardo cinematografico. Questo biopic tradizionale fino al midollo appare così innocuo, così edulcorato, così "istituzionalizzato" da scorrere via senza lasciare traccia. All'interno della prevedibilità strutturale e di una certa pigrizia in fase di scrittura, la messa in scena di Morten Tyldum è completamente illustrativa, e questo forse è il problema più grave del film. L'adagiarsi (l'appiattirsi) su forme depotenziate, che non riescono mai a sfruttare né interni né esterni, rende ogni ambiente uno spazio depersonalizzato, percorso dai personaggi, ma mai vissuto, esplorato fino in fondo. Benedict Cumberbatch fa quello che può per alimentare la tensione e il disequilibrio geniale del suo personaggio, ma da solo non riesce a sorreggere l'intera baracca. Quello che ne esce fuori è l'ennesimo film già confezionato per i prossimi premi oscar. Niente di grave perché, tutto sommato, il film si lascia vedere, ma una personalità come Turing avrebbe meritato ben altro trattamento.
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