Al sole che in bronzo
la sua pelle volgeva
e il fitto riccio imbiondiva,
con grave scandalo, per l’aurea
chioma estiva, della zia
Vittorina: s’era convinta
la pia donna che fosse
un vezzo della madre,
per mezzo dell’acqua
ossigenata. Al sole
che dispensava, il marinaio,
evasive promesse d’assoluto,
per meglio torturare poi,
con sommo gaudio, l’ingenuo
intrappolato ibrido in tesa
ragnatela del Gran Sadico.
Al sole, di secco sale
l’acerbo corpo lasciato
a incanutire, dal mare grembo
accolto lo straniero, il cinico
battesimo del padre,
il salvataggio repentino
della madre: l’avessero
lasciato all’abbandono,
lo scherzo del Gran Sadico
che ingentilisce animi
per destinarli alla fossa
dei leoni, estetico martirio.
Al sole squartatore s’offriva
il dissoluto in erba,
in assolato assoluto dissolto,
l’umano vulnus e il sanguinante
cuore ingigantiti
da sacri fuochi fatui.