“In quale profondità nasconderò la mia anima/ Perché non veda la tua assenza/ che come un sole terribile, senza occaso,/ brilla definitiva e spietata?/ La tua assenza mi circonda/ Come la corda la gola/ Il mare chi sprofonda” – Jorge Luis Borges
Il 29 e 30 aprile alle ore 21.15 è andato in scena nella suggestiva cornice del Teatro dell’Orologio a Roma, lo spettacolo “Assenza” della Compagnia di teatro danza Aleph, diretto dalla coreografa Paola Scoppettuolo.
Ispirato ad alcune poesie di Borges, e simultaneamente evocando l’arte di Magritte e De Chirico, “Assenza” è uno spettacolo emozionante e ricco di sfumature in cui il movimento e il suono, coordinandosi armonicamente, si fanno guardare ed ascoltare con la stessa intensità.
Lo spettacolo nasce da una frase di Borges “Siamo il nostro ricordo, un museo immaginario di mutevoli forme, mucchio di specchi rotti”: le molteplici sfaccettature dello specchio e il suo frantumarsi, hanno una parte rilevante nell’espressività dello spettacolo.
Lo specchio, infatti, riflette le proprie mancanze, si può rompere, frantumare, ma con pazienza, si può anche ricostruire.
Come le molteplici sfaccettature dello specchio, “Assenza” riflette diverse facce della condizione dell’animo umano, sempre alla costante ricerca di comunicazione e il messaggio che trasmette, vuole essere positivo: si può ricostruire, l’assenza può diventare altro, può diventare sfida e rinascita.
In scena, cinque danzatrici di ottima levatura, hanno dato vita ad un insieme estremamente interessante e di grande impatto: il gesto è accompagnato da suoni, da frasi ripetute a più voci, da parole che hanno reso le danzatrici anche interpreti ed attrici.
Le protagoniste, infatti, con il ritmo delle parole hanno simulato gesti, basandosi sia sul ritmo musicale della parola, sia sul senso della parola stessa raggiungendo una comunicazione trasversale, capace di esprimersi a più livelli.
L’“Assenza”, “che toglie aria e respiro “come la corda alla gola”, ha infatti molteplici significati: mancanza di erotismo, di comunicazione, pietrificazione che l’assenza stessa genera.
E la comunicazione (o la mancanza di comunicazione) è la chiave per sentire questo spettacolo: la ricerca di contatto, che in scena è evidenziata dagli abbracci, dal contatto fisico vero e proprio tra le danzatrici, o l’assenza di contatto, che si percepisce, ad esempio, nei richiami alla quotidianità, quando le danzatrici diventano “manichini” e i loro gesti risultano volutamente incasellati e inespressivi, richiamando consapevolmente l’assenza di contatto con una realtà più profonda.
La scenografia di “Assenza” è essenziale e gli oggetti sono funzionali ad esprimere questo livello di comunicazione a tutto tondo: il mattone, ad esempio, estremamente simbolico, può significare la costruzione, pezzo dopo pezzo, di una vita o può diventare un peso, fino a trasmettere la pietrificazione totale delle emozioni.
In una scena particolarmente significativa, il “mattone” è anche lo strumento per trasmettere il proprio rapporto con l’erotismo mostrando un bisogno estremo di comunicazione con l’altro: il tema è trattato in modo raffinato e i gesti sono sensuali ed evocativi, arrivando a colpire nel segno senza essere mai invasivi.
Assenza, dunque, è un lavoro soprattutto profondo, il cui senso si coglie, anche a distanza di tempo.
Movimenti, parole e suoni che coordinandosi, creano uno spettacolo, capace di arrivare al pubblico in più momenti: nell’immediato e insinuandosi più profondamente attraverso elementi simbolici molto forti ed incisivi.
Written by Sarah Mataloni